CM 29/E/2011: MAP 26/05/2011 riflessi su operazioni internazionali

L’Agenzia delle Entrate ha emesso la [download id=”6671″] del 27 giugno 2011, recante le risposte a quesiti in occasione del MAP (Modulo Aggiornamento Professionale) del 26/05/2011.

Di seguito si riportano le risposte fornite in materia di operazioni internazionali:

2.3 AUTOFATTURA MENSILE CUMULATIVA

Domanda. Per servizi forniti dallo stesso prestatore nell’arco di un mese, è possibile emettere un’unica autofattura (in via opzionale), tenendo conto che nel mese non è avvenuto alcun pagamento di una o più delle prestazioni  che sarebbero inserite nell’ unica auto-fattura con indicazione distinta in allegato delle singole operazioni (v. CM 43/E/2010, quesito n. 6)?

Risposta. Nel caso di più servizi forniti dallo stesso prestatore non residente nell’arco temporale di un mese, il soggetto passivo nazionale può emettere – in via opzionale – un’autofattura anticipata rispetto al momento di effettuazione dell’operazione [che, relativamente alla prestazione di servizi, coincide con il pagamento del corrispettivo (CM 36/E/010)], ex art. 21, co.3, DPR 633/1972.  In questa ipotesi, l’autofattura dovrà riportare il totale delle prestazioni ricevute nel mese di riferimento, distinto per singola prestazione (CM 43/E/2010)

2.4 MODALITÀ DI REGISTRAZIONE DELL’AUTOFATTURA EX ART.17, CO. 2, DPR 633/1972

Domanda. L’autofattura ex articolo 17, co. 2 , DPR 633/1972 può essere registrata:

  • sul libro delle fatture emesse con continuità e sequenza di numerazione rispetto alle fatture emesse o con numerazione separata e registrazione per blocchi sezionali giornalieri;
  • sul libro degli acquisti con continuità e sequenza di numerazione rispetto alle fatture di acquisto o con numerazione separata e registrazione per blocchi sezionali giornalieri.

In sintesi, si ritiene che potrebbero anche non essere  utilizzati  dei registri ad hoc per le autofatture attive e per le autofatture passive, utilizzando gli stessi registri delle  fatture attive e delle fatture passive ed un’unica progressione numerica.

Risposta. L’art.17, co. 2, DPR 633/1972 prevede che  “gli obblighi relativi alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato da soggetti non residenti nei confronti di soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato…sono adempiuti dai cessionari o committenti”.Pertanto, in questa ipotesi, il cessionario/committente deve emettere un’autofattura in un unico esemplare (art.21, co.5, DPR 633/1972), ed annotarla sia sul registro delle vendite sia sul registro degli acquisti. Tale obbligo di registrazione delle autofatture può essere assolto  utilizzando dei registri sezionali, ovvero annotando i documenti sugli stessi registri  delle fatture di vendita e di acquisto, utilizzando, tuttavia, distinte progressioni numeriche e nel rispetto dell’ordine progressivo sequenziale di ciascuna seriazione. In questo caso, la prima pagina di ciascun registro dovrà contenere l’indicazione delle serie numeriche adottate (cfr., risoluzioni n. 480424 del 28 maggio 1987; n. 4503.58 del 30 luglio 1990).

3 IVA – IMMOBILE ALL’ESTERO – COSTI DI PROGETTAZIONE

Domanda. Ad un ingegnere residente in Italia è stata commissionata la progettazione di un complesso immobiliare in un Paese extra UE (Paese non black list)da parte di una società stabilita in Italia. Si chiede conferma che la fatturazione del progetto da parte del professionista incaricato sia fuori campo IVA ai sensi dell’articolo 7-quater del D.P.R. n. 633 del 1972, per mancanza del requisito  territoriale e quali siano gli adempimenti IVA per la società italiana committente.

