La RM 140/E/2010 affronta il caso del rappresentante fiscale di un venditore francese che aveva fatturato ordinariamente con IVA – senza cioè applicazione del reverse charge – all’acquirente nazionale.
Riguardo al meccanismo del reverse charge o inversione contabile o autofatturazione si riporta quanto segue:
- ex D.Lgs 18/2010 è stato modificato l’art. 17, co.2 DPR 633/1972, che ha reso obbligatorio il meccanismo dell’inversione contabile per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate da un soggetto non residente nei confronti di un soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato. Quest’ultimo – il soggetto passivo residente – diventa debitore dell’imposta, da assolvere mediante emissione di autofattura riportante l’indicazione dell’IVA dovuta, anche qualora il cedente o prestatore sia identificato ai fini IVA in Italia, tramite identificazione diretta o rappresentante fiscale;
- ex art. 5 D.Lgs. 18/2010 la nuova normativa si applica alle operazioni effettuate a partire dal 1° gennaio 2010, fermo restando che sono fatti salvi i comportamenti di chi, in buona fede, abbia applicato in maniera non corretta la regola sull’inversione contabile alle operazioni poste in essere dal 1° gennaio 2010 al 19 febbraio 2010 (giorno di entrata in vigore del D.Lgs 18/2010), continuando ad assolvere l’imposta con le modalità previste dalla previgente disciplina.
Tuttavia, per le operazioni effettuate violando tale regime (cioè nel caso in cui il soggetto non residente ha effettuato operazioni nei confronti di un soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato senza assolvere l’IVA mediante il meccanismo del reverse charge, ma secondo la modalità ordinaria) ma che non abbiano comportato danno all’Erario perchè il tributo, ancorchè irregolarmente assolto, è stato comunque corrisposto , è previsto che si possa sanare tale violazione ex art.6, co. 9-bis, terzo periodo, D.Lgs 471/1997, secondo il quale: “Qualora l’imposta sia stata assolta, ancorché irregolarmente, dal cessionario o committente ovvero dal cedente o prestatore, fermo restando il diritto alla detrazione ai sensi dell’articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, la sanzione amministrativa è pari al 3 per cento dell’imposta irregolarmente assolta, con un minimo di 258 euro, e comunque non oltre 10.000 euro per le irregolarità commesse nei primi tre anni di applicazione delle disposizioni del presente periodo”.
In definitiva, pur non avendo applicato il reverse charge, la condotta tenuta non ha comportato alcun danno all’Erario, dato che il tributo è stato comunque corrisposto.
Il contribuente può quindi ravvedersi – sussistendone i presupposti ex art.13 D.Lgs 472/1997 – sanando la violazione commessa con il pagamento – in misura ridotta – della sola sanzione del 3% dell’IVA irregolarmente assolta, senza bisogno di ulteriori adempimenti a rettifica del comportamento tenuto.