L’Agenzia Dogane con nota 16407/RU 9/2/2015 in risposta ad un quesito sulla corretta applicazione dell’alt.303 TULD ha stabilito che ogni singolo è autonoma dichiarazione doganale e che quindi è vietata la compensazione tra più partite contenute nella stessa dichiarazione doganale. Ciò vale anche per l’applicazione di sanzioni sull’IVA in importazione, le quali vanno, tuttavia, applicate separatamente.
Premessa: la dichiarazione o bolletta doganale può avere uno o più “singoli” (ogni singolo è una voce doganale diversa presente in bolletta), si chiedeva quindi, come applicare le sanzioni nel caso in cui una dichiarazione doganale sia composta da più “singoli” per i quali si verifichi una difformità tra quanto dichiarato e quanto accertato in dogana, sia per quanto riguarda i dazi che l’IVA.
Normativa UE e Italiana: in assenza di armonizzazione della normativa UE sulle infrazioni doganali, gli Stati membri possono decidere il sistema sanzionatorio più appropriato, nel rispetto del diritto UE e dei suoi principi generali (proporzionalità ed effettività). In Italia, la norma di riferimento in materia di sanzioni amministrative all’import è l’art. 303 TULD, che è stato di recente modificato ex art. 11, co. 4 DL 16/2012; tale articolo contiene:
- un’ipotesi sanzionatoria di base: la difforme dichiarazione di qualità, quantità e valore viene in linea generale punita con la sanzione da 103 a 516 euro,
- circostanze aggravanti: sanzioni infinitamente più gravi (le più alte d’Europa di gran lunga) si applicano nel caso in cui l’inesatta indicazione del valore (pertanto, quasi sempre sanzionato con l’ipotesi aggravata) abbia comportato la rideterminazione dell’imposta accertata, nonché laddove la differenza tra i diritti di confine dichiarati e accertati superi il 5% (art. 303, co.3 TULD).
- circostanze esimenti: le sanzioni descritte non si applicano (art. 303, co.2 TULD), in presenza di talune cause di non punibilità.
L’art. 303 TULD vale, infine, anche in materia di origine, pur se tale aspetto non è espressamente previsto dalla norma.
La posizione dell’Agenzia Dogane di considerare ogni singolo come un’autonoma dichiarazione doganale deriva ex art. 198 reg. CEE n. 2454/93, secondo cui “qualora una dichiarazione in dogana comporti più articoli le indicazioni relative a ciascun articolo sono considerate costituire una dichiarazione separata”, poichè una soluzione diversa sarebbe più favorevole per l’operatore che abbia preferito fare una bolletta doganale con più “singoli” rispetto ad un altro che abbia sdoganato le medesime merci con più dichiarazioni.
Ciò comporta che se ci sono più errori in diversi “singoli”, alcuni a vantaggio del dichiarante, altri a svantaggio, non si può fare alcuna compensazione nell’applicazione delle sanzioni fra i maggiori diritti di confine relativi a un “singolo” e quelli minori concernenti un altro “singolo” della stessa bolletta.
Infine, anche quando, con un’unica azione, vengono violate una o più norme tributarie a causa della presenza di più “singoli” all’interno di una dichiarazione, i dichiaranti possono usufruire dell’istituto del concorso di violazioni ex art. 12 DLgs. 472/1997, nonché, in aggiunta a quest’ultimo, della definizione agevolata ex art. 17, co.2 DLgs. 472/1997.
L’art. 303 TULD, come accennato, fa riferimento alle violazioni concernenti i diritti di confine, che corrispondono a:
- dazi all’importazione e all’esportazione,
- i prelievi
- altre imposizioni alle importazioni e alle esportazioni stabiliti dai regolamenti UE e dalle relative norme di applicazione,
- per le importazioni, i diritti di monopolio, le sovraimposte di confine e le altre imposte o sovraimposte di consumo a favore dello Stato.
Sono invece diritti doganali tutti quei diritti che la dogana è tenuta a riscuotere in forza di una legge in relazione alle operazioni doganali, ad es. l’IVA, dal momento che viene riscossa dall’autorità doganale, ossia dall’autorità competente, tra l’altro, ad applicare la normativa doganale, in relazione alle operazioni di importazione. Tuttavia, l’IVA all’importazione non può essere considerata un’imposta di consumo e, come tale, un diritto di confine, poichè colpisce le importazioni da chiunque effettuate, senza che rilevi la natura del soggetto importatore (persona fisica o giuridica), applicandosi non solo sui consumi ma su tutte le cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate nell’esercizio di imprese, arti e professioni, nonché sulle importazioni da chiunque effettuate. Allo stesso tempo, l’importazione concorre alla liquidazione dell’imposta così come gli acquisti interni. L’IVA, ex art. 70 DPR 633/1972, può tuttavia essere assimilata ai diritti di confine ai fini sanzionatori, poichè si applicano per quanto concerne le controversie e le sanzioni, le disposizioni delle leggi doganali relative ai diritti di confine. Anche tale disposizione, tuttavia, pur rinviando al sistema sanzionatorio doganale, non qualifica l’IVA tra i diritti di confine, pertanto, in mancanza di espressa previsione legislativa, nell’applicazione delle disposizioni relative all’IVA occorre tener conto dei particolari criteri impositivi del tributo stesso onde evitare che l’aspetto sanzionatorio risulti svuotato di contenuto penalizzante (CM 5422/1984).
Quindi se l’IVA dovuta in base all’accertamento supera del 5% quella dovuta in base alla dichiarazione, la contestazione relativa all’IVA dovrà essere esposta separatamente da quella sugli altri diritti di confine, applicando se dovuta una sanzione in relazione a ciascuno di tali tributi, ferma restando, comunque, la possibilità di avvalersi degli istituti della continuazione o del concorso di violazioni.
Da ciò discende che, se a fini sanzionatori ciascun articolo del DAU va essere trattato come una dichiarazione a sé stante, i diritti di confine (dazio) e l’IVA devono essere verificati separatamente all’interno di ciascun articolo e quindi, non si possono fare compensazioni fra i maggiori diritti di confine (dazio) e IVA liquidati in relazione ad un singolo e quelli minori liquidati in relazione ad un altro singolo dello stesso DAU.