Risposta. Con riferimento ai servizi in deroga di cui all’articolo 7-quater, co. 1, lettera a), merita rammentare in linea generale il principio, più volte ribadito dalla Corte di Giustizia UE, concernente il fatto che le disposizioni della direttiva che prevedono deroghe rispetto ai principi generali devono essere interpretate in maniera restrittiva (es. le sentenze n. C-49/09 del 28 ottobre 2010, n. C-86/09 del 10 giugno 2010, n. C-308/96 e n. C-94/97 del 22 ottobre 1998). Alla luce di tale principio deve essere analizzata la disposizione ex art. 7-quater, lettera a) citata che, come già avveniva fino al 31 dicembre 2009, ricomprende sia le perizie relative a beni immobili, che le prestazioni inerenti alla preparazione e al coordinamento dell’esecuzione dei lavori immobiliari. Tra queste ultime, si intendono ricomprese, in particolare, le prestazioni – rese da ingegneri, architetti o altri professionisti abilitati – relative alla progettazione e alla direzione di lavori immobiliari di uno specifico immobile, nonché quelle relative alla progettazione degli interni e degli arredamenti. Esulano dall’ambito applicativo della disposizione anzidetta, invece, la progettazione non riferita ad immobili specificamente individuati, e i servizi di consulenza e assistenza tecnica o legale che non afferiscono direttamente alla preparazione e al coordinamento dei lavori immobiliari, ancorché riferiti a un dato immobile. Si deve perciò ritenere che la progettazione, effettuata da un ingegnere, di un complesso immobiliare specificamente individuato e sito in un Paese non black listrientri nella deroga relativa agli immobili di cui all’articolo 7-quater, lettera a), e che la prestazione di servizi non sia territorialmente rilevante in Italia. Non è previsto alcun adempimento, ai fini IVA, per la società italiana committente.

>>>> Vedi anche le risposte della CM 28/E/2011 in materia di operazioni internazionali

CM 24/E/2011 SPESOMETRO: escluse operazioni con l’estero

Fonte: Eutekne.info

Autori: S. Cerato e M. Bana

Data: 08/06/2011

Recentemente, l’Agenzia delle Entrate, con la CM 24/E/2011, è intervenuta fornendo importanti chiarimenti in merito all’obbligo di comunicazione delle operazioni rilevanti ai fini IVA, di importo pari o superiore a 3.000 euro, introdotto dall’art. 21 del DL n. 78/2010, e successivamente attuato con provvedimento direttoriale del 22 dicembre 2010.

La CM 24/E/2011, contiene importanti chiarimenti, soprattutto con riferimento alle operazioni “con l’estero”. In particolare, nel confermare l’esclusione dall’obbligo di comunicazione delle esportazioni, di cui alle lett. a) e b) DPR 633/1972, “in quanto soggette all’obbligo di emissione della bolletta doganale, e, quindi, già conosciute all’Amministrazione finanziaria”, precisa che l’obbligo rimane fermo per le seguenti operazioni: le esportazioni “indirette”, di cui all’art. 8, comma 1, lett. c) DPR 633/1972, trattandosi di cessioni interne effettuate a favore di esportatori abituali, e le triangolazioni comunitarie, di cui all’art. 58 DL 331/1993, in quanto anch’esse sono operazioni interne, trattandosi di cessioni eseguite da un operatore nazionale a favore di altro soggetto IVA nazionale, con consegna dei beni direttamente da parte del primo cedente all’acquirente finale stabilito in altro Stato UE.

In merito alla prima categoria di operazioni, la precisazione dell’Agenzia è senz’altro corretta, in quanto lo stesso provvedimento direttoriale del 22 dicembre 2010 esclude espressamente le esportazioni di cui all’art. 8, lett. a) e b) DPR 633/1972, ossia quelle “dirette”, di cui alla lett. a), con trasporto a cura del cedente nazionale, nonché quelle di cui alla lett. b), con trasporto a cura del cessionario fuori dalla UE entro 90 giorni dalla consegna. In realtà, nell’ambito delle esportazioni di cui alla lett. a) vi sono pure quelletriangolari, nelle quali intervengono due operatori nazionali, e più precisamente: il primo cedente effettua una cessione interna, ma non imponibile, nei confronti di altro operatore nazionale (secondo cedente o promotore della triangolazione), con consegna diretta all’acquirente extra-UE ed il secondo cedente effettua un’esportazione non imponibile nei confronti del proprio cliente extra-UE.

