INTRA UE: cessione stampi condizioni di non imponibilità

Fonte: Fisco Oggi

Data: 13/02/2013

Autore: E. Marvulli

La costruzione di stampi è operazione accessoria alla cessione intracomunitaria soltanto se il prodotto non è riutilizzabile o emigra all’estero insieme ai contrappesi per il quale è stato realizzato.

I corrispettivi per la costruzione di stampi da utilizzare per la produzione di beni destinati a essere ceduti a un operatore non residente sono fatturati in regime di non imponibilità Iva a condizione che lo stampo, a fine lavorazione, sia inviato nell’altro Paese comunitario oppure sia distrutto o risulti inutilizzabile. Se permangono dubbi circa l’inservibilità dello stampo-madre, i corrispettivi connessi alla produzione devono essere considerati imponibili ai fini Iva.
Questo il principio enunciato dalla Corte di cassazione con la sentenza 1664 del 24 gennaio.

La vicenda processuale
Il caso in esame trae origine dal ricorso proposto da una società avverso un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate per omessa fatturazione, ai fini Iva, di operazioni imponibili.
I corrispettivi ripresi a tassazione costituivano contributi per la produzione da parte dell’impresa di uno stampo-madre finalizzato alla produzione di contrappesi in cemento per lavatrici, progettati e realizzati in funzione delle specifiche direttive del committente non residente.
Tali corrispettivi, previsti su base contrattuale, erano corrisposti dal committente-cliente all’impresa italiana a titolo di acconto sul prezzo della cessione dei contrappesi e da questi fatturati in regime di non imponibilità quali servizi accessori alla cessione intracomunitaria di beni.

La Commissione tributaria provinciale, considerando i corrispettivi inerenti la produzione dello stampo come operazioni imponibili Iva, respingeva il ricorso del contribuente.
La Ctr, in accoglimento dell’appello proposto dalla società, dichiarava illegittimo l’avviso di accertamento motivando la sentenza sul presupposto che, risultando gli stampi inservibili una volta ultimata la produzione, i corrispettivi legati alla loro produzione costituivano operazioni non imponibili perché accessorie alla cessione di beni.

Avverso la sentenza dei giudici d’appello, l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso dinanzi ai giudici della Suprema corte, denunciando violazione di legge nonché omessa o insufficiente motivazione sul punto decisivo della controversia, non essendo stata fornita dai giudici di merito la prova che gli stampi fossero stati distrutti o resi inservibili a fine produzione da parte dell’operatore nazionale.
Ritenendo fondati i motivi di doglianza dell’ufficio finanziario, la Cassazione ha accolto il ricorso con rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria regionale.

La decisione
La pronuncia in commento attiene il particolare trattamento, ai fini Iva, riservato alle attività connesse alla produzione e al conseguente utilizzo degli stampi industriali.

Nel caso di specie, una società italiana riceveva commesse da operatori non residenti per la fornitura di particolari prodotti, a fronte delle quali era necessario produrre ogni volta uno stampo-madre in funzione delle specifiche esigenze del cliente.
Come dichiarato in atti dalla stessa impresa soccombente, l’ordine comportava di prassi la predisposizione dello stampo, che in nessun caso era ceduto al cliente.
Il cliente straniero, a sua volta, era tenuto a corrispondere un contributo alla società italiana, da considerarsi quale acconto sul prezzo globale della cessione.

Trattandosi di operazioni connesse alla cessione di beni a soggetto non residente, tale acconto era fatturato ai fini Iva come operazione non imponibile ai sensi dell’articolo 41, comma 1, lettera a), Dl 331/1993 (nel caso di cessione intracomunitaria) oppure dell’articolo 8, comma 1, lettera a), Dpr 633/1972 (nel caso di cessione all’esportazione).
La questione verte in particolare sul trattamento fiscale dei corrispettivi in conto anticipo ricevuti dal soggetto passivo italiano a fronte della realizzazione degli stampi necessari alla produzione e alla successiva cessione dei beni.

