Il contribuente che vuole poter effettuare operazioni intra UE deve richiedere all’Agenzia Entrate l’autorizzazione in uno dei seguenti modi:
- nella dichiarazione di inizio attività;
- o nell’apposito modello reso disponibile dall’Agenzia delle Entrate.
Ex art. 35 co. 7 bis DPR 633/1972, l’Agenzia Entrate può:
- entro i 30 giorni successivi alla richiesta, negare l’autorizzazione tramite provvedimento, in assenza del quale l’autorizzazione si intende concessa, per il principio del silenzio-assenso;
- oppure nel futuro revocare con provvedimento di diniego l’autorizzazione già concessa tacitamente .
Con RM 42/E/2012, l’Agenzia Entrate, confermando di fatto il precedente orientamento ex CM 39/E/2011, sostiene che se l’autorizzazione manca o viene revocata, la soggettività passiva intracomunitaria è sospesa, quindi le operazioni dovranno essere trattate come operazioni interne.
La stessa sospensione della soggettività vale per le operazioni che devono essere eseguite nei 30 giorni successivi alla richiesta; in questo lasso temporale, anche se l’autorizzazione verrà poi concessa, si ha che
- l’emissione della fattura senza IVA ad opera del cedente nazionale sconta una sanzione pari dal 100% al 200% del tributo (art. 6 co.1 DLgs. 471/1997), e
- l’esecuzione del reverse charge ad opera del cessionario nazionale è punita con una sanzione pari all’imposta indebitamente detratta (art. 6 co.6 D.Lgs. 471/1997).
Secondo Assonime (circolare 21/2012), l’assunto dell’Agenzia contrasta con l’art. 18 del Regolamento 282/2011, che, in certe situazioni, ammette di dimostrare la soggettività passiva con modalità alternative al VIES: a questo punto una soluzione potrebbe essere quella in cui si riconosce l’applicabilità della disciplina degli scambi intra UE contestualmente alla richiesta di autorizzazione, fermo restando il successivo recupero dell’imposta non applicata qualora l’Amministrazione accerti che il soggetto richiedente non sia in possesso dei requisiti di affidabilità richiesti per effettuare le operazioni di cui si tratta.
In pratica il contribuente potrebbe eseguire l’operazione, accollandosi il rischio di un recupero dell’IVA e delle sanzioni se l’autorizzazione dovesse essere negata.
Inoltre i provvedimenti di diniego e revoca dell’autorizzazione sono impugnabili dinanzi alle Commissioni tributarie: cosa succede se sono state irrogate sanzioni e poi la sentenza è invece favorevole al contribuente?
Se vengono impugnati entrambi gli atti (diniego/revoca e accertamento con sanzioni), si possono riunire i ricorsi e ottenere la sospensione del processo, anche se è pur vero che se c’è un diniego espresso (obbligatoriamente entro 30 giorni), questo va impugnato entro 60 giorni, quindi le parti, prima dell’eventuale notifica dell’accertamento (in genere almeno dopo due anni dall’operazione), hanno già un quadro della situazione.
Se la sentenza di primo grado annullasse il diniego, allora l’operazione sarebbe intracomunitaria, quindi nessuna sanzione potrà essere irrogata, stante il carattere retroattivo della sentenza; se la sentenza di appello fosse invece sfavorevole al contribuente, le sanzioni si applicherebbero, fermi restando i termini di decadenza ex art.20 D.Lgs 472/1997.