INTRA UE: nuova CM 39/E/2011 sul sistema VIES

Fonte: Eutekne.info

Data: 02/08/2011

Autori: S. Cerato e M. Bana

L’Agenzia delle Entrate, con la [download id=”6681″], ha fornito alcune nuove precisazioni, con particolare riferimento alle modalità di iscrizione nell’archivio VIES, nonché alle procedure di diniego o revoca all’inserimento nello stesso. In primo luogo, è stato ribadito che la volontà di effettuare operazioni intracomunitarie deve essere manifestata, qualora ivi intenzionati, anche da parte di alcune particolari categorie di contribuenti, ancorché non soggetti passivi: è il caso, ad esempio, degli enti che non svolgono alcun tipo di attività commerciale, neppure in via secondaria, tenuti a identificarsi ai fini IVA in quanto hanno superato il limite di 10.000 euro relativo agli acquisti intracomunitari, ovvero hanno optato per l’applicazione dell’IVA in Italia, ex art. 38, co. 5, lett. c), DL 331/1993 (circolare Assonime n. 16/2011).

L’Amministrazione finanziaria ha, inoltre, sciolto un dubbio posto dall’Associazione delle spa, ovvero i criteri compilativi che devono essere adottati, in sede di inizio dell’attività, da parte dei contribuenti che effettuano solo prestazioni di servizi UE soggette ad imposizione nel luogo del committente (art. 7-ter DPR 633/1972): è stato chiarito che devono redigere anch’essi il campo “Operazioni intracomunitarie” del quadro I dei modelli AA7 o AA9, indicando il presunto volume di tali fattispecie che si ipotizza di porre in essere.

La [download id=”6681″] ha altresì ribadito che i soggetti già titolari di partita IVA, non ancora inclusi nel VIES, devono manifestare la propria volontà, mediante un’apposita istanza – di cui il documento di prassi produce un possibile schema, analogamente a quello riguardante un’eventuale e successiva rinuncia – da presentare a un qualsiasi ufficio dell’Agenzia delle Entrate, ovvero alla struttura della Direzione Regionale competente per il controllo, nel caso di contribuenti con un volume d’affari, ricavi o compensi di almeno 100 milioni di euro (provv. nn. 189362/2010 e 54291/2009). L’istanza in parola può essere trasmessa mediante raccomandata, oppure con messaggio di posta elettronica certificata sottoscritto digitalmente dal contribuente, o sottoscritto e presentato dallo stesso tramite copia per immagine dell’istanza firmata, unitamente a copia fotostatica, non autentica, di un documento d’identità del dichiarante: quest’ultima deve essere allegata anche nel caso di ordinaria spedizione attraverso il servizio postale.

La [download id=”6681″] ha poi confermato che, nei 30 giorni successivi alla data di attribuzione della partita IVA o in quella diversa di ricezione dell’istanza, gli Uffici territorialmente competenti devono effettuare l’analisi di rischio del contribuente, propedeutica all’inserimento nel VIES (provv. nn. 188381 e 188376/2010), fermi restando i successivi controlli da svolgersi entro 6 mesi – termine prorogato al 31 dicembre 2011 per i contribuenti inclusi automaticamente – e quelli di ulteriore monitoraggio periodico.

In relazione a un ulteriore dubbio posto dall’Associazione delle spa, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che eventuali operazioni intracomunitarie effettuate nei 30 giorni riservati ai controlli propedeutici all’inclusione nel VIES, così come dopo il diniego o la revoca, non rientrano nel regime fiscale degli scambi intracomunitari, ma in quello ordinario e, quindi, sono soggette a imposizione in Italia. Eventuali violazioni, compiute dopo l’emanazione della circolare in commento, saranno passibili di sanzioni ex art. 6 DLgs. 471/1997: è stato, quindi, recepito il principio di affidamento e buona fede del contribuente prospettato nella circolare Assonime n. 16/2011, così come quello secondo cui gli effetti del provvedimento di revoca decorrono dalla data di emissione dello stesso.