Sul punto, i giudici di legittimità hanno affermato che il prezzo per la costruzione di stampi, i cui relativi beni sono ceduti in un altro stato membro della Ue, sono assoggettati al regime di non imponibilità ex articolo 41, comma 1, lettera a), Dl 331/1993, unicamente a condizione che “lo stampo, a fine lavorazione, sia inviato nell’altro paese comunitario oppure sia distrutto o risulti inservibile a fine produzione”.
Soltanto in questo caso la lavorazione dello stampo può essere considerata come operazione accessoria alla cessione intracomunitaria dei beni e, in quanto tale, non assumere un’autonoma configurazione giuridica ai fini della fatturazione (e della compilazione degli elenchi Intrastat).

Occorre precisare che la questione era già stata esaminata dalla stessa Amministrazione finanziaria con le CM13/E/1994 e CM 43/E/2010, a cui la pronuncia in commento si confà del tutto.
Nei richiamati documenti di prassi si ricava il principio per cui, affinché la lavorazione dello stampo possa considerarsi come accessoria alla cessione dei beni, è necessario che “tra il committente e l’operatore nazionale venga stipulato un unico contratto di appalto avente ad oggetto sia la realizzazione dello stampo sia la fornitura dei beni che con esso si producono e che lo stampo, a fine lavorazione, venga inviato nell’altro paese comunitario a meno che, in conseguenza dell’ordinario processo di produzione o per accordi contrattuali, sia distrutto o sia divenuto ormai inservibile”.

Nel caso in esame, il regime di non imponibilità non poteva essere applicato alle operazioni perché né la società né tantomeno i giudici del secondo grado di merito avevano adeguatamente motivato in ordine “alla inservibilità dello stampo-madre successivamente alla produzione del contrappeso, non potendo essere escluso a priori, in mancanza di prova evidente, che lo stampo potesse essere conservato dalla società e nuovamente utilizzato ove per ipotesi il cliente avesse ordinato un’altra partita di contrappesi”.
Alla luce di tale orientamento, solo in presenza di tali puntuali condizioni, il soggetto passivo nazionale è legittimato a emettere fattura non imponibile (ex articolo 41, Dl 331/1993); in caso contrario, le operazioni devono essere considerate imponibili ai fini Iva.

INTRA UE: operazioni senza Iva soltanto se il cedente è diligente

Fonte: Fisco Oggi

Data: 30/01/2013

Autore: M. Denaro

In sostanza, chi vende è tenuto a provare l’avvenuto scambio comunitario mediante qualsiasi mezzo, innanzitutto verificando con scrupolosità l’affidabilità della controparte.

In tema di Iva intra UE, nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria contesti, recuperando l’imposta non versata, la non imponibilità della cessione intraco munitaria di beni a titolo oneroso, per difetto del presupposto dell’introduzione dei beni ceduti nel territorio di altro Stato membro, ex art. 41, co.1, lett.a), DL 331/1993, grava sul cedente la prova dello stesso.
In questi termini si è espressa la Cassazione con la sentenza 1670 del 24 gennaio che, nel rigettare il ricorso proposto da una società, ha confermato un solido orientamento giurisprudenziale (cfr Cassazione, sentenze 13457/2012, 20575/2011, 21956/2010 e 3603/2009).

