PLAFOND IVA: dal 25/05 dichiarazione intento in dogana non più cartacea

Da oggi 25/05/2015, con la nota Agenzia Dogane n. 58510 del 20/05/2015 partono le procedure che consentono agli esportatori abituali di:

  • essere esonerati dalla presentazione della dichiarazione di intento in Dogana cartacea (insieme alla relativa ricevuta di presentazione telematica alle Entrate);
  • utilizzare la dichiarazione di intento in dogana per più operazioni doganali, nel limite del plafond disponibile.

In sintesi, a partire da oggi, gli operatori potranno comunicare telematicamente anche solo il numero della dichiarazione di intento in dogana, che potrà essere efficace per tutte le operazioni doganali effettuate durante l’anno, e non più per la singola operazione; dopo ogni operazione, il plafond disponibile sarà ridotto dell’importo effettivamente utilizzato, sullo specifico conto a scalare imputato all’esportatore abituale.

La dichiarazione di intento in dogana potrà quindi essere presentata anche per più operazioni di importazione, e sarà possibile compilare il campo 2 del modello di dichiarazione di intento anche per le operazioni doganali, come in generale per gli acquisti di beni/servizi: in tal modo, l’operatore inserisce l’importo corrispondente all’ammontare del proprio plafond che presume di utilizzare per effettuare importazioni nel periodo di riferimento. Questa procedura era già stata riconosciuta dall’Agenzia Entrate (RM 38/E/2015) ma solo oggi dall’Agenzia Dogane (v. anche nota n. 46452 del 20 aprile 2015), dopo l’eliminazione dei problemi tecnici, dovuti essenzialmente ad errori nella compilazione delle dichiarazioni da parte degli operatori. In pratica la banca dati dell’Agenzia Entrate viene messa a disposizione dell’Agenzia Dogane (sistema AIDA) dispensando gli importatori dalla presentazione della dichiarazione di intento cartacea, e consentendo contestualmente l’attivazione dei conti a scalare per la gestione del plafond IVA.

Non essendo più richiesta la presentazione della dichiarazione di intento per ogni operazione, il plafond verrà speso direttamente mediante il sistema AIDA. Il funzionamento è il seguente:

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PLAFOND IVA: nuova disciplina secondo Assonime circ. 13/2015

Con circolare 13/2015, Assonime ha riepilogato la nuova disciplina delle dichiarazioni di intento ex decreto semplificazioni (DLgs. 175/2014) , nonché altre significative modifiche in materia di IVA previste dal decreto. Assonime, ripercorrendo il vecchio e il nuovo regime del plafond IVA, si sofferma sulle problematiche ancora aperte che di seguito si riassumono.

Dichiarazioni di intento in Dogana ancora cartacee

Ex art. 20 D.Lgs 175/2014, entro il 12/04/2015 (120 giorni dall’entrata in vigore del decreto), non si sarebbe più dovuta presentare in Dogana la dichiarazione di intento cartacea, con la ricevuta rilasciata dall’Agenzia Entrate; essendo ormai decorso tale termine, in teoria non si dovrebbe più presentare in Dogana la copia cartacea della dichiarazione di intento, tuttavia, la tempistica stabilita per l’applicazione a regime della nuova disciplina non è stata rispettata e gli operatori sono ancora tenuti a rispettare l’obbligo di presentazione cartacea della dichiarazione di intento. L’Agenzia Dogane comunicherà la data a partire dalla quale non sarà più richiesta la copia cartacea delle lettere di intento (nota n. 46452 del 20/04/2015).

Dichiarazioni di intento in Dogana valide per più operazioni fino a concorrenza del plafond disponibile

Tale possibilità era stata riconosciuta dall’Agenzia Entrate sia con RM 38/E/2015 (superando la vecchia RM 355235/1985), sia mediante l’aggiornamento delle istruzioni alla compilazione del modello di dichiarazione di intento: anche in questo caso l’Agenzia Dogane, a fronte dei numerosi errori di compilazione rilevati, ha dichiarato, nella nota n. 46452 del 20/04/2015, di aver rinviato a una data successiva la possibilità di avvalersi delle dichiarazioni di intento con riferimento a più operazioni. Le procedure di monitoraggio del progressivo utilizzo del plafond in Dogana da parte degli esportatori abituali sono già state predisposte, ma saranno rese operative solo al ridursi degli errori di compilazione da parte degli operatori. È quindi ancora richiesta la trasmissione di una dichiarazione di intento per ogni singola operazione doganale.