Nessuna deroga per i soggetti risultanti da operazioni straordinarie

La [download id=”6681″] ha, inoltre, precisato che non sono previste specifiche deroghe con riferimento ai soggetti risultanti da operazioni straordinarie, anch’essi soggetti alle normali procedure di controllo ai fini dell’inserimento nel VIES, se non nei termini della facoltà di richiedere un’anticipazione della valutazione del rischio, rispetto alla manifestazione della volontà di effettuare operazioni intracomunitarie. Così facendo, sarà possibile ottenere una certificazione equivalente all’inclusione nel VIES, utile all’immediata operatività in ambito UE, anche se la materiale inclusione nell’archivio avverrà soltanto successivamente.

L’Agenzia delle Entrate ha, infine, fornito alcune indicazioni di carattere operativo: ai fini dell’inserimento automatico nell’archivio, sono stati considerati gli elenchi INTRASTAT 2010 presentati entro il 26 gennaio 2011, con l’effetto che – in relazione al periodo d’imposta 2009 – non rilevano quelli trasmessi a gennaio 2009, con riferimento alle operazioni effettuate nel 2008.

CM 21/D/2011: controlli sugli scambi intra UE e indagini finanziarie

L’Agenzia delle Dogane ha pubblicato sul proprio sito la CM 21/D/2011 in materia di controlli sugli scambi intracomunitari, ai sensi dell’art.34, co. 4, DL 41/1995: con Determinazione Direttoriale prot. n. 63763/RU del 4 luglio 2011 sono state stabilite le modalità di attuazione delle disposizioni ex art. 34, co. 4, DL 41/1995, per quanto concerne in particolare la procedura per l’accesso di cui al numero 7) secondo comma art. 51 DPR 633/1972, la cui autorizzazione è rilasciata, per l’Agenzia delle dogane, dal Direttore Regionale (o Interregionale, o Provinciale).

Per tali attività, il co. 4 del suddetto art.51 DPR 633/1972 dispone che le richieste nonché le relative risposte, anche se negative, sono effettuate esclusivamente in via telematica, con le modalità stabilite da provvedimenti specifici in materia a firma del Direttore dell’Agenzia delle entrate.

Considerata, quindi, l’avvenuta emanazione dei provvedimenti regolanti il settore delle indagini finanziarie per via telematica, e tenuto conto dei principi e delle disposizioni del Codice dell’amministrazione digitale (D.Lgs. 82/2005), l’Agenzia delle Dogane (CM 21/D/2011) ha realizzato una apposita applicazione in ambito AIDA, denominata “Indagini finanziarie” al fine di consentire la gestione del flusso informativo delle richieste e delle relative risposte utilizzando la procedura telematica per l’invio delle richieste e delle risposte già in uso presso l’Agenzia delle Entrate.

La suddetta procedura, prima della sua estensione in esercizio, prevista a decorrere dal 1° settembre 2011, è stata positivamente sperimentata sia presso taluni Uffici delle dogane che con alcuni soggetti rappresentativi della platea dei destinatari delle richieste di indagini finanziarie.

La Circolare esamina in dettaglio i vari aspetti, quali:

  • i presupposti per l’avvio delle indagini finanziarie
  • l’iter di esecuzione delle indagini finanziarie
  • la procedura di autorizzazione alle indagini finanziarie
  • l’accesso alla procedura e le modalità operative
  • la predisposizione delle richieste di indagini finanziarie
  • l’utilizzo dei dati acquisiti con le indagini finanziarie
  • gli adempimenti delle banche e degli altri intermediari finanziari
  • le sanzioni in caso di inadempimento delle banche e degli altri intermediari finanziari

CM 29/E/2011: MAP 26/05/2011 riflessi su operazioni internazionali

L’Agenzia delle Entrate ha emesso la [download id=”6671″] del 27 giugno 2011, recante le risposte a quesiti in occasione del MAP (Modulo Aggiornamento Professionale) del 26/05/2011.