Entrambe le suddette operazioni godono del regime di non imponibilità, e per entrambi i soggetti le operazioni stesse concorrono alla formazione dello status di esportatore abituale. A tale proposito, infatti, sia per il primo cedente, sia per il promotore della triangolazione, il beneficio della non imponibilità si realizza allorché si fornisca la prova dell’avvenuta uscita dei beni dal territorio della UE (con DAE o altro mezzo di prova equipollente).

Orbene, posto che l’esclusione dall’obbligo di comunicazione è giustificato dalla circostanza che le suddette operazioni sono già “monitorate”, si potrebbe sostenere che l’esclusione è concessa anche alla cessione interna (tra primo cedente e secondo cedente) nell’ambito delle operazioni triangolari, in quanto rientranti nel novero delle esportazioni non imponibili di cui all’art. 8, comma 1, lett. a) DPR 633/1972.

Da chiarire l’esclusione per la cessione interna in operazioni triangolari

Su tale aspetto, tuttavia, sarebbe opportuno un ulteriore intervento da parte dell’Amministrazione, anche alla luce del successivo chiarimento, riferito alle triangolari comunitarie (art. 58 DL 331/1993), per le quali l’obbligo di comunicazione si giustifica con l’assimilazione delle stesse (sia pure “ai soli fini del trattamento non imponibile Iva”) alle esportazioni.

A differenti conclusioni, come già anticipato, si deve pervenire per le triangolazioni comunitarie, ex art. 58 DL 331/1993, le quali, a differenza delle esportazioni, non sono soggette all’obbligo di indicazione negli elenchi INTRASTAT per quanto riguarda la cessione “nazionale” tra primo cedente e secondo cedente, e quindi non sono operazioni già conosciute da parte dell’Amministrazione finanziaria. Per le stesse resta quindi l’obbligo di comunicazione, e ciò sembra confermato dal successivo chiarimento contenuto nella CM 24/E/2011, riferito alle “operazioni effettuate e ricevute in ambito comunitario”. Le informazioni relative a tali informazioni, infatti, sono già contenute nei modelli INTRA e riscontrabili tramite il sistema VIES.

Resta ferma, a prescindere dall’obbligo di inclusione negli elenchi INTRASTAT, l’esclusione dall’obbligo di comunicazione delle prestazioni di servizi rese da operatori nazionali nei confronti di soggetti passivi d’imposta stabiliti in altri Paesi UE, fuori campo IVA, ex art. 7-ter DPR 633/1972, in quanto operazioni non rilevanti ai fini di detto tributo.

>>>> Vedi anche l’articolo precedente “CM 24/E/2011 SPESOMETRO: riflessi sulle operazioni internazionali”

OBBLIGO NOMINA RAPPRESENTANTE FISCALE: incompatibilità con libera circolazione capitali

Fonte: Eutekne.info

Autore: G. Odetto

Data: 6 maggio 2011

Sentenza Corte di Giustizia europea 5 maggio 2011 causa C-267/09: la Corte di Giustizia UE  ha ritenuto incompatibile con il principio di libera circolazione dei capitali l’obbligo di nomina del rappresentante fiscale dei soggetti non residenti ai fini delle imposte sui redditi.

Questo principio è stato stabilito relativamente a una controversia insorta con lo Stato portoghese, la cui legislazione tributaria (art.130) impone la nomina del rappresentante per i non residenti:

  1. in tutti i casi in cui vengano percepiti redditi soggetti a imposta, al fine della rappresentanza nei confronti dell’Amministrazione e dell’assolvimento degli obblighi tributari in Portogallo;
  2. all’atto dell’attribuzione del codice fiscale, sempre in Portogallo.

