EXPORT: ventilazione corrispettivi con IVA teorica per esportatore abituale

Fonte: Eutekne.info

Data: 08/11/2012

Autore: M. Peirolo

Gli acquisti non imponibili non incidono sulla ripartizione dei corrispettivi delle operazioni attive, annotati senza distinzione di aliquota

Può accadere che l’esportatore abituale, come definito dall’art. 1, comma 1, lett. a), del DL n. 746/1983, svolga, allo stesso tempo, una doppia attività, nella specie di commercio al minuto e di commercio all’ingrosso.
In tale ipotesi, l’IVA deve essere determinata separatamente, ex art. 36, comma 4, del DPR n. 633/1972, se il commercio al minuto, avente ad oggetto la vendita di beni soggetti ad aliquote diverse, è esercitato con il metodo della c.d. “ventilazione dei corrispettivi”, regolato dal DM 24 febbraio 1973.

La situazione presa in considerazione è quella dell’operatore che ha assunto lo status di esportatore abituale siccome l’attività di commercio all’ingrosso è prevalentemente diretta almercato estero e, quindi, per le corrispondenti vendite, ha maturato il c.d. “plafond”, da “spendere” per acquistare beni e servizi senza applicazione dell’imposta ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. c), del DPR n. 633/1972.
La qualifica di esportatore abituale prescinde dalla destinazione dei beni acquistati all’una o all’altra attività, essendo riferita al soggetto passivo unitariamente inteso, tant’è che – in caso di separazione delle attività – il suddetto status è determinato in riferimento al volume d’affari complessivo (domestico e non).

Può così verificarsi che i beni acquistati senza IVA siano destinati, in tutto o in parte, all’attività di commercio al minuto, soggetta alla semplificazione contabile prevista dall’art. 24, comma 3, del DPR n. 633/1972, che consente di registrare i corrispettivi delle vendite non documentati da fattura senza distinzione di aliquota e con successiva ripartizione (c.d. “ventilazione”), ai fini dello scorporo dell’imposta, in proporzione agli acquisti effettuati nell’anno.

Ebbene, gli acquisti non imponibili, ossia ad “aliquota zero”, non incidono sulla ripartizione dei corrispettivi delle operazioni attive, annotati senza distinzione per aliquota.
Deve, infatti, escludersi che la “preminenza” dello status di esportatore abituale rispetto al duplice regime contabile adottato, di separazione delle attività prima e di “ventilazione dei corrispettivi” dopo, si traduca, a valle, nell’esonero, in tutto o in parte, dell’IVA dovuta sulle vendite interne, imponibili per natura. Il metodo della “ventilazione”, in particolare, rappresenta una semplificazione contabile che non può prestarsi ad essere utilizzata per ridurre o azzerare il debito IVA, anche perché provocherebbe inevitabili distorsioni della concorrenza a danno degli operatori che non adottano tale metodo e/o che siano privi della qualifica di esportatore agevolato.

Per queste ragioni, in assenza di una deroga espressamente prevista, la ripartizione dei corrispettivi dovrebbe avvenire in base alle “aliquote teoriche” applicabili ai beni acquistati. Rispetto alle fatture passive non riportanti l’addebito dell’imposta, il rivenditore, in sede di registrazione degli acquisti, deve pertanto individuare le aliquote teoriche e tenerne memoriaai fini della “ventilazione” dell’ammontare globale dei corrispettivi di vendita da eseguire per ciascun periodo di liquidazione dell’imposta.

Diverso il caso dell’esportatore abituale in regime di pro rata

Si rileva, dunque, una differenza rispetto al caso dell’esportatore abituale in regime di pro rata per la presenza contemporanea di operazioni imponibili e di operazioni esenti. In tale ipotesi, infatti, è soltanto in sede di dichiarazione annuale che si determina, in via definitiva, l’IVA ammessa in detrazione, tenendo conto dell’IVA teorica (da indicare nel rigo VF35) relativa agli acquisti effettuati senza pagamento dell’imposta per effetto dell’utilizzo del plafond.

Similmente, per i passaggi interni di beni da un’attività all’altra, cioè dall’attività di commercio al minuto soggetta a “ventilazione” a quella di commercio all’ingrosso o viceversa, l’art. 36, comma 5, del DPR n. 633/1972 dispone che l’IVA non è dovuta, ma i passaggi stessi devono essere registrati, in base al corrispettivo di acquisto dei beni, entro il giorno festivo successivo a quello del passaggio. L’IVA teorica dei beni acquistati spendendo il plafondinfluisce non solo sulla registrazione, ma anche sul rapporto di composizione degli acquisti di cui all’art. 3 del DM 24 febbraio 1973.

