TRIANGOLAZIONI EXPORT: non imponibile anche con trasporto del cessionario

Fonte: Eutekne.info

Autore: P. Centore e M. Peirolo

Data: 20/04/2011

La Cassazione, con sentenza 6898 del 25/03/2011, ha stabilito che nelle triangolazioni all’esportazione, la cessione dei beni tra i due operatori italiani si considera non imponibile IVA anche se i beni sono stati trasportati fuori della UE dal cessionario italiano.

Premessa: nelle esportazioni dirette, anche in triangolazione,  il cedente italiano deve dimostrare l’avvenuta esportazione della merce, oggetto di un unico trasporto, in territorio extra UE, per la non imponibilità IVA.

A tal fine, l’art. 8, co. 1, lett. a), DPR 633/1972 individua i mezzi di prova dal punto di vista formale, dato che – sul piano sostanziale – la detassazione dell’operazione esige che sia superata la presunzione di consegna dei beni nello Stato italiano.

Nelle triangolazioni, dove si verifica una cessione interna (da IT1 primo cedente >>> a IT2 promotore) e una cessione all’esportazione (da IT2 promotore >>> a ExtraUE destinatario finale), è necessario, per la non imponibilità tra i due operatori italiani – che la dogana apponga il  visto uscire, a seconda dei casi, sulla fattura di vendita o sul DDT ([download id=”6641″]): in tal modo la dogana, attraverso la vidimazione, attesta – a livello formale – la condizione “materiale” relativa al superamento della linea doganale comunitaria dei beni ceduti, ma non quella sostanziale, diretta ad evitare che i beni, entrando nella disponibilità del cessionario italiano, siano – di fatto – “consumati” nel territorio nazionale.

Quest’ultima condizione, esplicitata nella locuzione “a cura o a nome del cedente”, richiamata nell’art. 8, co.1, lett. a) DPR 633/1972 e poi estesa alle triangolazioni comunitarie ex art. 58 DL 331/1993, ha indotto l’Amministrazione finanziaria ad escludere il beneficio della non imponibilità quando il contratto di trasporto/spedizione sia stipulato dal cessionario anziché dal cedente ([download id=”6643″]).

A seguito della norma di interpretazione autentica ex art. 13, co. 1, L. 413/1991, risulta invece irrilevante il soggetto al quale sia intestata la fattura emessa dal vettore/spedizioniere e che effettua il relativo pagamento.

Sulla scorta della posizione espressa in precedenza dalla Cassazione (sent. n.4098/2000), l’orientamento della prassi amministrativa è stato ridimensionato, in modo che al cessionario sia impedito soltanto di entrare in possesso della merce da inviare fuori dall’Italia. In linea, infatti, con la ratio della norma che agevola, ai fini IVA, le cessioni verso Paesi “terzi”, la [download id=”6645″] ha chiarito che l’operatore italiano, promotore della triangolazione, può stipulare il contratto “su mandato ed in nome del cedente”, fermo restando che la merce deve essere ritirata direttamente dal vettore presso il primo cedente; in questo modo il cessionario agisce come mero intermediario del cedente, senza mai acquisire la disponibilità dei beni.

La giurisprudenza di legittimità sopra richiamata – confermata da ultimo con le sentenze nn. 6114/2009 e 6898/2011 – ha privilegiato il carattere oggettivo della detassazione, ribadendo che la triangolazione di beni a destinazione di un Paese comunitario o extracomunitario, per essere agevolabile anche nel primo passaggio (interno) dei beni, “non presuppone necessariamente che vi sia la prova che il trasporto all’estero sia avvenuto a cura e a nome del cedente, quanto piuttosto che, fin dalla sua origine e nella sua rappresentazione documentale, sia stata voluta come cessione nazionale in vista del trasporto a cessionario residente all’estero, nel senso che tale destinazione sia riferibile alla comune volontà degli originari contraenti”.

