TERRITORIALITA’ SERVIZI: verifica committente

Fonte: eutekne.info

Data: 22/09/2011

Autori: L. Cacciapaglia e F. D’alfonso

Le prestazioni di servizi generiche rese da operatori economici nei confronti di soggetti passivi sono territorialmente rilevanti ai fini IVA nel luogo in cui il destinatario ha stabilito la propria attività. L’accertamento delle menzionate caratteristiche è demandato agli stessi soggetti coinvolti nell’operazione, secondo regole fissate dal Legislatore o dalla singola Amministrazione fiscale. In particolare, il Reg.(CE) 282/2011, di rifusione del precedente Regolamento n. 1777/2005, ha previsto alcune disposizioni volte a garantire i soggetti coinvolti nelle prestazioni di servizi transnazionali, con particolare riguardo alla figura del prestatore adempiente, il quale è ora tenuto all’accertamento dello status, della qualità e del luogo di stabilimento del committente.

Tali caratteristiche devono essere valutate esclusivamente al momento del fatto generatore dell’imposta (articolo 25 Reg.(CE) 282/2011), cioè, in sostanza, al momento di effettuazione dell’operazione secondo la normativa nazionale, da individuarsi in base ai criteri ex art. 6 Decreto IVA. Un diverso trattamento fiscale può aversi, invece, nel caso di iniziale versamento di un acconto con previsione di un determinato impiego del servizio (ad esempio, per fini privati) e successivo pagamento del saldo, in presenza, tuttavia, di una diversa utilizzazione dello stesso (ad esempio, per fini d’impresa), nel qual caso si applicherà un regime IVA differenziato con riferimento ai due diversi momenti (CM 37/E/2011).

Tanto premesso, il prestatore del servizio dovrà innanzitutto verificare che il committente sia un soggetto passivo IVA. A tal fine, occorre distinguere l’ipotesi in cui quest’ultimo sia appartenente alla Ue da quella in cui non lo sia.
Il prestatore Ue, qualora il committente Ue gli comunichi il proprio numero di partita IVA, sarà tenuto, per essere esonerato da ogni responsabilità (salvo che, naturalmente, possegga informazioni contrarie), semplicemente a verificare:

  • la validità di tale numero mediante il sistema VIES;
  • la corrispondenza del nome e dell’indirizzo comunicati in base alle disposizioni del Reg. (CE) 904/2010, in vigore, tuttavia, soltanto dal 2012.

Laddove, poi, il committente non abbia ancora ottenuto il numero di partita IVA, ma abbia informato il prestatore di averne fatta richiesta, il prestatore potrà fare riferimento a qualsiasi prova fornita dal committente, fermo restando che il primo dovrà effettuare una verifica di ragionevole ampiezza, attraverso le normali procedure di sicurezza commerciali (controlli d’identità o di pagamento), dell’esattezza delle informazioni fornite dal committente. In assenza di elementi che dimostrino palesemente l’assenza di status di soggetto passivo, può attribuirsi rilevanza alla richiesta di attribuzione della partita IVA che il committente estero mette a disposizione del prestatore stabilito nel territorio dello Stato (CM 37/E/2011). Nel caso in cui, invece, il prestatore dimostri che il committente non gli ha comunicato il suo numero individuale di identificazione IVA, egli può considerare il committente privo di soggettività passiva, salvo che, anche in questo caso, disponga di informazioni contrarie sullostatus di quest’ultimo.

