IMPORT: recupero dazi import oltre i 3 anni

Cassazione 7561/2015: il recupero a posteriori dei dazi può essere avviato dopo la scadenza del termine di 3 anni, solo se la mancata determinazione del tributo doganale sia avvenuta a causa di un atto costituente reato

Con tale sentenza, la Cassazione si è pronunciata sul termine di prescrizione per l’azione di recupero a posteriori di dazi non riscossi (v. art. 221, n. 3 e n. 4, CDC – Reg. (CEE) 2913/1992, e art. 84 TULD – DPR 43/1973), nello specifico sulla legittimità degli avvisi di revisione d’accertamento emessi dalla dogana, ai fini del recupero dei dazi evasi, a seguito di comunicazione dell’Olaf relativa a falsi certificati Agrim allegati alla dichiarazione doganale presentata all’atto dell’importazione.
Al riguardo, l’Amministrazione doganale aveva impugnato la sentenza di merito, confutando le conclusioni del giudice di seconde cure, che aveva ritenuto estinta la pretesa fiscale esercitata dall’Amministrazione per intervenuta prescrizione dell’azione di accertamento, in conseguenza del decorso del termine triennale ex art. 221 Reg. CEE 2913/1992.
Secondo l’Amministrazione ricorrente, la conferma della falsità dei predetti certificati produrrebbe, invero, l’effetto di consentire la revisione a posteriori dell’accertamento dei dazi doganali evasi anche oltre il suddetto termine triennale di prescrizione.
Ex art. 221, n. 3, CDC si introduce una regola di prescrizione in base alla quale, in via di principio, la comunicazione dell’importo dei dazi import o export da pagare non può più essere effettuata dopo il termine di tre anni a decorrere dalla data in cui è sorta l’obbligazione doganale (v. sentenze Corte Giustizia UE causa C-201/04; causa C-124/08 e C-125/08; causa C-75/09); si stabilisce, inoltre, che il termine di prescrizione è sospeso a seguito di presentazione di un ricorso e per la durata del relativo procedimento.
Ex art.221, n.4, CDC come eccezione si dispone che, “alle condizioni previste dalle disposizioni vigenti”, le autorità doganali possano procedere a tale comunicazione dopo la scadenza del termine di cui sopra, qualora dette autorità non abbiano potuto determinare l’importo esatto dei dazi legalmente dovuti a causa di un atto “perseguibile penalmente”: si tratta di un rinvio al diritto nazionale per il regime della prescrizione dell’obbligazione doganale, qualora tale obbligazione sorga a seguito di un atto che era, nel momento in cui è stato commesso, perseguibile penalmente.

In Italia, ex art. 84 DPR 43/1973, l’azione di recupero a posteriori dei dazi import o export non può essere avviata dopo la scadenza del termine di tre anni dalla data di contabilizzazione dell’importo originariamente richiesto o, se questa non ha avuto luogo, dalla data di insorgenza del debito doganale; tuttavia, la comunicazione al debitore dell’importo dovuto può avvenire anche dopo il termine triennale nella sola ipotesi in cui la mancata determinazione del dazio sia avvenuta a causa di un atto costituente reato.

Secondo la Cassazione, la proroga del termine di prescrizione richiede pur sempre che, nel corso del termine in parola, e non dopo la sua scadenza, sia trasmessa all’autorità giudiziaria la notitia criminis, che lega il reato al presupposto di imposta (v. Cassazione sentenza 5384/2012). Nel caso  specifico, non risulta nessuna notizia di reato (atto trasmesso dall’Amministrazione all’autorità giudiziaria inquirente) agli atti: quindi manca del tutto agli atti una notitia criminis rilevante ai fini penali, secondo le regole dell’ordinamento nazionale.
Stando così le cose, la Cassazione ha concluso che, nel caso concreto l’avviso di revisione dell’accertamento emesso dopo i tre anni deve essere considerato tardivo.
Inoltre si segnala che, con la CM 3/D/2015, l’Agenzia Dogane è recentemente intervenuta nella materia per prendere atto dell’ormai unanime e consolidato orientamento della Cassazione e invitare gli uffici periferici ad abbandonare i contenziosi in essere, nei casi in cui il contribuente abbia eccepito in sede di giudizio il decorso del termine triennale e il giudice abbia, con la conseguente pronuncia, accertato l’intervenuta prescrizione.