Di seguito si riportano le risposte fornite in materia di operazioni internazionali:

2.3 AUTOFATTURA MENSILE CUMULATIVA

Domanda. Per servizi forniti dallo stesso prestatore nell’arco di un mese, è possibile emettere un’unica autofattura (in via opzionale), tenendo conto che nel mese non è avvenuto alcun pagamento di una o più delle prestazioni  che sarebbero inserite nell’ unica auto-fattura con indicazione distinta in allegato delle singole operazioni (v. CM 43/E/2010, quesito n. 6)?

Risposta. Nel caso di più servizi forniti dallo stesso prestatore non residente nell’arco temporale di un mese, il soggetto passivo nazionale può emettere – in via opzionale – un’autofattura anticipata rispetto al momento di effettuazione dell’operazione [che, relativamente alla prestazione di servizi, coincide con il pagamento del corrispettivo (CM 36/E/010)], ex art. 21, co.3, DPR 633/1972.  In questa ipotesi, l’autofattura dovrà riportare il totale delle prestazioni ricevute nel mese di riferimento, distinto per singola prestazione (CM 43/E/2010)

2.4 MODALITÀ DI REGISTRAZIONE DELL’AUTOFATTURA EX ART.17, CO. 2, DPR 633/1972

Domanda. L’autofattura ex articolo 17, co. 2 , DPR 633/1972 può essere registrata:

  • sul libro delle fatture emesse con continuità e sequenza di numerazione rispetto alle fatture emesse o con numerazione separata e registrazione per blocchi sezionali giornalieri;
  • sul libro degli acquisti con continuità e sequenza di numerazione rispetto alle fatture di acquisto o con numerazione separata e registrazione per blocchi sezionali giornalieri.

In sintesi, si ritiene che potrebbero anche non essere  utilizzati  dei registri ad hoc per le autofatture attive e per le autofatture passive, utilizzando gli stessi registri delle  fatture attive e delle fatture passive ed un’unica progressione numerica.

Risposta. L’art.17, co. 2, DPR 633/1972 prevede che  “gli obblighi relativi alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato da soggetti non residenti nei confronti di soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato…sono adempiuti dai cessionari o committenti”.Pertanto, in questa ipotesi, il cessionario/committente deve emettere un’autofattura in un unico esemplare (art.21, co.5, DPR 633/1972), ed annotarla sia sul registro delle vendite sia sul registro degli acquisti. Tale obbligo di registrazione delle autofatture può essere assolto  utilizzando dei registri sezionali, ovvero annotando i documenti sugli stessi registri  delle fatture di vendita e di acquisto, utilizzando, tuttavia, distinte progressioni numeriche e nel rispetto dell’ordine progressivo sequenziale di ciascuna seriazione. In questo caso, la prima pagina di ciascun registro dovrà contenere l’indicazione delle serie numeriche adottate (cfr., risoluzioni n. 480424 del 28 maggio 1987; n. 4503.58 del 30 luglio 1990).

3 IVA – IMMOBILE ALL’ESTERO – COSTI DI PROGETTAZIONE

Domanda. Ad un ingegnere residente in Italia è stata commissionata la progettazione di un complesso immobiliare in un Paese extra UE (Paese non black list)da parte di una società stabilita in Italia. Si chiede conferma che la fatturazione del progetto da parte del professionista incaricato sia fuori campo IVA ai sensi dell’articolo 7-quater del D.P.R. n. 633 del 1972, per mancanza del requisito  territoriale e quali siano gli adempimenti IVA per la società italiana committente.