Laddove, poi, il committente sia un soggetto extra-Ue, il prestatore Ue per essere al riparo da ogni contestazione, posto che emette una fattura senza IVA ex art. 7-ter, co.1, lett. a) DPR 633/1972, deve ottenere dal committente extra-Ue il certificato attestante il diritto al rimborso ai sensi della tredicesima direttiva (Direttiva 86/560/CEE – Modalità di rimborso dell’imposta sul valore aggiunto ai soggetti passivi non residenti nel territorio della Comunità). In mancanza di tale certificato (che peraltro è rilasciato solo da un limitato numero di Paesi, come ad esempio Israele, Svizzera e Norvegia), il destinatario dovrà disporre di un numero di partita IVA o di un altro numero identificativo equivalente attribuitogli dal Paese di stabilimento o, comunque, dovrà fornire al prestatore qualsiasi altra prova attestante il proprio status di soggetto passivo. L’esattezza delle informazioni fornite dovrà, poi, essere verificata dal prestatore attraverso le normali procedure di sicurezza commerciali, quali quelle relative ai controlli di identità o di pagamento.

Eseguita questa prima valutazione, il committente dovrà, poi, verificare se il committente stia acquistando il servizio per destinarlo alla propria attività economica o esclusivamente a uso privato, dal momento che, in quest’ultimo caso, lo stesso dovrà considerarsi soggetto non passivo ai fini della individuazione del luogo di imposizione dell’operazione. Tuttavia, nell’ipotesi in cui il destinatario abbia comunicato al prestatore il proprio numero di partita IVA, quest’ultimo può senz’altro considerare che i servizi siano destinati all’attività economica del destinatario anche in caso di effettiva destinazione ad uso privato, salvo che non disponga di informazioni contrarie (art. 19 Reg.(CE) 282/2011), come ad esempio la natura del servizio di fatto incompatibile per un utilizzo commerciale. Inoltre, in caso di servizi compatibili sia con la sfera privata sia con la veste di soggetti passivi, il prestatore potrà chiedere al committente non comunitario anche gli elementi necessari a giustificare lamancata applicazione dell’imposta secondo il criterio generale B2B (CM 37/E/2011). Nell’ipotesi, poi, di servizi unici, destinati cioè sia ad uso privato, ivi compreso quello reso ai dipendenti del destinatario, sia a fini commerciali, il destinatario dei servizi dovrà essere considerato soggetto passivo per l’intera prestazione ricevuta (in assenza, tuttavia, di pratiche abusive).

Ricordiamo, al riguardo, che società, enti, associazioni o società semplici devono esseresempre considerate, a tali fini, soggetti passivi, salvo l’ipotesi in cui il servizio sia destinato a un uso privato delle persone che fanno parte di tali organizzazioni ovvero dei dipendenti delle stesse (CM 37/E/2011). L’esercizio di attività imprenditoriale, artistica o professionale non è, invece, sufficiente nel caso in cui il committente sia una persona fisica, per cui in questa ipotesi il prestatore del servizio sarà tenuto a effettuare una valutazione di compatibilità complessiva, al fine di verificare che il servizio sia acquistato nell’esercizio di tale attività.

Successivamente, il prestatore dovrà determinare il luogo di stabilimento del committenteverificando l’esattezza delle pertinenti informazioni (tra le quali il numero di identificazione IVA), ricevute dal committente attraverso le normali procedure di sicurezza commerciale (controlli di identità o di pagamento).

Ricordiamo, infine, che il prestatore riveste un ruolo importante anche con riferimento alla verifica della circostanza che, in relazione alla prestazione di servizio eseguita nello Stato membro del committente, non sia dovuta l’imposta poiché, ad esempio, considerata esente o non imponibile in base alla legislazione locale. A tal fine, l’operatore italiano sarà esente da responsabilità circa la qualificazione dell’operazione (e la conseguente non inclusione della stessa negli elenchi INTRASTAT) laddove richieda e ottenga dal committente Ue una dichiarazione in cui quest’ultimo afferma che la prestazione è esente o non imponibile nel suo Paese di stabilimento (CM 43/E/2010).