Il giudizio di merito
A seguito di un processo verbale di constatazione emesso dalla Guardia di finanza, un ufficio finanziario contesta a una società italiana la mancata fatturazione di beni che avrebbero dovuti essere esportati presso una società tedesca, ma che in realtà erano stati movimentati esclusivamente in Italia.Avverso i relativi avvisi di accertamento Iva, la società propone vittoriosamente ricorso in Commissione tributaria provinciale, con sentenza poi riformata in appello, a seguito del ricorso proposto dall’Amministrazione finanziaria.
In particolare, i giudici d’appello osservano che, al fine di usufruire del regime di non imponibilità Iva delle cessioni effettuate nei confronti di una società appartenente ad altro Stato europeo, grava sul cedente l’onere di provare l’avvenuta esportazione dei beni ceduti, in quanto l’art. 41, co.1, lett.a), DL 331/1993, statuisce espressamente che “Costituiscono cessioni non imponibili: a) le cessioni a titolo oneroso di beni, trasportati o spediti nel territorio di altro Stato membro, dal cedente o dall’acquirente, o da terzi per loro conto, nei confronti di cessionari soggetti di imposta…“.
Tale prova, affermano gli stessi giudici, può essere fornita con ogni mezzo, purchè dotata del carattere di certezza e incontrovertibilità, dell’effettiva movimentazione del bene con partenza dall’Italia e arrivo in altro Stato membro, qualunque siano le modalità di trasporto o spedizione utilizzati dal cedente, dal cessionario o da terzi per loro conto.
Secondo i magistrati d’appello, infatti, la sola circostanza che le fatture indichino la natura di operazione intracomunitaria non consente l’applicazione del regime di esenzione d’imposta di cui al richiamato articolo 41, dovendosi ascrivere alla società nazionale (cedente) una responsabilità di tipo omissivo, atteso che non aveva posto in essere accorgimenti idonei a evitare o prevenire la condotta fraudolenta dell’acquirente estero (cessionario).

La società propone ricorso in Cassazione lamentando, tra l’altro, la violazione degli articoli 41, 46 e 50 del Dl 331/1993, in quanto la regolarità della fatturazione e della registrazione avrebbero dovuto indurre i giudici di secondo grado a escludere la collusione della stessa in operazioni fraudolente del cessionario estero, non potendo gravare sulla ricorrente una responsabilità oggettiva di natura omissiva.
Inoltre, la società ritiene erronea la motivazione della contestata sentenza, laddove addossa in capo al cedente l’onere di provare l’esportazione – attraverso l’attestazione delle Autorità doganali del Paese di destinazione – senza considerare che i controlli doganali intracomunitari sono stati aboliti sin dal 1993, quindi nessuna prova documentale poteva essere richiesta in tal senso alla società.

La decisione della Corte suprema
La Cassazione non ritiene condivisibili le doglianze della ricorrente, visto che il giudice d’appello ha correttamente interpretato la normativa di riferimento.
I giudici di legittimità affermano che il sistema delle operazioni intracomunitarie prevede il regime di non imponibilità per le cessioni, purché le stesse rispettino i requisiti previsti dal citato articolo 41 del Dl 331/1993, tra cui l’effettiva movimentazione del bene dall’Italia ad altro Stato membro, da provarsi con qualunque mezzo.
Ne consegue che, in mancanza di tale prova, la cessione viene assoggettata a Iva in Italia, per effetto della presunzione di cui al Dpr 441/1997.

Al riguardo, la Corte suprema ha già affermato che – in tema di presupposti richiesti alla società contribuente per usufruire del beneficio della non imponibilità delle operazioni intracomunitarie – “…l’onere di provare l’esistenza dello scambio comunitario (cioè l’effettivo trasferimento del bene nel territorio di altro Stato membro) grava sul contribuente cedente, che emette la fattura e non applica l’imposta nei confronti del cessionario…dichiarando che l’operazione non è imponibile…ciò proprio in ragione del principio generale di cui all’art. 2697 c.c., secondo il quale l’onere di provare la sussistenza dei presupposti di fatto che legittimano la deroga al normale regime impositivo è a carico di chi invoca la deroga – cfr., da ultimo, Cass. n. 13457/2012 e, in precedenza, Cass. 20575/11, Cass. 3603709 e Cass. 21956/10“.

Costituisce elemento indefettibile della non imponibilità, continua la Corte, il trasferimento del bene nel Paese estero, in quanto la “…movimentazione fisica dei beni oggetto di cessione nel territorio dello Stato membro del cessionario deve costituire elemento strutturale della fattispecie normativa, cosicché la sua mancanza impedisce il riconoscimento dello stesso carattere intracomunitario della operazione…“.

