La normativa comunitaria attribuisce all’inclusione nel VIES rilevanza probatoria dello status del committente, ma l’inclusione nel VIES di per sè non è requisito sostanziale per la soggettività passiva.
Una nuova sentenza (9/2/2017, causa C-21/16, Euro Tyre) conferma l’orientamento ormai consolidato della giurisprudenza UE: la mancata iscrizione al VIES da parte dell’acquirente non comporta la disapplicazione della non imponibilità della cessione intra UE. Tale assunto è stato più volte affermato in passato (v. sentenze relative alle cause C-273/11, C-587/10, VSTR e C-24/15).
Ciò non significa che l’iscrizione al VIES non sia importante per le attività di controllo: il VIES consente infatti agli operatori di avere conferma della partita IVA dei propri partner UE e alle Amministrazioni la possibilità di verificare dette operazioni, riscontrando eventuali irregolarità; tuttavia
l’art. 138 Direttiva 2006/112/CE non richiede, fra i requisiti sostanziali per la non imponibilità delle cessioni, “né l’obbligo per l’acquirente di disporre di un numero di identificazione IVA (…) né, a maggior ragione, l’obbligo che quest’ultimo sia registrato ai fini della realizzazione di operazioni intra UE e sia iscritto all’archivio VIES” (causa C-21/16, punto 29).
Tutto questo vale anche per quanto concerne la valutazione della territorialità delle prestazioni di servizi generiche ex art. 7-ter DPR 633/1972. L’Agenzia Entrate richiede che anche gli operatori IVA che effettuano esclusivamente operazioni intra UE debbano “manifestare tale volontà ai competenti Uffici dell’Agenzia delle entrate” (v. CM 28/E/2011, par. 2.5) e che l’inclusione nel VIES sia necessaria anche per quei soggetti “che effettuano solo prestazioni di servizi intra UE soggette ad IVA nel paese di destinazione ex art. 7-ter” (v. CM 37/E/2011, par. 3).
La normativa nazionale (art. 7-ter DPR 633/1972), in conformità con quella comunitaria (art. 44 Direttiva 2006/112/CE, così come modificato dalla Direttiva 2008/8/CE), dispone che ai fini della territorialità della prestazione occorre far riferimento al luogo di stabilimento del committente soggetto passivo; di qui l’importanza del riscontro dello status di quest’ultimo. A tal fine sulla CM 37/E/2011 si scrive che il prestatore nazionale che pone in essere prestazioni generiche nei confronti di committenti stabiliti in altri Stati membri “dovrà ottenere la conferma della validità del numero stesso mediante il sistema VIES”. In assenza di tale conferma, il committente non potrebbe essere considerato soggetto passivo, con tutte le conseguenze del caso.
L’iscrizione in appositi elenchi di soggetti che intendono effettuare operazioni intra UE è, infatti, indicata nel Reg. UE 282/2011, quale circostanza utile a confermare che il destinatario è un soggetto passivo (art. 18, co.1, lett. a) Reg. 282/2011), ma sempre il Reg. UE 282/2011, all’art. 18, co.1, lett. b) prevede che se il destinatario non abbia ancora ricevuto un numero di identificazione IVA, il prestatore possa verificare lo status del committente attraverso “qualsiasi altra prova” che ne attesti la soggettività passiva ed effettuando “una verifica di ampiezza ragionevole dell’esattezza delle informazioni fornite dal destinatario applicando le normali procedure di sicurezza commerciali, quali quelle relative ai controlli di identità e pagamento”.
Dato quanto sopra, si potrebbe sostenere che – per le prestazioni di servizi ex art. 7-ter – la mancata iscrizione al VIES non possa far decadere la soggettività passiva del committente.