Tale dichiarazione è valida per tutte le prestazioni della stessa specie dallo stesso ricevute, e rimane tale fino a che non vi siano cambiamenti per quanto concerne il trattamento fiscale delle stesse nel Paese del committente o le caratteristiche del servizio reso. In mancanza di tale dichiarazione, il soggetto IVA nazionale potrà essere esentato dall’obbligo di presentazione degli elenchi INTRASTAT esclusivamente nell’ipotesi in cui abbia la certezza, in base ad elementi di fatto obiettivi, che con riferimento alle stesse non è dovuta l’imposta nello Stato membro del committente.

IVA SUI BENI IN PERFEZIONAMENTO PASSIVO

Fonte: eutekne.info

Autore: L. Cacciapaglia e F. D’Alfonso

Data: 20/09/2011

Le prestazioni di costruzione, riparazione, modificazione, trasformazione, manutenzione, ecc. di beni mobili si caratterizzano per la circostanza di realizzare su beni materiali un intervento meramente fisico. Ne consegue che non possono considerarsi tali i servizi prestati in via principale e ordinaria da un medico veterinario, anche se in alcune ipotesi essi implicano necessariamente un intervento fisico sull’animale (Corte di giustizia delle Comunità europee 6 marzo 1997, causa C-167/1995).

Tanto premesso, detti servizi effettuati su beni mobili materiali, se resi nei confronti di soggetti passivi IVA, seguono la regola generale basata sul luogo dove è fissata la sede dell’attività economica del soggetto destinatario del servizio. Dunque:

  • sono rilevanti ai fini IVA i servizi resi ad un soggetto passivo stabilito in Italia (articolo 7-ter, co.1, lett. a) DPR 633/1972), senza che assuma alcuna rilevanza l’uscita o meno dei beni su cui il servizio è reso dal Paese di esecuzione della prestazione. Non ha alcun rilievo, inoltre, il fatto che il prestatore del servizio sia comunitario o extracomunitario;
  • viceversa, sono fuori campo IVA, per difetto del presupposto territoriale, le prestazioni effettuate nei confronti di un soggetto passivo estero, anche se l’esecuzione materiale delle lavorazioni avviene in Italia poiché i beni sono stati qui trasportati per svolgere il servizio.

Allorché, invece, le prestazioni in questione abbiano come destinatari persone che non sono soggetti passivi, il luogo di tassazione è rappresentato dal luogo dove i lavori relativi ai beni mobili sono materialmente eseguiti. Pertanto, i servizi di lavorazione relativi a beni mobili effettuati verso committenti non soggetti passivi: sono rilevanti nel territorio dello Stato qualora eseguiti nello stesso (art. 7-sexies, co.1, lett. d) DPR 633/1972); sono fuori campo IVA, per difetto del presupposto territoriale, se eseguite all’estero.

Va, tuttavia, ricordato che le prestazioni relative a beni mobili materiali rilevanti nel territorio dello Stato assumono la natura di operazioni non imponibili qualora abbiano ad oggetto i trattamenti di cui all’art. 176 DPR n. 43/1973 – Testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale (lavorazioni, trasformazioni, riparazioni ecc.) – eseguiti (art. 9, primo comma, n. 9 DPR 633/1972): su beni di provenienza estera non ancora definitivamente importati, ovvero su beni nazionali nazionalizzati o comunitari destinati ad essere esportati da o per conto del prestatore del servizio o del committente non residente nel territorio dello Stato. Usufruiscono, inoltre, del trattamento di non imponibilità anche i lavori di manutenzione aventi ad oggetto navi e aeromobili.

Nel caso in cui un operatore economico nazionale fornisca ad un soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro della UE servizi di lavorazione relativi a beni mobili materiali, dovrà dichiarare tali operazioni nell’elenco riepilogativo delle prestazioni rese, compilando il modello INTRA 1-quater. Di converso, i soggetti passivi stabiliti in Italia che hanno ricevuto, da un soggetto passivo UE i servizi in questione, devono presentare l’elenco riepilogativo relativo alle prestazioni di servizi ricevute, compilando il modello INTRA 2-quater. Oltre agli obblighi di presentazione degli elenchi riepilogativi relativi alle prestazioni rese e ricevute, in relazione ai beni spediti o ricevuti in base a rapporti di lavorazione gli operatori che presentano gli elenchi riepilogativi delle operazioni intracomunitarie con periodicità mensile sono tenuti a compilare anche la parte statistica relativa agli stessi.