Il primo obbligo è stato ritenuto incompatibile con il diritto comunitario, in linea con la Commissione europea, che aveva aperto la relativa procedura di infrazione, in quanto i costi amministrativi per la nomina del rappresentante e la relativa retribuzione determinano un ostacolo idoneo a dissuadere le persone non residenti in Portogallo a investire in quello Stato (punto 37 della sentenza).

La Corte di Giustizia ha, in particolare, respinto le eccezioni avanzate dal Governo portoghese, stabilendo che l’obbligo di nomina del rappresentante eccederebbe quanto previsto in sede comunitaria al fine di reprimere le frodi tributarie; la presenza del rappresentante costituirebbe, in altre parole, una necessità dettata da una supposta “presunzione di evasione o frode fiscale” (punto 43 della sentenza), in quanto l’Amministrazione fiscale portoghese richiederebbe al rappresentante stesso dati e notizie relative al soggetto estero rappresentato, in caso di contestazioni. A confutazione di ciò, la Corte ha rilevato che tali poteri possono essere esercitati dall’Amministrazione stessa avvalendosi delle procedure di scambio di informazioni previste a livello internazionale.

LEGGE ITALIANA

Quali le possibili conseguenze della sentenza sulla legislazione italiana (v. art. 4, co. 2, DPR 600/1973, l’obbligo di nomina di un rappresentante per i rapporti tributari in Italia delle società ed enti esteri)?
In prima analisi, si potrebbe sostenere che si tratta di casi differenti, in quanto la legislazione portoghese prevede l’intervento del rappresentante anche nel pagamento, in nome e per conto del rappresentato, dell’imposta dovuta da quest’ultimo.

Si tratta, quindi, di una situazione che pare non perfettamente sovrapponibile al caso italiano, nel quale il rappresentante fiscale – ad esempio – non è obbligato a sottoscrivere la dichiarazione dei redditi italiana (anche se ne ha facoltà – v. istruzioni al modello UNICO 2011 SC, che contemplano tale figura tra quelle abilitate, con il codice 6).

In un’ottica più generale, tuttavia, si potrebbe argomentare come la norma possa presentare profili di incompatibilità se l’obbligo di nomina fosse da intendersi riferito a una figura che assuma responsabilità dirette nei confronti dell’Erario (come effettivamente avvenuto nel caso portoghese nella causa C-267/09), sicché gli unici obblighi potrebbero riguardare figure non investite da tali responsabilità, che agiscano in qualità di meri domiciliatari nei rapporti con l’Amministrazione, ferma restando la responsabilità degli organi amministrativi (anche se esteri) per le violazioni commesse..

TRIANGOLAZIONI EXPORT: non imponibile anche con trasporto del cessionario

Fonte: Eutekne.info

Autore: P. Centore e M. Peirolo

Data: 20/04/2011

La Cassazione, con sentenza 6898 del 25/03/2011, ha stabilito che nelle triangolazioni all’esportazione, la cessione dei beni tra i due operatori italiani si considera non imponibile IVA anche se i beni sono stati trasportati fuori della UE dal cessionario italiano.

Premessa: nelle esportazioni dirette, anche in triangolazione,  il cedente italiano deve dimostrare l’avvenuta esportazione della merce, oggetto di un unico trasporto, in territorio extra UE, per la non imponibilità IVA.

A tal fine, l’art. 8, co. 1, lett. a), DPR 633/1972 individua i mezzi di prova dal punto di vista formale, dato che – sul piano sostanziale – la detassazione dell’operazione esige che sia superata la presunzione di consegna dei beni nello Stato italiano.

Nelle triangolazioni, dove si verifica una cessione interna (da IT1 primo cedente >>> a IT2 promotore) e una cessione all’esportazione (da IT2 promotore >>> a ExtraUE destinatario finale), è necessario, per la non imponibilità tra i due operatori italiani – che la dogana apponga il  visto uscire, a seconda dei casi, sulla fattura di vendita o sul DDT ([download id=”6641″]): in tal modo la dogana, attraverso la vidimazione, attesta – a livello formale – la condizione “materiale” relativa al superamento della linea doganale comunitaria dei beni ceduti, ma non quella sostanziale, diretta ad evitare che i beni, entrando nella disponibilità del cessionario italiano, siano – di fatto – “consumati” nel territorio nazionale.