Risposta. Con riferimento ai servizi in deroga di cui all’articolo 7-quater, co. 1, lettera a), merita rammentare in linea generale il principio, più volte ribadito dalla Corte di Giustizia UE, concernente il fatto che le disposizioni della direttiva che prevedono deroghe rispetto ai principi generali devono essere interpretate in maniera restrittiva (es. le sentenze n. C-49/09 del 28 ottobre 2010, n. C-86/09 del 10 giugno 2010, n. C-308/96 e n. C-94/97 del 22 ottobre 1998). Alla luce di tale principio deve essere analizzata la disposizione ex art. 7-quater, lettera a) citata che, come già avveniva fino al 31 dicembre 2009, ricomprende sia le perizie relative a beni immobili, che le prestazioni inerenti alla preparazione e al coordinamento dell’esecuzione dei lavori immobiliari. Tra queste ultime, si intendono ricomprese, in particolare, le prestazioni – rese da ingegneri, architetti o altri professionisti abilitati – relative alla progettazione e alla direzione di lavori immobiliari di uno specifico immobile, nonché quelle relative alla progettazione degli interni e degli arredamenti. Esulano dall’ambito applicativo della disposizione anzidetta, invece, la progettazione non riferita ad immobili specificamente individuati, e i servizi di consulenza e assistenza tecnica o legale che non afferiscono direttamente alla preparazione e al coordinamento dei lavori immobiliari, ancorché riferiti a un dato immobile. Si deve perciò ritenere che la progettazione, effettuata da un ingegnere, di un complesso immobiliare specificamente individuato e sito in un Paese non black listrientri nella deroga relativa agli immobili di cui all’articolo 7-quater, lettera a), e che la prestazione di servizi non sia territorialmente rilevante in Italia. Non è previsto alcun adempimento, ai fini IVA, per la società italiana committente.

>>>> Vedi anche le risposte della CM 28/E/2011 in materia di operazioni internazionali

CM 28/E/2011 Telefisco: risposte Agenzia e riflessi su operazioni internazionali

L’Agenzia delle Entrate ha emesso la CM 28/E/2011 del 21 giugno 2011, recante le risposte a quesiti in occasione di incontri con la stampa specializzata.

Di seguito si riportano le risposte fornite in materia di operazioni internazionali:

1.1 SERVIZI UE E RIMBORSI IVA

Domanda. Una società effettua operazioni di natura finanziaria nei confronti di soggetti privati extra UE. Sino al 31/12/2009 tali operazioni erano non imponibili ex art. 9, co. 1, n. 12), DPR 633/1972. Dal 2010 tali operazioni sono “fuori campo IVA” in Italia ex art. 7-septies, lett. d), DPR 633/1972. L’art. 19, co. 3, lett. a-bis), DPR 633/1972 non prevede alcuna limitazione alla detrazione per tali operazioni quando esse sono effettuate verso soggetti stabiliti fuori della UE. Si chiede se tali operazioni, possano essere intese come “operazioni ad aliquota zero” ai fini del raggiungimento del presupposto ex art. 30, co.3, lett.a), DPR 633/1972, per la richiesta di rimborso dell’IVA. Si chiede infine se la detraibilità dell’imposta non subisca alcuna limitazione anche durante il periodo transitorio compreso tra il 1° gennaio 2010 ed il momento di entrata in vigore del nuovo art. 19, comma 3, lett. a-bis).

Risposta. Le operazioni di natura finanziaria rese nei confronti di soggetti residenti fuori UE rientravano, antecedentemente al D.Lgs. 18/2010, fra le operazioni non imponibili ex art. 9, co.1, n. 12), DPR 633/1972, mentre la detraibilità dell’imposta assolta sui costi ad esse corrispondenti era consentita ex art. 19, co. 3, lett. a), del medesimo decreto. Pertanto, il diritto al rimborso dell’IVA poteva essere esercitato ex art. 30, co.3, lett. b). A seguito delle novità apportate dal predetto D.Lgs. 18/ 2010, tali operazioni, quando rese a privati consumatori, rientrano attualmente fra quelle escluse ex art. 7-septies DPR 633/1972, mentre la detraibilità dell’imposta assolta sulle relative spese è consentita ex art. 19, co. 3, lett. a-bis) (lettera introdotta dall’articolo 1, co. 1, lett. i) del D.Lgs. 18/2010). Il diritto al rimborso dell’IVA, infine, può essere ora esercitato ex art. 30, co.3, lett. d) DPR 633/1972 (come modificato dall’art. 1 co. 1, lett. q), del D.Lgs. 18/2010). In virtù dell’espressa previsione contenuta nella richiamata lett. d) dell’art. 30, il rimborso non può essere chiesto ai sensi della lett. a) del medesimo art. 30 (che prevede l’ipotesi di effettuazione di operazioni soggette ad aliquoteinferiori a quelle dell’imposta relativa agli acquisti), ipotizzando che le operazioni in discorso siano qualificabili come operazioni ad aliquota zero. Le disposizioni sopra citate [art. 7-septies, art. 19, comma 3, lett. a-bis), art. 30, co.3, lett. d), come da ultimo modificata] si applicano alle operazioni effettuate a partire dal 1° gennaio 2010. Infine, per quanto riguarda il trattamento delle operazioni effettuate durante il periodo transitorio che va dal 1° gennaio 2010 al momento di entrata in vigore del D.Lgs. 18/2010, si rinvia ai chiarimenti resi con CM 14/E/2010, paragrafo 1, ultimo periodo.