Premessa la disciplina IVA dei servizi in questione, è evidente che, in relazione alle lavorazioni realizzate all’estero su beni in regime di c.d. “perfezionamento passivo” (inviati, cioè, all’estero al fine di essere oggetto, appunto, di servizi di lavorazione) sorge il rischio di incorrere in una duplicità d’imposizione. In base alla disciplina attuale, infatti, l’IVA è dovuta sia al momento della fatturazione in “reverse charge” del servizio di lavorazione da parte del committente nazionale, sia in dogana in relazione al valore aggiunto prodotto dalla lavorazione.

Nella CM 37/E/2011, l’Agenzia delle Entrate ha risolto la questione chiarendo che, al rientro dei beni sottoposti a lavorazione, previa presentazione in dogana della fattura emessa dal prestatore estero per la lavorazione (vale a dire, autofattura sulla base del documento del fornitore estero), la relativa IVA concernente la lavorazione dovrà essere sottratta da quella calcolata in dogana. In caso di mancata presentazione in dogana dell’autofattura relativa al servizio ottenuto, l’IVA si applicherà (in dogana) sul maggior valore delle merci reimportate rispetto al valore calcolato al momento della temporanea esportazione. Tuttavia, in quest’ultima ipotesi, il committente nell’emettere l’autofattura, dovrà non indicare alcuna IVA e annotare la seguente dizione: “IVA assolta in dogana con documento doganale n. XY”.

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TERRITORIALITA’ SERVIZI E PERFEZIONAMENTO PASSIVO

Con la nota Prot. 54819/RU, l’Agenzia delle Dogane integra e completa quanto stabilito dall’Agenzia delle Entrate con la CM 37/E/2011  in materia di traffico di perfezionamento passivo.

Premessa: la Direttiva 2008/8/CE, ha introdotto rilevanti modifiche alla Direttiva 2006/112/CE in tema di territorialità delle prestazioni di servizi. Dal 1° gennaio 2010 infatti (salvo le deroghe espressamente previste), le prestazioni di servizi si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando sono rese ad un soggetto passivo ivi stabilito. In applicazione di tale regola generale, il committente nazionale soggetto passivo è tenuto ad osservare tutti gli adempimenti relativi all’applicazione dell’IVA e deve assolvere l’imposta secondo il meccanismo del reverse charge, relativamente alle prestazioni di servizio ricevute da un soggetto passivo non stabilito e territorialmente rilevanti in Italia.

La modifica in questione incide in modo sostanziale anche su talune operazioni di natura doganale. Sono infatti pervenute All’Agenzia numerose richieste di chiarimento in particolare, con riguardo alle modalità di assolvimento dell’IVA relativa alla reimportazione dei prodotti compensatori risultanti da merce comunitaria sottoposta a lavorazione fuori dal territorio della Comunità (regime di perfezionamento passivo).

In base alle norme vigenti, in tale ipotesi c’è il rischio di una duplicazione d’imposta in quanto:

a) da un lato, la merce reintrodotta nel territorio UE a seguito di perfezionamento passivo deve essere dichiarata in dogana sia al fine del pagamento del dazio che per l’applicazione dell’IVA, ex art. 67 e 69 DPR 633/1972;

b) la nuova disciplina IVA prevede che, sulla prestazione di servizi resa da un soggetto passivo non residente, l’imposta sia assolta dal committente nazionale attraverso il reverse charge.