INTRA UE: novità scambi intra UE

La legge europea 2014 (L. 115/2015) limita il regime di non imponibilità IVA sui trasferimenti intra UE di beni per perizie, lavorazioni o manipolazioni usuali

Cosa cambia in materia di IVA dal 18/08/2015:

1) SCAMBI INTRA UE (artt. 38 e 41 DL 331/93)

Sono state modificate le previsioni relative al trasferimento, da IT a UE e viceversa da UE a IT, di beni introdotti per perizie, lavorazioni o manipolazioni usuali, al fine di rendere l’ordinamento interno conforme all’art. 17 par. 2, lett. f) Direttiva 2006/112/CE.

  • Ex nuovo art. 38, co.5, lett. a) DL 331/93 sono escluse dalla disciplina degli scambi intra UE le introduzioni in Italia di beni provenienti da altro Stato UE, poste in essere da soggetto passivo IVA dell’altro Stato UE solo se il bene, al termine della perizia o dei lavori, sia rispedito al soggetto passivo dello Stato UE a partire dal quale era stato inizialmente spedito o trasportato.
  • Ex nuovo art. 41, co.3 DL 331/93 sono escluse dalla disciplina degli scambi intra UE, i trasferimenti di beni dall’Italia ad altro Stato UE poste in essere da soggetto passivo IVA IT solo se i beni sono successivamente trasportati o spediti al committente soggetto passivo d’imposta IT, nel territorio dello Stato.

Situazione precedente (fino al 18/08/2015):

  • ex vecchio art. 38 co. 5 lett. a) DL 331/93, non costituiva operazione assimilata ad acquisto intra UE (soggetta a IVA in Italia) l’introduzione nel territorio dello Stato di beni per perizia, lavorazioni o manipolazioni usuali se, successivamente all’esecuzione della prestazione di servizi, i beni erano rispediti al committente nello Stato UE di provenienza ovvero per suo conto in un altro Stato UE ovvero fuori del territorio UE; veniva riconosciuto il regime sospensivo anche ai beni che, dopo la lavorazione in Italia, erano inviati in uno Stato membro diverso da quello da cui i beni erano stati originariamente spediti.
  • Analogamente, ex vecchio art. 41, co. 3 DL 331/93 non costituiva operazione assimilata a cessione intra UE, non imponibile IVA, l’invio di beni per perizia, lavorazioni o manipolazioni usuali in altro Stato UE.

Incompatibilità della situazione precedente: confermata dalla Corte di Giustizia UE (v. sentenza Dresser-Rand, cause riunite C-606/12 e C-607/12 del 6/3/2014), che ha stabilito che l’art. 17, par. 2, lett. f) direttiva 2006/112/CE, in materia di scambi Intra UE, deve essere interpretato nel senso che consente di non qualificare come cessione intra UE il trasferimento di un bene in un altro Stato UE solo se tale bene rimanga temporaneamente in questo Stato membro e sia destinato ad essere rispedito, in un momento successivo, nello Stato UE di origine, questo al fine di escludere dal regime delle cessioni intra UE le sole movimentazioni di beni effettuate non ai fini del consumo finale del bene in tale Stato UE, bensì in vista dell’esecuzione di un’operazione di trasformazione del bene stesso, seguita dalla sua rispedizione nello Stato UE di origine.

Per  tale motivo era stato aperto un pre-procedura di infrazione contro l’Italia, ora chiuso.

Conseguenze operative della novità dal 18/08/2015

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PLAFOND IVA: dal 25/05 dichiarazione intento in dogana non più cartacea

Da oggi 25/05/2015, con la nota Agenzia Dogane n. 58510 del 20/05/2015 partono le procedure che consentono agli esportatori abituali di:

  • essere esonerati dalla presentazione della dichiarazione di intento in Dogana cartacea (insieme alla relativa ricevuta di presentazione telematica alle Entrate);
  • utilizzare la dichiarazione di intento in dogana per più operazioni doganali, nel limite del plafond disponibile.

In sintesi, a partire da oggi, gli operatori potranno comunicare telematicamente anche solo il numero della dichiarazione di intento in dogana, che potrà essere efficace per tutte le operazioni doganali effettuate durante l’anno, e non più per la singola operazione; dopo ogni operazione, il plafond disponibile sarà ridotto dell’importo effettivamente utilizzato, sullo specifico conto a scalare imputato all’esportatore abituale.