1.3 REVERSE CHARGE PRESTAZIONI DI SERVIZI DI TRASPORTO EFFETTUATE NEL TERRITORIO DELLO STATO DA SOGGETTI NON RESIDENTI

D. Un soggetto passivo di imposta IT acquista un biglietto aereo per un trasporto interno da una compagnia aerea non residente, identificata ai fini Iva in Italia. Secondo l’art. 17, co. 2, DPR 633/1972 il committente italiano si deve autofatturare ed assolvere l’imposta con il meccanismo del  reverse charge. Come si deve comportare il committente italiano che riceve una fattura con addebito di IVA da parte della compagnia estera?

R. L’art. 17, co. 2, DPR 633/1972, dispone che “Gli obblighi relativi alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato da soggetti non residenti nei confronti di soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato, compresi i soggetti indicati all’articolo 7-ter, comma 2, lettere b) e c), sono adempiuti dai cessionari o committenti”. Tale modifica legislativa ha reso obbligatorio il meccanismo dell’inversione contabile (cd.  reverse charge) per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate da un soggetto passivo non residente nei confronti di un soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato. Quest’ultimo  assume, quindi, la qualifica di debitore dell’imposta, da assolvere mediante l’emissione di un’autofattura riportante l’indicazione dell’IVA dovuta, anche qualora il cedente o prestatore sia identificato ai fini IVA in Italia, tramite identificazione diretta o rappresentante fiscale. La violazione del predetto obbligo di “reverse charge” comporta l’applicazione della disciplina sanzionatoria di cui al comma 9-bis dell’art. 6, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471. Il committente italiano, al fine di non incorrere nell’applicazione della predetta sanzione deve applicare il “reverse charge” e non deve tenere conto della fattura emessa dalla compagnia aerea, quindi:

  • non annotare la fattura emessa dalla compagnia aerea nel registro degli acquisti ex art. 25 DPR 633/1972;
  • non esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA erroneamente addebitata in fattura.

La compagnia aera che ha emesso fattura irregolare, invece, potrà rettificare la erronea fatturazione tramite emissione di una nota di variazione ex art. 26, co. 3, DPR 633/1972.

1.4. TERRITORIALITA’ IVA PRESTAZIONI DEPOSITO MERCI

Domanda. Un soggetto passivo IT riceve una prestazione di deposito per delle merci custodite in Olanda. Secondo la legislazione locale la prestazione è relativa all’immobile e, quindi, assoggettata ad IVA in Olanda. Tale interpretazione è condivisibile? In caso contrario come si deve comportare il committente italiano che riceve una fattura con addebito di IVA olandese da parte della società comunitaria?

Risposta. L’art. 44 della direttiva 2006/112/CE stabilisce che “Il luogo delle prestazioni di servizi resi a un soggetto passivo che agisce in quanto tale è il luogo in cui questi ha fissato la sede della propria attività economica”. Il successivo art. 47 stabilisce, in deroga, che “Il luogo delle prestazioni di servizi  relativi a un bene immobile, incluse le prestazioni di periti, di agenti immobiliari, la  fornitura di alloggio nel settore alberghiero o in settori con funzione analoga, quali i campi di vacanza o i terreni attrezzati per il campeggio, la concessione di diritti di utilizzazione di un bene immobile e le  prestazioni  tendenti a preparare o a coordinare l’esecuzione di lavori edili come, ad esempio, le prestazioni fornite dagli architetti e dagli uffici di sorveglianza, è il luogo in cui è situato il bene”.