Dichiarazioni di intento in Dogana con indicazione importo presunto

E’ possibile indicare in dichiarazione di intento presentata in Dogana l’importo presunto dell’operazione, in luogo del valore puntuale (come avveniva nella fase di prima applicazione della nuova disciplina), poichè il valore delle importazioni (base imponibile IVA ex art. 69 DPR 633/1972) si conosce solo a conclusione dell’accertamento doganale, contenendo anche altri elementi oltre al corrispettivo dell’operazione (es. dazi). Non si richiede più l’esatta corrispondenza tra il valore dell’operazione in dichiarazione d’intento e quello effettivo in Dogana, quindi il modello è stato modificato (rispetto a quello iniziale ex provv. 12/12/2014), ed è possibile indicare il valore presunto ai fini IVA dell’operazione, ricordando che (nota n.17631 dell’11/02/2015 Agenzia Dogane), l’importo effettivo del plafond utilizzato è quello risultante dalla dichiarazione doganale collegata alla dichiarazione di intento.

Mancata compilazione quadro VC

Con risposta n. 5-05529 del 7 maggio 2015 del  sottosegretario all’Economia e Finanze ad interrogazione parlamentare,  la mancata compilazione del quadro VC da parte dell’esportatore abituale non pregiudica l’utilizzo del plafond di esportatore abituale e l’Amministrazione finanziaria non può abbandonare tale pretesa basandosi sul presupposto che conta solo il comportamento concludente dell’operatore.

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PLAFOND IVA: dichiarazione intento cumulativa in dogana RM 38/E/2015

Con RM 38/E/2015 l’Agenzia Entrate ha chiarito che è possibile presentare una unica dichiarazione d’intento cumulativa in dogana con riferimento a più operazioni di importazione, fino a concorrenza del plafond utilizzabile nell’anno di riferimento.

Ex art. 1 co. 1 lett. c) DL 746/83, come modificato ex DLgs. 175/2014, l’intento di avvalersi della facoltà di effettuare acquisti o importazioni senza applicazione dell’IVA deve risultare da apposita dichiarazione trasmessa telematicamente all’Agenzia Entrate, la quale rilascia una ricevuta, che deve essere consegnata insieme alla dichiarazione al fornitore o in Dogana: la norma non prevede, dunque, alcuna limitazione all’utilizzo del plafond, nella dichiarazione di intento, al fine di effettuare importazioni senza applicazione dell’IVA.

Ex art. 20 DLgs. 175/2014, l’Agenzia Entrate deve poi anche mettere a disposizione dell’Agenzia Dogane la banca dati delle dichiarazioni d’intento per l’attività di controllo, quindi, essendoci i dovuti controlli come succede per gli acquisti di beni e servizi da fornitori nazionali, una dichiarazione d’intento può ben riguardare diverse operazioni doganali di importazione, fino a concorrenza del plafond IVA utilizzabile nell’anno di riferimento.

L’importatore quindi ad oggi può compilare tanto il campo 1 quanto il campo 2 del modello di dichiarazione d’intento:

  • non deve più indicare obbligatoriamente, nel campo 1 della dichiarazione d’ intento, il valore dell’operazione alla quale la dichiarazione si riferisce;
  • può invece utilizzare anche per le importazioni (come per gli acquisti di beni e servizi da fornitori nazionali), il campo 2 della dichiarazione intento, ove indicare l’ammontare del plafond che si intende utilizzare per gli acquisti senza applicazione dell’IVA, inserendo in quest’ultimo caso l’importo corrispondente all’ammontare della quota parte del plafond IVA che l’operatore presume di utilizzare per effettuare importazioni nel periodo di riferimento

Il dubbio nasceva dalla RM 27 luglio 1985 n. 355235 (ora da ritenersi superata), in cui si sosteneva che “nel caso di importazioni di beni la dichiarazione d’intento deve essere presentata in dogana per ogni singola operazione specificando il relativo importo”, poichè all’epoca si dovevano effettuare i riscontri per ciascuna singola operazione doganale. Secondo tale RM sono state predisposte anche le istruzioni per la compilazione del modello di dichiarazione di intento (con il provvedimento n. 19388 dell’11/02/2015) che, dovranno quindi essere aggiornate.

