DEPOSITI IVA: valore aggiunto sospeso in garanzia

Fonte: Fisco Oggi

Data: 26/07/2011

Autore: G. Quagliana

L’Europa chiede, l’Italia risponde con un pegno per evitare il rischio dovuto al mancato pagamento dell’imposta.

La strategia di contrasto alle frodi IVA si arricchisce di un nuovo strumento. Infatti, con decorrenza 13 luglio, data di entrata in vigore della legge 106/2011, che ha convertito con modifiche il DL 70/2011, sono state introdotte nuove regole per quanto riguarda l’immissione nei depositi IVA, senza il pagamento dell’imposta, delle merci di provenienza extracomunitaria immesse in libera pratica.

La norma si inserisce in un contesto delicato (quello dell’immissione in libera pratica di beni extracomunitari), che è stato spesso oggetto di abusi e ha generato fenomeni di evasione IVA per importi considerevoli. La pericolosità fiscale di questa tipologia di operazioni è dovuta al fatto che l’istituto dell’immissione in libera pratica di beni nel territorio della UE prevede che l’introduzione di tali beni avvenga, a differenza delle altre importazioni, senza il pagamento immediato dell’IVA, la quale viene di fatto sospesa. Si tratta di una pratica commerciale particolare, per cui la merce che entra nel territorio comunitario, non essendo destinata al consumo nel Paese dell’importazione, non è soggetta al versamento dell’IVA che, di fatto, viene rinviato in un momento successivo, cioè quello dell’effettivo utilizzo del bene nel Paese in cui i beni sono realmente destinati.

Al momento dell’introduzione nel territorio comunitario, le uniche somme richieste dall’Amministrazione fiscale riguardano i dazi doganali all’importazione, per la cui riscossione è competente l’Agenzia delle Dogane.

In questo contesto, la novità normativa consiste nel fatto che ogni operatore, ogni qual volta effettui operazioni di immissione in libera pratica di beni destinati a essere introdotti in un deposito IVA, deve necessariamente prestare un’idonea garanzia commisurata all’imposta dovuta. Si tratta di un onere a cui devono sottoporsi gli operatori commerciali per poter usufruire dell’agevolazione consistente nel mancato pagamento dell’imposta al momento di introduzione del bene nel territorio comunitario.

Soltanto in alcuni casi residuali la garanzia non è dovuta. Si tratta di determinate categorie di operatori: coloro che sono certificati ai sensi dell’articolo 14-bis del regolamento Cee 2454/93 e quelli esonerati ai sensi dell’articolo 90 del Testo unico delle disposizioni in materia doganale (Dpr 43/1973).

Va detto che il legislatore italiano, nell’emanazione della nuova norma, ha risposto a una esigenza molto sentita a livello comunitario. La Commissione europea, infatti, negli ultimi anni, aveva trattato ripetutamente, nel corso di seminari e gruppi di lavoro, i rischi fiscali connessi all’immissione in libera pratica di beni extra UE. A tal proposito, tra le raccomandazioni impartite agli Stati membri, era menzionata anche la possibilità di richiedere agli operatori del settore il rilascio di una idonea garanzia a copertura del rischio dovuto al mancato pagamento dell’imposta.

La norma, nel far proprio l’indirizzo operativo espresso dall’organo comunitario, ha previsto che la garanzia prestata dall’operatore per l’IVA dovuta, che tecnicamente è esposta nella dichiarazione ma non viene riscossa, deve essere rilasciata all’ufficio doganale competente all’ingresso della merce nel territorio comunitario.

Dal punto di vista sostanziale, la disposizione va a incidere sul rapporto che esiste tra la garanzia prodotta al momento dell’importazione e l’assolvimento dell’IVA all’estrazione dei beni dal deposito. Infatti, è previsto che, per poter svincolare la garanzia, l’operatore che procede all’estrazione dei beni deve comunicare al gestore del deposito IVA i dati relativi alla liquidazione dell’imposta connessa all’estrazione del bene.

Questo significa che, nel caso in cui l’importatore e l’estrattore dei beni sono persone diverse, colui che ha importato i beni, e pertanto ha prestato garanzia, vede subordinato lo svincolo della stessa a un adempimento di un altro operatore che potrebbe non conoscere. Ciò è reso possibile dalla logica di funzionamento dei depositi IVA, la cui funzione è quella di permettere che i beni introdotti nei depositi vengano facilmente scambiati tra vari operatori, sempre senza pagamento di IVA.

Nella situazione descritta, è frequente il caso in cui l’ultimo cessionario, colui che deve liquidare l’imposta, non ha alcun rapporto commerciale con l’operatore, che tuttavia continua a essere il garante dell’IVA acquisita a titolo di cauzione dalle Dogane, fino al momento dello svincolo della garanzia.