È in forza di questa impostazione che la Suprema Corte, nella sentenza n. 6898/2011, ha riconosciuto il beneficio della non imponibilità alla cessione interna dei beni destinati ad essere trasportati fuori della Comunità anche quando l’invio all’estero sia avvenuto utilizzando un automezzo di proprietà del cessionario italiano.

È dunque l’esistenza della triangolazione, desumibile dalla volontà delle parti, che garantisce la tutela del divieto di immissione in consumo in Italia, senza che abbia alcuna rilevanza il soggetto nella cui disponibilità rientrano i beni da trasportare/spedire all’estero. Questa conclusione è avallata dai principi sanciti dalla Corte di Giustizia UE (causa C-245/04, causa C-430/09), a proposito delle c.d. “vendite a catena”. Per i giudici comunitari, la detassazione, in caso di più vendite consecutive, è riconosciuta alla cessione interna dei beni oggetto di un unico trasporto dal Paese del primo cedente a quello (diverso) del cessionario finale, a prescindere dal soggetto – che quindi può ben essere il cessionario intermedio – che abbia la disponibilità della merce durante il trasporto verso il destinatario non residente.

La posizione della Cassazione, sostenuta dalla Corte UE, impone all’Agenzia delle Entrate la rivisitazione, in senso sostanziale, dell’interpretazione della locuzione “a cura o a nome del cedente” nelle triangolazioni ex art. 8 DPR 633/1972 e ex art. 58 DL 331/1993: non conta quindi il soggetto che stipula (o nel cui nome viene stipulato) il contratto di trasporto, quanto il fatto che il bene sia effettivamente trasferito all’estero, in dipendenza di un’operazione triangolare.

REVERSE CHARGE cellulari e componenti PC: partenza dal 1° aprile 2011

Fonte: Fisco Oggi

Autore: A. Iacono

Data: 23/12/2010

Escluse dall’applicazione del meccanismo le cessioni di beni effettuate nel commercio al dettaglio

Con CM 59/E del 23 dicembre, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito all’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile – a decorrere dal 1° aprile 2011 – alle cessioni nazionali di cellulari e microprocessori.
Il documento fornisce indicazioni utili agli operatori che commercializzano i prodotti in questione individuando:

  • ambito applicativo del reverse charge,
  • soggetti esclusi,
  • decorrenza delle nuove regole.

Ambito applicativo
L’Agenzia ha evidenziato che, con decisione di esecuzione del Consiglio europeo, la n. 2010/710/UE del 22 novembre,  l’Italia è stata autorizzata, in deroga al principio di carattere generale secondo cui debitore d’imposta nei confronti dell’Erario, ai fini Iva, è il soggetto che effettua la cessione di beni o la prestazione di servizi, a designare, quale debitore dell’Iva, il soggetto passivo destinatario della cessione dei seguenti beni:
a) telefoni cellulari, concepiti come dispositivi fabbricati o adattati per essere connessi a una rete munita di licenza e funzionanti a frequenze specifiche, con o senza altro utilizzo;
b) dispositivi a circuito integrato quali microprocessori e unità centrali di elaborazione prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale
“.

Tale decisione degli organi comunitari consente l’entrata in vigore della disposizione nazionale ex art.17, co. 6, lett. b) e c), del Dpr 633/1972, che già prevedeva l’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile alle cessioni in argomento, subordinandone, tuttavia, l’operatività all’autorizzazione del Consiglio Ue.

Nell’ambito del sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, disciplinato dalla direttiva 2006/112/Ue, debitore dell’Iva è, infatti di regola, il soggetto passivo che effettuata la cessione di beni. Tuttavia, al fine di semplificare la riscossione dell’imposta e di contribuire a contrastare le frodi fiscali, l’Italia è stata autorizzata – per le fattispecie in esame – a rendere, debitore d’imposta, il cessionario se stabilito nel territorio dello Stato.