Tanto premesso, si osserva che ai sensi dell’articolo 1766 del c.c. “il deposito è il contratto col quale una parte riceve dall’altra una cosa mobile con l’obbligo di custodirla e di restituirla in natura” quindi, si è dell’avviso che le prestazioni di deposito merci non possano ricondursi alla categoria delle prestazioni di servizi relative ai beni immobili. Ai fini dell’individuazione del luogo di effettuazione delle operazioni torna applicabile, pertanto, la previsione generale di cui al citato art. 44 della direttiva recepita dal legislatore nazionale all’art. 7-ter, co. 1 DPR 633/1972 secondo cui le prestazioni di servizi si considerano effettuate nel territorio dello Stato “… quando sono rese a soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato”. In particolare, nel caso di specie, la prestazione  resa deve essere assoggettata al reverse charge ex art. 17, co.2, DPR 633/1972 secondo cui “gli obblighi relativi alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato da soggetti non residenti nei confronti di soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato, compresi i soggetti indicati all’articolo 7-ter, co. 2, lettere b) e c), sono adempiuti dai cessionari o committenti”. E’, pertanto, il committente italiano che assume la qualifica di debitore dell’IVA, da assolvere mediante emissione di autofattura riportante l’indicazione dell’IVA dovuta. La violazione del predetto obbligo di reverse charge comporta l’applicazione della disciplina sanzionatoria ex comma 9-bis art. 6 D.Lgs. 471/1997.

Conseguentemente, il committente italiano che riceve fattura emessa dalla società  olandese con addebito della relativa IVA, al fine di non incorrere nell’applicazione della predetta sanzione, deve procedere all’applicazione del reverse charge.

2.5. AUTORIZZAZIONE ALLA PRESTAZIONE DI SERVIZI INTRACOMUNITARI

D. I provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle entrate, n. 188376 e n. 188381 del 29 dicembre 2010, in conformità all’art. 27 DL 78/2010, prevedono il regime autorizzatorio per le operazioni di cui al titolo II, capo II DL 331/1993 e l’inclusione in banca dati Vies delle partite IVA dei soggetti autorizzati. Ciò premesso, posto che la presenza della partita IVA in banca dati è necessaria anche per l’effettuazione delle prestazioni di servizi intracomunitarie soggette ad IVA nel paese di destinazione ex art. 7-ter DPR 633/1972, come si evince anche dall’art. 214 della direttiva IVAe dal regolamento UE n. 904/2010, si chiede di sapere se gli operatori che effettuano solo prestazioni di servizi intra UE debbano richiedere l’autorizzazione di cui sopra, oppure le eventuali diverse modalità con le quali vengono inseriti nella banca dati Vies.

Risposta. Gli operatori che effettuano o intendono effettuare esclusivamente prestazioni di servizi intracomunitarie devono, al pari di qualsiasi altro operatore IVA, manifestare espressamente tale volontà ai competenti Uffici dell’Agenzia delle Entrate. La richiesta di autorizzazione all’effettuazione di operazioni intra UE ex art. 27 DL 78/2010 infatti tenta di stabilire un equilibrio fra le esigenze di speditezza delle procedure amministrative di rilascio della Partita IVA vigenti (Com Unica e Fisco telematico) con la necessità di aderire alle sollecitazioni della Commissione europea, da ultimo integrate dal regolamento Ue 904/2010. La disposizione comunitaria citata, infatti, non distingue tra soggetti che effettuano forniture intra UE di beni o prestazioni di servizi, prevede che “…gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che i dati forniti da soggetti per la loro identificazione ai fini dell’IVA in conformità dell’art. 214 direttiva 2006/112/CE, siano, a loro giudizio, completi ed esatti”.