Al fine di contemperare le esigenze doganali con quelle fiscali, l’Agenzia delle Entrate, con la CM 37/E/2011 (par. 5.1), ha precisato che i servizi di lavorazione eseguiti in un Paese terzo su beni destinati ad essere reimportati non possono essere esentati nello stato membro nel quale i medesimi servizi devono essere assoggettati ad imposta, conformemente alle nuove disposizioni. L’IVA sulla lavorazione va dunque corrisposta dal committente al momento dell’effettuazione della prestazione di lavorazione, tramite autofattura, ovvero integrazione della fattura del fornitore estero.

In virtà di tale orientamento, l’Agenzia delle Dogane precisa che al momento della reimportazione dei prodotti compensatori, ai fini dell’applicazione dell’IVA:

  • ex art. 69 DPR 633/1972, dovrà essere calcolata l’IVA in dogana in base alla normativa doganale in materia (art. 151 Reg. CEE 2913/92 e art. 591, Reg. CEE 2454/93). Da tale importo dovrà essere sottratta l’IVA già assolta sulla prestazione di lavorazione risultante dalla autofattura emessa dal committente nazionale o dall’integrazione della fattura del fornitore estero effettuata dal committente stesso.
  • qualora il committente nazionale non sia in grado di dimostrare l’avvenuto assolvimento dell’IVA sulla prestazione di lavorazione, continuerà ad essere applicata la procedura sinora seguita che prevede la liquidazione ed il pagamento dell’IVA in dogana. In tale ipotesi, al fine di rispettare l’obbligo imposto dalla disciplina fiscale, il committente nazionale provvederà ad emettere autofattura senza applicazione dell’IVA indicando, in luogo dell’aliquota e dell’imposta, la dizione “IVA assolta in dogana con documento doganale n…”.

La procedura in questione mira a scongiurare anche la possibilità che, in caso di mancata reimportazione nel territorio dello Stato, l’imposta sulla prestazione in questione non venga assolta.

L’Agenzia delle Entrate ha precisato inoltre che, qualora l’aliquota IVA del prodotto finito sia inferiore a quella ordinaria, si applicherà alla prestazione di lavorazione detta aliquota agevolata ex art. 16, co.3, DPR 633/1972, ai sensi del quale “per le prestazioni di servizi dipendenti da contratti d’opera, di appalto e simili che hanno per oggetto la produzione di beni (..), l’imposta si applica con la stessa aliquota che sarebbe applicabile in caso di cessione dei beni prodotti (..)”.

Peraltro, la sopradescritta procedura è idonea a risolvere il problema di una eventuale doppia imposizione anche con riferimento ad altre operazioni di natura doganale, ed in particolare le seguenti:

  • merce acquistata presso uno Stato extra-UE, sottoposta ad operazione di lavorazione/trasformazione in territorio extra-UE, e solo successivamente importata nella UE;
  • esportazione definitiva della merce al fine di una lavorazione/trasformazione in territorio extra-UE, senza trasferimento della proprietà, sulla scorta di una lista valorizzata ovvero di un documento di trasporto o di consegna – operazione non valida ai fini dell’art. 8 DPR 633/1972 – e successiva importazione nella UE.

Infine, per garantire uniformità di indirizzo nell’espletamento delle formalità doganali di reimportazione dei prodotti compensatori, ovvero di importazione di merce precedentemente sottoposta a lavorazione/trasformazione in territorio extra-UE, la dichiarazione doganale deve essere compilata con i seguenti accorgimenti:

  • la liquidazione dell’IVA deve avvenire nei modi ordinari ex art. 69 DPR 633/1972 ed il relativo ammontare deve essere indicato nella casella 47 del DAU, utilizzando il codice tributo 405 (imposta sul valore aggiunto relativa alle importazioni);
  • dall’ammontare a debito così determinato deve essere stornato l’ammontare dell’IVA relativa alla prestazione di lavorazione già assolta dal committente con il meccanismo del reverse charge, utilizzando a tal fine il codice tributo 407 da indicare nella casella 47 del DAU.