Quest’ultima condizione, esplicitata nella locuzione “a cura o a nome del cedente”, richiamata nell’art. 8, co.1, lett. a) DPR 633/1972 e poi estesa alle triangolazioni comunitarie ex art. 58 DL 331/1993, ha indotto l’Amministrazione finanziaria ad escludere il beneficio della non imponibilità quando il contratto di trasporto/spedizione sia stipulato dal cessionario anziché dal cedente ([download id=”6643″]).

A seguito della norma di interpretazione autentica ex art. 13, co. 1, L. 413/1991, risulta invece irrilevante il soggetto al quale sia intestata la fattura emessa dal vettore/spedizioniere e che effettua il relativo pagamento.

Sulla scorta della posizione espressa in precedenza dalla Cassazione (sent. n.4098/2000), l’orientamento della prassi amministrativa è stato ridimensionato, in modo che al cessionario sia impedito soltanto di entrare in possesso della merce da inviare fuori dall’Italia. In linea, infatti, con la ratio della norma che agevola, ai fini IVA, le cessioni verso Paesi “terzi”, la [download id=”6645″] ha chiarito che l’operatore italiano, promotore della triangolazione, può stipulare il contratto “su mandato ed in nome del cedente”, fermo restando che la merce deve essere ritirata direttamente dal vettore presso il primo cedente; in questo modo il cessionario agisce come mero intermediario del cedente, senza mai acquisire la disponibilità dei beni.

La giurisprudenza di legittimità sopra richiamata – confermata da ultimo con le sentenze nn. 6114/2009 e 6898/2011 – ha privilegiato il carattere oggettivo della detassazione, ribadendo che la triangolazione di beni a destinazione di un Paese comunitario o extracomunitario, per essere agevolabile anche nel primo passaggio (interno) dei beni, “non presuppone necessariamente che vi sia la prova che il trasporto all’estero sia avvenuto a cura e a nome del cedente, quanto piuttosto che, fin dalla sua origine e nella sua rappresentazione documentale, sia stata voluta come cessione nazionale in vista del trasporto a cessionario residente all’estero, nel senso che tale destinazione sia riferibile alla comune volontà degli originari contraenti”.

È in forza di questa impostazione che la Suprema Corte, nella sentenza n. 6898/2011, ha riconosciuto il beneficio della non imponibilità alla cessione interna dei beni destinati ad essere trasportati fuori della Comunità anche quando l’invio all’estero sia avvenuto utilizzando un automezzo di proprietà del cessionario italiano.

È dunque l’esistenza della triangolazione, desumibile dalla volontà delle parti, che garantisce la tutela del divieto di immissione in consumo in Italia, senza che abbia alcuna rilevanza il soggetto nella cui disponibilità rientrano i beni da trasportare/spedire all’estero. Questa conclusione è avallata dai principi sanciti dalla Corte di Giustizia UE (causa C-245/04, causa C-430/09), a proposito delle c.d. “vendite a catena”. Per i giudici comunitari, la detassazione, in caso di più vendite consecutive, è riconosciuta alla cessione interna dei beni oggetto di un unico trasporto dal Paese del primo cedente a quello (diverso) del cessionario finale, a prescindere dal soggetto – che quindi può ben essere il cessionario intermedio – che abbia la disponibilità della merce durante il trasporto verso il destinatario non residente.

La posizione della Cassazione, sostenuta dalla Corte UE, impone all’Agenzia delle Entrate la rivisitazione, in senso sostanziale, dell’interpretazione della locuzione “a cura o a nome del cedente” nelle triangolazioni ex art. 8 DPR 633/1972 e ex art. 58 DL 331/1993: non conta quindi il soggetto che stipula (o nel cui nome viene stipulato) il contratto di trasporto, quanto il fatto che il bene sia effettivamente trasferito all’estero, in dipendenza di un’operazione triangolare.