La dichiarazione di intento in dogana potrà quindi essere presentata anche per più operazioni di importazione, e sarà possibile compilare il campo 2 del modello di dichiarazione di intento anche per le operazioni doganali, come in generale per gli acquisti di beni/servizi: in tal modo, l’operatore inserisce l’importo corrispondente all’ammontare del proprio plafond che presume di utilizzare per effettuare importazioni nel periodo di riferimento. Questa procedura era già stata riconosciuta dall’Agenzia Entrate (RM 38/E/2015) ma solo oggi dall’Agenzia Dogane (v. anche nota n. 46452 del 20 aprile 2015), dopo l’eliminazione dei problemi tecnici, dovuti essenzialmente ad errori nella compilazione delle dichiarazioni da parte degli operatori. In pratica la banca dati dell’Agenzia Entrate viene messa a disposizione dell’Agenzia Dogane (sistema AIDA) dispensando gli importatori dalla presentazione della dichiarazione di intento cartacea, e consentendo contestualmente l’attivazione dei conti a scalare per la gestione del plafond IVA.

Non essendo più richiesta la presentazione della dichiarazione di intento per ogni operazione, il plafond verrà speso direttamente mediante il sistema AIDA. Il funzionamento è il seguente:

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PLAFOND IVA: nuova disciplina secondo Assonime circ. 13/2015

Con circolare 13/2015, Assonime ha riepilogato la nuova disciplina delle dichiarazioni di intento ex decreto semplificazioni (DLgs. 175/2014) , nonché altre significative modifiche in materia di IVA previste dal decreto. Assonime, ripercorrendo il vecchio e il nuovo regime del plafond IVA, si sofferma sulle problematiche ancora aperte che di seguito si riassumono.

Dichiarazioni di intento in Dogana ancora cartacee

Ex art. 20 D.Lgs 175/2014, entro il 12/04/2015 (120 giorni dall’entrata in vigore del decreto), non si sarebbe più dovuta presentare in Dogana la dichiarazione di intento cartacea, con la ricevuta rilasciata dall’Agenzia Entrate; essendo ormai decorso tale termine, in teoria non si dovrebbe più presentare in Dogana la copia cartacea della dichiarazione di intento, tuttavia, la tempistica stabilita per l’applicazione a regime della nuova disciplina non è stata rispettata e gli operatori sono ancora tenuti a rispettare l’obbligo di presentazione cartacea della dichiarazione di intento. L’Agenzia Dogane comunicherà la data a partire dalla quale non sarà più richiesta la copia cartacea delle lettere di intento (nota n. 46452 del 20/04/2015).

Dichiarazioni di intento in Dogana valide per più operazioni fino a concorrenza del plafond disponibile

Tale possibilità era stata riconosciuta dall’Agenzia Entrate sia con RM 38/E/2015 (superando la vecchia RM 355235/1985), sia mediante l’aggiornamento delle istruzioni alla compilazione del modello di dichiarazione di intento: anche in questo caso l’Agenzia Dogane, a fronte dei numerosi errori di compilazione rilevati, ha dichiarato, nella nota n. 46452 del 20/04/2015, di aver rinviato a una data successiva la possibilità di avvalersi delle dichiarazioni di intento con riferimento a più operazioni. Le procedure di monitoraggio del progressivo utilizzo del plafond in Dogana da parte degli esportatori abituali sono già state predisposte, ma saranno rese operative solo al ridursi degli errori di compilazione da parte degli operatori. È quindi ancora richiesta la trasmissione di una dichiarazione di intento per ogni singola operazione doganale.

Dichiarazioni di intento in Dogana con indicazione importo presunto

E’ possibile indicare in dichiarazione di intento presentata in Dogana l’importo presunto dell’operazione, in luogo del valore puntuale (come avveniva nella fase di prima applicazione della nuova disciplina), poichè il valore delle importazioni (base imponibile IVA ex art. 69 DPR 633/1972) si conosce solo a conclusione dell’accertamento doganale, contenendo anche altri elementi oltre al corrispettivo dell’operazione (es. dazi). Non si richiede più l’esatta corrispondenza tra il valore dell’operazione in dichiarazione d’intento e quello effettivo in Dogana, quindi il modello è stato modificato (rispetto a quello iniziale ex provv. 12/12/2014), ed è possibile indicare il valore presunto ai fini IVA dell’operazione, ricordando che (nota n.17631 dell’11/02/2015 Agenzia Dogane), l’importo effettivo del plafond utilizzato è quello risultante dalla dichiarazione doganale collegata alla dichiarazione di intento.

Mancata compilazione quadro VC

Con risposta n. 5-05529 del 7 maggio 2015 del  sottosegretario all’Economia e Finanze ad interrogazione parlamentare,  la mancata compilazione del quadro VC da parte dell’esportatore abituale non pregiudica l’utilizzo del plafond di esportatore abituale e l’Amministrazione finanziaria non può abbandonare tale pretesa basandosi sul presupposto che conta solo il comportamento concludente dell’operatore.

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