DEPOSITI DOGANALI E ACCISE EQUIPARATI AI DEPOSITI IVA

Fonte: eutekne.info

Data: 25/07/2011

Autore: S. Cerato e M. Bana

La L. n. 106/2011 di conversione del DL n. 70/2011 (Decreto Sviluppo) ha apportato alcune significative integrazioni alla disciplina dei depositi IVA prevista dall’art. 50-bis DL 331/1993.

Il regime prevede la facoltà di effettuare delle operazioni senza versare l’imposta, qualora correlate all’introduzione in depositi istituiti per custodire beni nazionali e comunitari che non siano destinati alla vendita al minuto nei locali di conservazione degli stessi. Sul punto, il Decreto Sviluppo ha meglio precisato alcune assimilazioni contenute nel comma 1, stabilendo che sono equiparati a quelli IVA alcuni tipi specifici, e non più generici, di depositi:

  • fiscali ex art. 1, co. 2, lett. e), D.Lgs. 504/1995 (Testo Unico Accise), quali gli impianti in cui vengono fabbricati, trasformati, detenuti o spediti prodotti soggetti ad accisa, in regime di sospensione dei diritti di accisa, alle condizioni stabilite dall’Amministrazione Finanziaria;
  • doganali ex art. 525, secondo paragrafo, Reg. CEE n. 2454/1995, contrassegnati dalle lettere “C”, “D” – riguardanti l’immissione in libera pratica secondo la procedura di domiciliazione, che può fondarsi sulla specie, sul valore in dogana e sulla quantità di merci da prendere in considerazione al momento del loro vincolo al regime – ed “E”.

Un’ulteriore rilevante novità è rappresentata dall’introduzione dell’obbligo della prestazione di idonea garanzia, commisurata all’imposta, con riferimento alle operazioni ex art. 50-bis, co. 4 DL 331/1993, ovvero di immissione in libera pratica di beni non comunitari destinati ad essere introdotti in un deposito IVA. L’adempimento non deve, tuttavia, essere assolto dagli operatori economici autorizzati, titolari del certificato “AEO”, rilasciato ex art. 14-bis Reg. CEE n. 2454/1993.
Analogamente, sono esclusi gli esonerati ex art. 90 DPR 43/1973 (TULD), per effetto del quale l’Amministrazione finanziaria può dispensare, tra l’altro, le imprese di notoria solvibilità dall’obbligo di prestare cauzione per i diritti doganali gravanti sui beni propri o di terzi che formano oggetto delle operazioni doganali da essere effettuate, in tutti i casi in cui tale obbligo è previsto. Ferma restando la facoltà di revoca in qualsiasi momento, qualora sorgano fondati dubbi in ordine alla solvibilità del contribuente, che è, conseguentemente, tenuto a prestare la garanzia, relativamente alle operazioni in corso, entro cinque giorni dalla notifica del provvedimento di decadenza dall’esonero.

Il Decreto Sviluppo ha, inoltre, stabilito un adempimento transitorio, efficace sino al completamento dell’integrazione delle informazioni contenute nelle banche dati delle Agenzie fiscali, da definirsi, successivamente, con un provvedimento del Direttore delle Dogane, di concerto con quello delle Entrate: è stato, infatti, aggiunto un periodo all’art. 50-bis, co. 6 DL 331/1993, per effetto del quale il soggetto che procede all’estrazione dei beni è tenuto a comunicare al gestore del deposito IVA i dati relativi allaliquidazione dell’imposta, anche ai fini dello svincolo della predetta garanzia.
Tali dati devono, inoltre, essere conservati ex art. 39 DPR 633/1972, unitamente agli altri documenti assunti a base dell’introduzione e dell’estrazione dei beni, nonché a quelli relativi agli scambi eventualmente intervenuti durante la giacenza dei beni nel deposito stesso.

A questo proposito, si rammenta, infine, che la medesima disciplina opera con riferimento al registro di cui al successivo art. 53, co. 3, obbligatoriamente istituito per evidenziare le informazioni ex art. 3 DM 419/1997:

  • il numero e la specie dei colli;
  • la natura, la qualità e la quantità delle merci;
  • il corrispettivo o, in mancanza, il valore normale dei beni;
  • il luogo di provenienza e destinazione dei beni introdotti e di quelli estratti;
  • il soggetto per conto del quale è effettuato l’inserimento o il prelievo delle merci.