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PLAFOND IVA: splafonamento è violazione sostanziale

Fonte: elaborazione da Fisco Oggi del 18/03/2015 – Giurisprudenza delle imposte a cura di ASSONIME

Lo splafonamento è violazione sostanziale e non può essere in alcun caso considerato un errore formale, in quanto incide sulla corretta debenza dell’imposta dovuta all’Erario, dando luogo a un minore versamento del tributo

Ex art.8 co.2 Dpr 633/1972, ed ex DL 746/1983 e art. 2, co. 2, L. 28/1997, gli “esportatori abituali” con volume d’affari costituito prevalentemente da operazioni con l’estero (cessioni all’esportazione e operazioni assimilate ex art.8, primo comma, lettere a e b, 8-bis, 9, 71 e 72 del Dpr 633; cessioni intracomunitarie e prestazioni di servizi nei confronti di soggetti passivi in altro Stato membro non soggette a imposta a norma dell’articolo 40, commi 5, 6, 8 e 9, e 58 del Dl 331/1993) possono effettuare acquisti e importazioni di beni e servizi senza il pagamento dell’IVA.

Tale beneficio:

  • è subordinato a che l’ammontare di tali operazioni registrate nell’anno solare precedente (da parte dei soggetti che adottano il metodo del “plafond fisso”) o nei dodici mesi precedenti (per i soggetti che optano per il calcolo del “plafond mobile”) sia superiore al 10% del volume d’affari complessivo, calcolato ex art. 20 Dpr 633/1972, senza tener conto dei corrispettivi afferenti le cessioni di beni in transito o in deposito in luoghi soggetti a vigilanza doganale.
  • è consentito entro l’ammontare complessivo (plafond) di tali operazioni annotate nel registro ex art. 23 Dpr 633/1972 per l’anno solare precedente (plafond fisso) o per i dodici mesi precedenti (plafond mobile).

Sempre in base alle suddette disposizioni, inoltre, i soggetti in questione, anteriormente all’effettuazione dei propri acquisti di beni e servizi senza applicazione dell’imposta, devono presentare alla propria controparte contrattuale (cedente dei beni e/o prestatore dei servizi), sotto la propria responsabilità, la “dichiarazione d’intento”, con la quale detti soggetti attestano di trovarsi nelle condizioni previste ex lege per l’applicazione dell’agevolazione in questione.

Con la sentenza 22430/2014, la Cassazione si è pronunciata sulla legittimità di un avviso di accertamento con cui l’Amministrazione finanziaria aveva eccepito, nei confronti di una società “esportatrice abituale”, il superamento del “plafond” disponibile (splafonamento),  recuperando a tassazione l’IVA non versata dalla società a seguito dello “splafonamento” nell’anno 2000 del proprio “plafond” precostituito per l’anno 1999 (oltre interessi e sanzioni), per l’effettuazione di acquisti in sospensione d’imposta, nel 2000, in misura superiore rispetto al “plafond” disponibile.

Al riguardo, la società sosteneva che, in realtà, le operazioni in questione erano da intendersi effettuate nell’anno 1999 e non già nell’anno 2000 ancorché, per un mero errore materiale, registrate in tale ultimo anno, e che, comunque, gli acquisti in sospensione d’imposta posti in essere nel 2000 non avevano di fatto superato l’effettivo “plafond” precostituito nella precedente annualità.

La Cassazione ha ritenuto legittimo l’avviso di accertamento in quanto lo sforamento del plafond per l’anno 2000 dovuto ad un presunto errore formale ha comportato il mancato immediato pagamento dell’IVA ai fornitori delle cessioni illegittimamente inserite nel plafond costituito nel 1999, dando luogo ad un’indebita non applicazione dell’IVA su operazioni che avrebbero dovuto esservi, invece, assoggettate, poiché non rientranti nel plafond di cessioni in sospensione d’imposta costituito nell’anno precedente”.

Quindi tale comportamento non costituisce una irregolarità meramente formale di obblighi procedimentali (nella specie, errore materiale in relazione alla tempistica della registrazione degli acquisti, come eccepito dalla società interessata), bensì tale splafonamento è violazione di carattere sostanziale, relativa alla errata determinazione dell’ammontare dell’IVA dovuta e al conseguente minore versamento di imposta all’Erario.

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