INTRA UE: autorizzazione VIES estesa ai servizi intra – manifestazione di volontà entro il 29 gennaio

Arrivano i primi chiarimenti sull’autorizzazione ad effettuare operazioni intracomunitarie.

Nel Forum Italia Oggi del 14 gennaio, l’Agenzia Entrate ha chiarito, tra l’altro, quanto segue in merito al regime di autorizzazione e diniego ad effettuare operazioni intracomunitarie introdotto dall’art. 27 del DL 78/2010 (che integra l’art.35, co.2, lett. e – bis) DPR 633/1972).

AMBITO DELL’AUTORIZZAZIONE

Tale regime sembrerebbe circoscritto alle “operazioni intracomunitarie di cui al Titolo II, Capo II, del DL 331/1993″,  e quindi, alle sole cessioni ed acquisti di beni.

A tal proposito, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito – anche ad integrazione dei provvedimenti n. 188376 e 188381 del 29 dicembre 2010  – che la preventiva manifestazione di volontà ad effettuare operazioni intracomunitarie deve essere espressa anche dai contribuenti che effettuano o intendono effettuare solo prestazioni di servizi intracomunitarie.

La norma è stata infatti  introdotta a seguito del Regolamento UE del 7 ottobre 2010, n. 904 in materia di contrasto alle frodi IVA, che ”non distingue tra soggetti che effettuano forniture intracomunitarie di beni o prestazioni intracomunitarie di servizi”. L’obiettivo dell’Agenzia è quindi di rendere il più completo possibile il sistema VIES, che raccoglie le partite IVA degli operatori dei vari Stati membri, per effettuare un monitoraggio continuo sugli stessi.

MANIFESTAZIONE DI VOLONTA’

In secondo luogo l’Agenzia delle Entrate ha chiarito il seguente aspetto, (provvedimento n. 188376), in ordine all’inclusione nel VIES dei contribuenti che si trovano nelle condizioni di essere esclusi, e presentano apposita istanza di autorizzazione.

Se al 28 febbraio 2011, termine della procedura di esclusione degli operatori preesistenti:

  • sono già passati 30 giorni dalla domanda di inclusione da parte del richiedente, esso permarrà senza soluzione di continuità nel VIES, potrà effettuare operazioni intra UE, e sarà soggetto ad una prima valutazione dei dati entro il 31 luglio 2011.
  • non sono ancora passati 30 giorni dalla domanda di inclusione, il contribuente sarà contestualmente “escluso dall’archivio, per poi essere nuovamente ammesso al 31° giorno dalla presentazione della medesima istanza, in mancanza di diniego”.

In entrambi i casi saranno attivate le procedure di verifica previste in base ai risultati della valutazione del rischio, secondo i criteri individuati dal provvedimento n. 188381.

La data del 29 gennaio 2011 (N.B. 30 giorni prima del 28 febbraio) costituisce quindi un importante spartiacque per gli operatori che intendono porre in essere operazioni con soggetti economici UE, pena il rischio di esclusione della propria partita IVA dal VIES.

Si precisa infine che l’Agenzia delle Entrate distingue ai fini dell’autorizzazione tre differenti categorie di operatori economici, titolari di partita IVA, per i quali gli adempimenti saranno differenti:

  1. titolari di partita IVA concessa fino al 30 maggio 2010 (categoria più ampia);
  2. titolari di partita IVA concessa dal 31 maggio 2010 al 28 febbraio 2011;
  3. titolari di partita IVA concessa dal 1° marzo 2011 in poi.

INTRA UE: necessaria l’autorizzazione per effettuare operazioni intracomunitarie

L’Agenzia delle Entrate, con la consueta mancanza di rispetto verso chi lavora, emana l’ennesimo atto sotto le ferie natalizie.

Si riporta il riferimento, presente sul sito dell’Agenzia, al Provvedimento del 29/12/2010 in materia di autorizzazione all’effettuazione di operazioni intracomunitarie.

E’ stato introdotto, con il decreto legge 78/2010, l’obbligo di dichiarazione di volontà per i soggetti che intendono effettuare operazioni intracomunitarie. Lo scopo è digarantire, in linea con le sollecitazioni espresse dalla Commissione europea in materia di contrasto alle frodi, un monitoraggio continuo dei soggetti che hanno espresso la volontà di porre in essere operazioni intracomunitarie e che sono stati conseguentemente inseriti nell’archivio dei soggetti autorizzati alle operazioni intracomunitarie (cosiddetto VIES).

Con i provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate del 29/12/2010 sono state definite le modalità di diniego o revoca dell’autorizzazione – pdf per effettuare operazioni intracomunitariee i criteri di inclusione delle partite Iva nell’archivio informatico dei soggetti autorizzati – pdf a porre in essere operazioni intracomunitarie.