PLAFOND: status di esportatore abituale anche senza dichiarazione annuale IVA

L’esportatore abituale non perde il diritto ad effettuare acquisti senza applicazione dell’IVA se ha omesso di presentare la dichiarazione IVA per l’anno precedente, ma può comunque dimostrare di aver compiuto l’anno prima le operazioni  che gli attribuiscono lo status di esportatore abituale. Lo ha stabilito la C.T. R. di Torino, con sentenza  69/26 del 22 settembre 2011.

Ex art. 8, co.1, lett. c), e co.2, DPR 633/1972, gli esportatori abituali possono effettuare acquisti di beni e servizi nello Stato e importazioni di beni dall’estero senza applicazione dell’IVA, a condizione che i beni acquistati siano destinati ad  essere esportati come tali o previa trasformazione, lavorazione e simili e che i servizi siano inerenti a tali operazioni. Tale beneficio della non applicazione dell’IVA spetta entro un plafond, costituito dall’ammontare complessivo delle operazioni con l’estero (esportazioni  dirette  e  indirette, operazioni assimilate, servizi internazionali e operazioni intracomunitarie) che l’esportatore abituale ha registrato:

  • per  l’anno solare precedente (plafond fisso),
  • oppure, su opzione, per i dodici mesi precedenti (plafond mobile).

Per potersi avvalere del regime di non imponibilità sugli acquisti, nel limite del plafond, è necessario:

  • lo status di esportatore abituale se, ex art. 1 DL 746/1983, l’ammontare dei corrispettivi delle cessioni all’esportazione effettuate (art.8 lett. a) e b) DPR 633/1972), registrate nell’anno precedente, è superiore al 10% del volume d’affari  escluse le cessioni di beni in transito o depositati nei luoghi soggetti a vigilanza doganale;
  • che il contribuente che intende avvalersi della facoltà di effettuare acquisti o importazioni senza applicazione dell’imposta consegni o spedisca al fornitore o prestatore una dichiarazione d’intento.

Nel caso specifico oggetto della sentenza, l’Ufficio aveva emesso un avviso di accertamento nei confronti di un contribuente che aveva effettuato acquisti in regime di non imponibilità, ma non aveva presentato la dichiarazione annuale IVA relativa all’anno precedente, da cui si sarebbe potuto desumere il possesso dei requisiti per qualificarsi come esportatore abituale: l’Amministrazione finanziaria, pertanto, aveva disconosciuto il diritto a effettuare tali acquisti in regime di non imponibilità e aveva così determinato la maggiore IVA dovuta.

Il contribuente impugnava l’accertamento, allegando documentazione consistente in un elenco riepilogativo delle cessioni intracomunitarie effettuate l’anno precedente, rilasciato dall’Agenzia delle Dogane, dimostrando con tale materiale probatorio, di aver effettuato l’anno prima le operazioni necessarie a consentirgli di assumere la qualifica di esportatore abituale e di poter beneficiare, quindi, del regime di non imponibilità sugli acquisti dell’anno accertato: tale tesi veniva accolta dalla C.T.P. (primo grado).

L’Ufficio ricorre in appello, affermando che il diritto all’utilizzo del plafond IVA spetta solo ai soggetti che, oltre ad essere in possesso dei requisiti sostanziali, abbiano anche adempiuto alle formalità richieste dalla legge, tra cui la presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno precedente a quello a cui si riferisce l’utilizzo del plafond.

La C.T.R. (secondo grado) non ha condiviso tale assunto, stabilendo che la mancata presentazione della dichiarazione IVA dell’anno precedente non esclude dal beneficio in oggetto, e riferendosi a una sentenza della Cassazione (sentenza n. 9028/2011) che stabilisce che la sussistenza del diritto ad effettuare acquisti in regime di non imponibilità deve desumersi dal comportamento “concreto” del contribuente, purché verificabile.

Nel caso di specie, lo stesso Ufficio aveva accertato il volume d’affari del contribuente nell’anno precedente; inoltre, dalla documentazione rilasciata dall’Agenzia delle Dogane si desumeva l’ammontare complessivo delle operazioni rilevanti ai fini del plafond: in base a  tali dati, risultava chiaramente che il contribuente nell’anno precedente aveva effettuato cessioni intracomunitarie per il 47,42% del suo volume d’affari, dandogli così la qualifica di esportatore abituale per l’anno dopo (oggetto di accertamento).

Si precisa però che il riferimento alla sentenza della Cassazione fatto dalla C.T.R. di Torino parla di una fattispecie diversa rispetto all’omessa presentazione della dichiarazione IVA dell’anno prima: la Cassazione infatti, con tale pronuncia, ha solo stabilito che l’opzione per il plafond mobile, se omessa nel quadro VC della dichiarazione annuale IVA, può comunque desumersi per comportamento concludente.