A tale riguardo, la tabella n. 15 allegata alla Circolare n. 45/D/2006, nella descrizione del codice tributo 407, deve considerarsi così integrata: “Imposta sul valore aggiunto non dovuta perché assolta ai sensi dell’art. 7-ter, comma 1, lett. a), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, da detrarre dal tributo 405”.

Nella casella 44 del DAU devono essere infine indicati gli estremi del documento presentato in dogana (autofattura ovvero fattura estera appositamente integrata dal committente nazionale), che attesta l’avvenuto assolvimento dell’IVA sulla prestazione di lavorazione.

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E-BOOK OPERAZIONI INTERNAZIONALI: online la versione 1.06

E’ disponibile sul sito del Commercialista Telematico l’e-book “OPERAZIONI INTERNAZIONALI”, versione 1.06 , sesto aggiornamento al  06/09/2011.

L’e-book conta ora oltre 360 pagine, rispetto alla prima uscita di 242 pagine.

Il prezzo dell’e-book è di 30,00 euro IVA inclusa

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In particolare nella versione 1.06 sono stati aggiornati:

– Cap. 1 (Introduzione e principi generali) con:

  • le aliquote IVA in vigore nella UE al 1° luglio 2011
  • il Reg. 282/2011/UE in vigore dal 1° luglio 2011
  • precisazioni dell’Agenzia Entrate (CM 37/E/2011) sulla Stabile Organizzazione e sul traffico di perfezionamento passivo;
  • precisazioni della CM 29/E/2011 ed altre risposte in tema di autofatturazione
  • la RM 80/E/2011 sul rappresentante fiscale
  • la RM 36/E/2011 e la Circolare Assonime n.13 del 02/05/2011 sull’applicazione del reverse charge per cellulari e componenti PC

– Cap. 2 (Esportazioni) con alcuni accorgimenti per gestire i rischi legati alle esportazioni, nonché con la trattazione delle procedure semplificate (domiciliata, semplificata, AEO, Esportatore autorizzato);

– Cap. 4 (Territorialità IVA prestazioni di servizi) con

  • chiarimenti della CM 37/E/2011
  • risposte delle CM 28/E/2011 e CM 29/E/2011 a diversi quesiti relativi alla territorialità

– Cap. 5 (Operazioni intra UE) con

  • la CM 39/E/2011 in materia di VIES
  • le indicazioni della CM 21/E/2011 in materia di controlli  e della CM 21/D/2011 in materia di indagini finanziarie e controlli sugli scambi intra UE
  • le attività di verifica poste in capo al prestatore del servizio ex Reg. 282/2011/UE in vigore dal 1° luglio 2011
  • le risposte della CM 28/E/2011 con la posizione dell’Agenzia delle Entrate in merito alla possibilità di effettuare alcune operazioni intra UE

– Cap. 6 (Sistema Intrastat), all’argomento viene dedicato un capitolo a parte per razionalizzare la trattazione e renderla più agevole:

  • ampliamento della trattazione delle rettifiche Intrastat

Cap. 7 (Triangolazioni) con le ultime sentenze della Cassazione in materia di non imponibilità in caso di trasporto del cessionario promotore

– Cap. 8 (Operazioni con Città del Vaticano e RSM) con il miglioramento della trattazione sulle operazioni con RSM

– Cap. 10 (Operazioni con i Paesi Black List) con le risposte

  • della CM 28/E/2011 a quesiti relativi all’obbligo di comunicazione;
  • della RM 71/E/2011 in merito ad alcune modalità di comunicazione

– Cap. 11 (Deposito doganale, accise, IVA) con:

  • risposte della CM 28/E/2011 sulla fatturazione delle spese di deposito IVA
  • integrazioni del Decreto Sviluppo alla disciplina dei depositi IVA

– Cap. 12 (Contenzioso doganale) con gli elementi da verificare nella bolletta doganale ai fini del controllo

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