Il Regolamento (UE) del 7 ottobre 2010, n. 904/2010 – pdf, ha ulteriormente rafforzato l’azione di contrasto al fenomeno delle frodi Iva, prevedendo che gli Stati membri adottino le misure necessarie per garantire che i dati forniti dai contribuenti per registrarsi ai fini dell’Iva siano completi e esatti. In particolare, il regolamento prevede che gli Stati membri attuino procedure di verifica in base ai risultati della loro valutazione del rischio.

Sui dati relativi ai contribuenti che intendono effettuare operazioni intracomunitarie, quindi, vengono attivate specifiche procedure di verifica in base ai risultati della valutazione del rischio, secondo i criteri individuati dal direttore dell’Agenzia, che sono effettuate, in linea di massima, prima della inclusione nell’archivio dei soggetti autorizzati alle operazioni intracomunitarie o, qualora prima della inclusione sia possibile effettuare solo verifiche preliminari, entro sei mesi dalla stessa. Questi criteri di valutazione del rischio potranno comunque essere elemento utile di segnalazione anche per l’avvio dell’attività ordinaria di controllo.

EVASIONE IVA SU IMPORTAZIONI: perseguibile anche il detentore delle merci

Si riporta la seguente sentenza in materia di evasione IVA all’importazione

Fonte: Fisco Oggi

Autore: S. Servidio

Data: 16/12/2010

SENTENZA Cassazione 42161 del 29/11/2010

Il reato di evasione dell’IVA all’importazione (articoli 67 e 70 DPR 633/1972) è configurabile non soltanto a carico dei soggetti che hanno importato la merce assoggettata al tributo, ma anche a carico di chi semplicemente la detiene dopo l’importazione.

Il fatto
La vicenda processuale si sviluppa con l’impugnazione in Cassazione della sentenza di Corte d’appello che aveva confermato la condanna di primo grado inflitta a due coniugi per avere contrabbandato alcuni chilogrammi di tabacchi lavorati esteri (TLE) e per avere sottratto gli stessi al pagamento dell’IVA all’importazione (art. 291-bis DPR 43/1973 e art. 70 DPR 633/1972).
Nei ricorsi di legittimità gli imputati denunciavano, tra l’altro:

  1. violazione di legge sulla loro affermazione di responsabilità in quanto sarebbe mancata – sostenevano – la prova effettiva che la merce de qua fosse detenuta da entrambi i coniugi
  2. vizi di motivazione sulla configurabilità del reato di omesso versamento IVA, il quale sussisterebbe soltanto nei confronti dell’operatore dell’importazione, mentre nel caso di specie sarebbe ravvisabile soltanto una “mera detenzione” successiva all’introduzione del bene nel territorio nazionale, perciò esclusa da sanzione.

La decisione della Cassazione
La Corte di cassazione ha respinto il primo motivo (violazione di legge) e accolto il secondo (motivazione insufficiente), rettificando la portata della tesi sostenuta dagli imputati.
Riguardo al primo rilievo, è risultata ineccepibile la motivazione della sentenza impugnata, basata sugli elementi probatori emersi inequivocabilmente a carico degli imputati. Non è, quindi, passibile di censura il ragionamento dei giudici che hanno correttamente ritenuto che la presenza del tabacco rinvenuto nell’abitazione dei coniugi denotava compartecipazione nella detenzione della merce di provenienza estera (peraltro sottratta alla tassazione in importazione).

La sentenza ricostruisce così, in primo luogo, la natura del tributo, osservando che l’IVA dovuta all’importazione costituisce uno dei diritti di confine, “avendo natura di imposta di consumo a favore dello Stato, la cui imposizione e riscossione spetta alla dogana in occasione della relativa operazione d’importazione” (art. 34 DPR 43/1973), che disciplina proprio i diritti doganali e i diritti di confine (Cassazione 6823/1999).

Così, il reato di evasione di questo specifico tributo non è limitato all’ipotesi dell’introduzione della merce nel territorio doganale comunitario, ma si configura in tutti i casi in cui c’è sottrazione all’obbligo di pagamento dei diritti di confine o al compimento delle formalità doganali (cfr Cassazione 16860/2010), considerato che l’articolo 70 della Dir 2006/112/CE prevede che il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile nel momento in cui è effettuata l’importazione dei beni.

Inoltre, prosegue il ragionamento della Cassazione, è proprio la disciplina doganale (artt. 202 e 203 Reg. CE 2913/1992) non prevede come fatto che produce l’obbligazione doganale la sola introduzione della merce nel territorio comunitario: l’obbligazione doganale sorge infatti anche in seguito alla sottrazione al controllo doganale di una merce soggetta a dazi d’importazione.

Sono perciò soggetti alla norma:

  • la persona che ha sottratto la merce al controllo doganale
  • le persone che hanno partecipato a tale sottrazione sapendo o dovendo sapere che si trattava di una sottrazione di merce al controllo doganale
  • le persone che hanno acquisito o detenuto tale merce e sapevano o avrebbero dovuto sapere, quando l’hanno acquisita o ricevuta, che si trattava di merce sottratta al controllo doganale
  • la persona che deve adempiere agli obblighi che comporta la permanenza della merce in custodia temporanea o l’utilizzazione del regime doganale al quale la merce è stata vincolata.