ACCISE: obbligo del Documento Amministrativo Elettronico (e-AD) dal 1° gennaio 2011

Fonte: Fisco Oggi

Autore: G. Di Muro

Data: 31/12/2010

Obbligatoria la procedura con una comunicazione elettronica per i prodotti in sospensione di accisa

A indicarlo la Commissione europea che, nei giorni scorsi, ha diramato una nota con cui conferma la piena operatività del sistema a partire dal 1° gennaio 2011. A stabilire l’utilizzo dell’ e-AD, questo il nome tecnico del documento telematico che prende il posto della tradizionale bolla cartacea AAD, è l’EMCS (Excise Movement and Control System). Il progetto europeo, che dal 1° gennaio coinvolgerà tutti gli Stati membri dell’Unione, è stato ideato per controllare gli scambi di tutti i prodotti soggetti ad accisa come alcool, bevande alcoliche, tabacchi e idrocarburi. Dal 1° aprile 2010, l’EMCS ha sostituito il documento amministrativo di accompagnamento, in sigla AAD. Al suo posto una serie di messaggi elettronici trasmessi dal mittente al destinatario attraverso le Amministrazioni dei singoli Stati membri dell’Unione europea. La procedura, operativa sin da allora, ha previsto nel periodo transitorio una adesione graduale che ha visto protagonisti per primi Austria, Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lituania, Lussemburgo e Lettonia e che da domani sarà obbligatoria per tutti gli Stati dell’Unione europea.

Il controllo sulle movimentazioni
Due sono i momenti che caratterizzano, secondo la normativa comunitaria, il processo impositivo delle accise, le imposte che gravano sulla produzione e il consumo di beni come tabacchi, alcol e idrocarburi. La prima fase dell’obbligo tributario inizia con la fabbricazione o l’importazione mentre la seconda (esigibilità dell’imposta) con l’immissione in commercio del prodotto. Nella fase transitoria sui beni non viene riscosso alcun tributo e la funzione del sistema di monitoraggio è di permettere agli Stati membri di controllare i movimenti delle merci per verificare che l’imposta sia applicata nell’ultima fase ovvero la destinazione finale. Il documento che segue le merci nelle movimentazione sino alla destinazione finale sarà dal 1° gennaio il documento amministrativo elettronico e-AD.

Come funziona il nuovo sistema
Il documento amministrativo elettronico e-AD, che sostituisce il documento amministrativo di accompagnamento, rappresenta il fulcro del nuovo sistema di monitoraggio Emcs. L’e-AD, nell’ipotesi di un movimento di prodotti soggetti ad accisa tra i detentori di magazzino o tra un depositario e un operatore registrato, è disposta dal mittente e presentato alla Amministrazione nazionale. L’Amministrazione convalida l’e-AD sulla base del numero di registrazione del mittente e del destinatario. Dopo la convalida, all’e-AD viene attribuito un codice unico di riferimento denominato ARC (codice di riferimento amministrativo) e restituito al mittente.

La normativa comunitaria: il documento elettronico
Ad aprire la strada alla dematerializzazione dei documenti di accompagnamento la decisione 1152/2003/CEE del Parlamento europeo e del Consiglio che introduce il documento elettronico (e-da) gestito dal sistema di controllo Emcs in sostituzione del documento di accompagnamento cartaceo (Daa). A seguire la direttiva Ue 118/2008/CEE del 16 dicembre 2008 (G.U.  9/L del 14/01/2009) e il Regolamento  (CE) n. 684/2009 del 24 luglio 2009 (GU L n. 197 del 29/7/2009). Condizioni, regole, tabelle utili alla costruzione del tracciato record che costituisce il documento elettronico e-da, casi particolari, operatori interessati alle transazioni di prodotti in sospensione di accisa. Sono alcuni egli elementi contenuti nel Regolamento Ue n. 684/2009 che detta le modalità e le caratteristiche del documento elettronico (e-da).

La telematica per semplificare gli adempimenti
La funzione basilare del nuovo sistema è di permettere agli operatori che ricevono un prodotto in sospensione di accisa accompagnato dal documento elettronico la chiusura dell’operazione con un messaggio elettronico che andrà a sostituire la firma e la restituzione al mittente della terza copia del Daa cartaceo. Il progetto europeo è il risultato di un iter legislativo che, attraverso una opportuna modifica della normativa comunitaria, mira ad avvalersi della telematica per semplificare gli adempimenti e realizzare, come ha ricordato la Commissione europea, una efficace strategia di contrasto al fenomeno delle frodi sulle accise.

I vantaggi del sistema
Secondo stime delle autorità comunitarie sono più di 100mila gli operatori professionali coinvolti nel nuovo sistema mentre ammontano a 4,5 milioni i prodotti in sospensione di accisa movimentati ogni anno. In questo contesto il nuovo progetto dovrebbe contribuire a ridurre gli oneri finanziari e amministrativi che, periodicamente, sono tenuti ad affrontare. Altrettanto importanti in questo contesto si rivelano i vantaggi del nuovo sistema. In particolare:

  • impossibilità di manipolare i documenti cartacei (creazione, gestione e archiviazione);
  • convalida in tempo reale dell’eAD con la conseguente assicurazione che il destinatario è autorizzato a ricevere le merci e riduzione al minimo del rischio di trasmettere dati errati;
  • integrazione del trattamento dati con gli attuali sistemi informatici (software ERP);
  • rilascio in tempo reale della garanzia grazie allo scarico tempestivo del movimento;
  • monitoraggio in tempo reale dei movimenti;
  • scambio di dati tra tutte le parti coinvolte nel processo (operatori professionali e amministrazioni).