Quanto alla prova che i beni ceduti siano entrati nel territorio dello Stato estero – anche sulla base dell’interpretazione fornita dalla Corte di giustizia – sebbene debba “… escludersi che il cedente sia tenuto a svolgere attività investigative sulla movimentazione subita dai beni ceduti dopo che gli stessi siano stati consegnati al vettore incaricato dal cessionario…“, è necessario, invece, che il cedente verifichi “…con la diligenza dell’operatore commerciale professionale le caratteristiche di affidabilità della controparte – Cass. n. 13457/2012, dovendo questi procurarsi mezzi di prova adeguati alle necessità, capaci se non di dimostrare, quanto meno di non lasciare dubbi circa l’effettività dell’esportazione e circa la sua buona fede in ordine a tale dato“.

Il tipo di prova adeguato, conclude la Corte di legittimità, “…non è quello di escludere la prova della malafede, ma è quello che in prima battuta è diretto a provare l’effettività dell’esportazione e, qualora sia invece provato e ammesso che tale esportazione non vi è stata, a provare che il cedente è stato tratto in inganno nonostante avesse adottato le opportune cautele per evitare tale aggiramento“.
Prova che, nel caso concreto, non è stata fornita, non potendosi considerare tali l’assenza di segnalazioni pregresse in capo all’acquirente, la puntualità dei bonifici bancari a saldo della merce e l’apparente assenza di comportamenti equivoci dei vettori.

INTRASTAT: software Intr@web 2013 e nomenclatura combinata 2013

Fonte: Agenzia Dogane e Monopoli

Data: 31/01/2013

Si comunica che è disponibile sia l’aggiornamento versione 14.0.0.0 del software Intr@Web Stand Alone della versione 13.0.0.0, sia l’installazione completa Intr@Web Stand Alone versione 14.0.0.0 che contiene già questo aggiornamento.

L’aggiornamento comprende:

  • La funzione verifica del file di invio prima della firma digitale;
  • La funzione prepara invio per Entrate che consente la preparazione del file da trasmettere tramite il sito dell’Agenzia delle Entrate o Fisco on-line.

Avvertenza importante: Per scongiurare un eventuale perdita dei dati inseriti nella precedente versione si raccomanda di effettuare, prima dell’aggiornamento del software, il backup dei dati tramite la funzione di menu utilità/manutenzione archivi/backup/totale

Per effettuare l’aggiornamento del software Intr@Web Stand Alone dalla versione 13.0.0.0 occorre:

  1. Eseguire il download del file upgradestandalone14000_it.zip salvandolo sul proprio computer senza decomprimerlo;
  2. Aprire il software Intr@web selezionare il  menu File=>Aggiorna software indicando il percorso dove è stato salvato il file;
  3. Al termine dell’aggiornamento viene  evidenziato il tasto Riavvia: selezionandolo si riavvia il software aggiornato;
  4. L’aggiornamento non effettua modifiche ai dati precedentemente inseriti dall’utente.

L’aggiornamento Upgrade 14.0.0.0 è disponibile al seguente link:

Aggiornamenti per gli utenti che hanno già installato l’applicazione Intr@Web versione 14 (anno 2013)

L’installazione completa Intr@Web Stand Alone 14.0.0.0 per Windows e per Mac è disponibile al seguente link: Installazione completa 2013.

è inoltre disponibile alla pagina:

http://www.agenziadogane.gov.it/wps/wcm/connect/Internet/ed/Operatore/Software/Software+Intrastat/Software+Intrastat+anno+2013/

la tabella delle trasposizioni della Nomenclatura Combinata 2012-2013 in formato Excel.

Attraverso questa tabella puoi verificare:

  • i nuovi codici di nomenclatura combinata validi dal 2013;
  • i codici di nomenclatura combinata validi nell’anno 2012 che hanno subito modifiche per l’anno 2013.

INTRASTAT: scadenzario 2013

Dato il gradimento dell’anno passato (oltre 5000 downloads) pubblichiamo anche quest’anno lo scadenzariogratuito e personalizzabile, per la gestione degli adempimenti INTRASTAT per l’anno 2013, in versione PDF . Si ritiene utile infatti, stante i continui cambiamenti che si verificano, una panoramica delle date precise di invio.

Si forniscono degli esempi in calce allo scadenzario per comprendere le variazioni di periodicità

Scadenzario Intrastat 2015

>>>> Scarica lo Scadenzario INTRASTAT 2013