2.6. FATTURAZIONE SPESE DI DEPOSITO ADDEBITATE A SOGGETTO STABILITO IN ALTRO STATO UE

Domanda. Il gestore di un deposito IVA addebita le spese di deposito ad un soggetto passivo stabilito in un altro Paese  UE. Nella fattura, emessa senza addebito di IVA, deve essere richiamato l’art. 7-ter DPR 633/1972 oppure l’art. 50-bis DL 331/1993? Il predetto soggetto che, tramite il proprio rappresentante fiscale,  estrae i beni dal deposito ed assolve l’IVA ex art. 17 DPR 633/1972 (autofattura), deve comprendere nella base imponibile l’importo delle spese a lui addebitate dal depositario?

Risposta. Nel caso in esame il gestore del deposito dovrà fatturare in art. 7-ter DPR 633/1972. E’ opportuno ricordare, infatti, che l’individuazione della territorialità è pregiudiziale rispetto alla disciplina fiscale da applicare alla singola operazione. L’art. 7-ter DPR 633/1972 prevede che sono territorialmente rilevanti le prestazioni rese a soggetti passivi stabiliti nello Stato (comma 1). Tenuto conto che il committente è soggetto passivo  d’imposta stabilito in un altro Paese membro, il servizio di deposito dovrà essere  considerato fuori campo IVA. Il gestore del deposito, quindi, dovrà emettere una fattura con l’indicazione che si tratta di un’ “operazione non soggetta ad IVA ex art. 7-ter DPR 633/1972”, secondo quanto previsto dal successivo art. 21, comma 6. Infine, l’importo della predetta prestazione di servizio non dovrà essere incluso nella base imponibile su cui applicare l’imposta all’atto dell’estrazione dei beni dal deposito (cfr. art. 50-bis, co. 6, DL 331/1993), poichè la prestazione in esame è fuori campo di applicazione in Italia e territorialmente rilevante nello Stato membro di stabilimento del committente.

2.7 CONTRIBUENTI MINIMI E OBBLIGHI DICHIARATIVI: ESONERO

Domanda. I contribuenti minimi sono esonerati dalla presentazione della dichiarazione annuale IVA anche quando effettuano acquisti di beni e servizi per i quali sono debitori dell’imposta (es. acquisti intracomunitari, acquisti di servizi da fornitori esteri, ecc.)?

Risposta. L’effettuazione di acquisti intracomunitari e di altre operazioni di cui risultano debitori di imposta non comporta, per i contribuenti minimi, obblighi dichiarativi, ex art. 1, co. 109, L.244/2007. Come già chiarito con CM 73/E/2007, i contribuenti minimi hanno, in tale evenienza, esclusivamente l’obbligo di integrare la fattura con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta e di versare l’imposta entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni.

2.8 COMUNICAZIONE “BLACK LIST”

Domanda. Ai fini della comunicazione black list ex art. 1 DL 40/2010, in caso di importazione di beni da un paese black list, nel modello si devono indicare i dati contabili della fattura del fornitore estero oppure quelli della bolletta doganale di importazione (tenuto conto che, per vari motivi, i dati potrebbero non coincidere).  Si chiede inoltre se sussista l’obbligo di comunicazione anche nell’ipotesi di reimportazione, a seguito di reso, di beni in precedenza ceduti ad un operatore “black list”. Si chiede di confermare che, in tale  caso, non vi è obbligo di comunicazione autonoma ma solamente l’obbligo di rettificare la comunicazione precedentemente inviata.

Risposta.  Nel caso di importazione occorre indicare, i dati della bolletta doganale. Con riferimento al secondo quesito, la reintroduzione di beni nello stato originario, da parte dello stesso soggetto che li aveva esportati, è operazione autonoma rispetto all’originaria cessione all’esportazione e, in particolare, costituisce un’ipotesi di importazione non imponibile ex art. 68 DPR 633/1972. Pertanto, tali operazioni, seppure collegate a cessioni all’esportazione precedentemente effettuate, costituiscono oggetto di autonoma comunicazione quando effettuate con un operatore c.d. black list.