Sul medesimo argomento, la Suprema corte aveva sostenuto (sentenza 19514/2004) che il reato di evasione dell’IVA all’importazione, ex artt. 67 e 70 DPR 633/1972, è configurabile soltanto a carico dei soggetti che hanno importato la merce assoggettata al tributo e non anche di chi semplicemente la detiene dopo l’importazione, atteso che il rinvio espressamente operato ex art. 70 alle disposizioni delle leggi doganali relative ai diritti di confine è limitato al regime sanzionatorio e non si estende alle altre disposizioni (tra cui la presunzione ex art. 25 DPR 43/1973, in base alla quale, in caso di mancata o inattendibile prova sulla legittimità della provenienza della merce, il detentore è ritenuto responsabile di contrabbando).
Sicché, in applicazione di tale principio, la Corte ha considerato il semplice acquirente responsabile del reato di contrabbando e non anche del diverso reato di evasione dell’Iva all’importazione.

Rimeditando la pregressa impostazione, la Corte penale afferma oggi che il debito dell’IVA all’importazione può sorgere anche successivamente all’introduzione della merce nel territorio comunitario a carico dei soggetti indicati nel Codice doganale comunitario (articolo 203), atteso che l’IVA all’importazione inerisce non alla persona dell’importatore (criterio soggettivo), ma al bene importato (criterio oggettivo). Da qui, “la configurabilità del reato a carico di chi lo detiene dopo l’importazione a seguito della sua irregolare sottrazione al suddetto controllo“.

Privilegiando stavolta la prevalenza del criterio “oggettivo” su quello “soggettivo”, la Cassazione chiama in causa la Corte di giustizia europea la quale, con due pronunce del 2001 (C-66/99) e del 2002 (C-371/99), ha spiegato che la sottrazione alla sorveglianza doganale dcomprende ogni azione od omissione che ha come risultato di impedire all’autorità di frontiera di accedere a una merce sotto sorveglianza doganale e di effettuare i relativi controlli.
In ultima analisi, la Cassazione con la sentenza in esame ha annullato il reato di evasione IVA (art. 70 DPR 633/1972), punendo invece chi “detiene” nel territorio dello Stato un quantitativo di tabacco lavorato estero di contrabbando superiore a dieci chilogrammi convenzionali (art. 291-bis DPR 43/1973).

BLACK LIST: RM 121/E/2010 – sempre obbligatoria la comunicazione delle operazioni

Fonte: Fisco Oggi del 29/11/2010
Autore: A. M. Badiali
La società soggetto passivo IVA, residente in Italia, è obbligata alla comunicazione telematica delle cessioni e prestazioni di servizi effettuate o ricevute dalla sua stabile organizzazione, con sede in un Paese black list, nei confronti o da parte di operatori economici ivi residenti.
Non importa quindi se nel Paese Black List non c’è IVA, la comunicazione al Fisco delle operazioni della stabile organizzazione è obbligatoria.
Così la  RM n. 121/E dell’Agenzia delle Entrate del 29 novembre.
In un interpello presentato da una ditta operante nel settore edile, che ha una stabile organizzazione negli Emirati Arabi Uniti si chiedono chiarimenti sull’obbligo della comunicazione telematica ex art. 1, co. 1, DL 40/2010 per prevenire le frodi IVA negli scambi con l’estero.
In particolare, l’impresa fa presente che alcune operazioni avvengono direttamente tra la stabile organizzazione e le imprese residenti negli Emirati, Stato in cui non è prevista l’imposta sul valore aggiunto e, di conseguenza, neanche la tenuta del registro IVA.
L’Agenzia delle Entrate – ribadendo anche quanto già precisato con la CM n. 53/E del 21 ottobre – chiarisce innanzitutto che, data la ratio antievasione della norma:
1.      non è rilevante se il Paese in cui si svolgono le operazioni sia fuori campo Iva per l’Italia
2.      l’attività di una stabile organizzazione è sempre realizzata nell’interesse e per conto della sua casa madre di cui è un’articolazione e non un “soggetto distinto”.
L’obiettivo, infatti, è quello di monitorare a tutto campo i rapporti economici dei soggetti passivi IVA, laddove c’è più rischio di di illegalità fiscale: per tale motivo l’obbligo in questione non è limitato soltanto alle cessioni e prestazioni effettuate nei Paesi black list ex DM 4 maggio 1999 e DM 21 novembre 2001, ma può essere esteso anche ad altri Stati o a specifici settori economici e particolari tipologie di soggetti, per prevenire fenomeni più a rischio di frode.

La società, quindi, è obbligata a comunicare telematicamente sia le operazioni che la stabile organizzazione effettua per suo conto negli Emirati Arabi Uniti sia quelle effettuate “autonomamente” con soggetti stabiliti in Paesi black list.

E’ disponibile sul sito del Commercialista Telematico la versione 1.04 dell’e-book prodotto dallo Studio Giardini Operazioni Internazionali.