2.9 ERRATA INDICAZIONE TERMINI NELLE ISTRUZIONI

Domanda. Nelle  istruzioni della comunicazione “black list” si legge che l’importo delle operazioni attive va indicato “al netto delle note di variazione ricevute nel periodo”, mentre quello delle operazioni passive va indicato “al netto delle note di variazione emesse nel periodo”. Si chiede di chiarire se, come sembra, i verbi “ricevute” ed “emesse” siano stati erroneamente invertiti nelle due situazioni.

Risposta. Poiché, ex art. 26 DPR 633/1972, l’effettuazione delle note di variazione dell’imponibile o dell’imposta competono al cedente del bene o al prestatore del servizio, per le operazioni attive, in caso di variazione dell’imponibile o dell’imposta, la nota di variazione sarà emessa dal soggetto tenuto all’obbligo di comunicazione, mentre per le operazioni passive, sarà dallo stesso ricevuta. Le parole “ricevute” ed “emesse” sono state erroneamente invertite nelle  istruzioni allegate al modello di comunicazione.

2.10 CODICI FISCALI O DATI EQUIPOLLENTI DEI SOGGETTI BLACK LIST

Domanda. Consapevoli che non sarà possibile ottenere i codici fiscali di tutti i soggetti black list e gli indirizzi delle aziende estere, il contribuente italiano non potendo regolarizzare  entro il prossimo 31 gennaio le liste, sarà soggetto a sanzioni?

Risposta. Con CM 54/E/2010, è stata  riconosciuta l’esistenza di  “obiettive condizioni di incertezza” in relazione alle violazioni commesse in sede di prima applicazione delle disposizioni introdotte dall’art. 1 DL 40/2010. In particolare, ex art. 10, co.3, L.212/2000 (Statuto del contribuente) è stata prevista la disapplicazione delle sanzioni in caso di eventuali violazioni rilevate in sede di controllo concernenti la compilazione dei modelli di comunicazione relativi:

  • al trimestre luglio/settembre 2010, per i soggetti tenuti con periodicità trimestrale;
  • ai mesi da luglio a novembre 2010, per i soggetti tenuti  con periodicità mensile.

In entrambi i casi l’esimente opera a condizione che i contribuenti provvedano a sanare eventuali violazioni, inviando, entro il 31  gennaio 2011, i modelli di comunicazione integrativa.

Nel caso in cui il soggetto passivo non abbia regolarizzato gli errori o le omissioni commesse entro i citati termini, la valutazione circa la ricorrenza dell’errore scusabile – consistente nell’impossibilità, per il soggetto passivo italiano, di ottenere i codici fiscali o gli altri dati dei soggetti black list – rimane di competenza degli organi accertatori, tenuti a verificare, caso per caso, la sussistenza  dei requisiti per l’applicazione dell’esimente, conformemente alle regole generali di applicazione delle sanzioni ex D.Lgs. 472/1997.

2.11 SCHEDE CARBURANTI

Domanda. Sono da inserire nella black list le carte carburanti per rifornimenti effettuati dal contribuente italiano in Paese black list (esempio, in Svizzera)?

Risposta. La disciplina della c.d. scheda carburante (DPR 444/1997), si applica agli acquisti di carburante effettuati nel territorio dello Stato, non anche agli acquisti effettuati al di fuori del territorio nazionale.  In via generale, le operazioni di acquisto di carburante e lubrificanti per autotrazione effettuate da soggetti IVA presso distributori stabiliti in paesi black list, in quanto operazioni non soggette all’IVA, non sono soggette all’obbligo di registrazione ai fini IVA e, quindi, neppure alla comunicazione in esame. L’obbligo di comunicazione, infatti, per quanto concerne le operazioni non soggette a registrazione ai fini IVA, riguarda solo le prestazioni di servizi territorialmente  non  rilevanti nello Stato agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, in virtù di espressa previsione contenuta nell’art. 3 del D.M. 5 agosto 2010.

>>>> Vedi anche le risposte della CM 29/E/2011 (MAP) in materia di operazioni internazionali