I beni, per i quali, torna applicabile l’inversione contabile sono quelli individuati dall’autorizzazione comunitaria. Si tratta di quelli appena descritti alle lettere a)b).

In proposito, la circolare chiarisce che la disposizione nazionale di cui all’articolo 17, co. 6, lett. c) del Dpr sull’Iva – relativa alle “cessioni di personal computer e dei loro componenti ed accessori” – reca una definizione più ampia di quella autorizzata dal Consiglio. Pertanto, per effetto della decisione del Consiglio, tale disposizione trova applicazione soltanto per la parte che si riferisce ai componenti di personal computer, cui possono ricondursi i concetti di “dispositivi a circuito integrato quali microprocessori e unità centrali di elaborazione prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale“.

L’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile comporta che il destinatario della cessione, se soggetto passivo d’imposta nel territorio dello Stato, è obbligato all’assolvimento dell’imposta, in luogo del cedente. Ciò, in deroga al principio di carattere generale secondo cui debitore d’imposta nei confronti dell’Erario, ai fini Iva, è il soggetto che effettua la cessione di beni o la (prestazione di servizi).

Quindi, i cedenti dei beni in argomento sono tenuti a emettere fattura senza addebito d’imposta, con l’osservanza delle disposizioni di cui agli articoli 21 e seguenti del Dpr n. 633/1972 e con l’indicazione della norma che prevede l’applicazione del reverse charge – articolo 17, comma 6, lettera c). Il committente dovrà, poi, integrare la fattura con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta e annotarla nel registro delle fatture emesse o in quello dei corrispettivi (articoli 23 e 24, del Dpr 633/1972), entro il mese di ricevimento ovvero anche successivamente, ma comunque entro quindici giorni dal ricevimento e con riferimento al relativo mese. Il documento contabile, ai fini della detrazione, è annotato anche nel registro degli acquisti di ex art.25 Dpr 633/1972.

Fuori dall’ambito
Sono escluse dall’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile le cessioni dei beni effettuate nella fase del commercio al dettaglio.
Ciò, in quanto, obiettivo della deroga richiesta dall’Italia, autorizzata dal Consiglio Ue, è quello di rendere debitore dell’Iva il cessionario “passivo”, per contrastare le frodi che si verificano, di regola, nelle cessioni che precedono il commercio al dettaglio, nel quale i beni sono venduti all’ultimo acquirente, ossia all’utilizzatore finale del ciclo distributivo.

Tra gli esclusi dall’applicazione del reverse charge per le cessioni di cellulari e microprocessori vi sono, inoltre, i soggetti che operano nel regime dei contribuenti minimi, disciplinato dall’articolo 1, commi da 96 a 117, della legge 244/2007.
Questi soggetti, infatti, sono esonerati dal versamento dell’imposta e dagli altri adempimenti previsti dal Dpr 633/1972, a eccezione degli obblighi di numerazione e conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali e degli obblighi da assolvere per le operazioni intra-Ue.
È previsto, tuttavia, l’obbligo di certificazione del corrispettivo, che dovrà essere adempiuto dal cedente senza recare l’addebito dell’imposta.
Infine, qualora il contribuente minimo assuma la veste di cessionario dei beni in discorso, la fattura emessa nei suoi confronti in regime di reverse charge comporta l’obbligo di integrazione del documento e di versamento dell’imposta entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione.

Decorrenza
Il reverse charge per le fattispecie in esame, si rende applicabile alle cessioni effettuate a partire dal 1° aprile 2011.
Ciò conformemente alla previsione di cui all’articolo 3, comma 2, dello Statuto dei diritti del contribuente (legge 212/2000), secondo cui “In ogni caso, le disposizioni tributarie non possono prevedere adempimenti a carico dei contribuenti la cui scadenza sia fissata anteriormente al sessantesimo giorno dalla data della loro entrata in vigore o dell’adozione dei provvedimenti di attuazione in esse espressamente previsti“.
Poiché il predetto termine di sessanta giorni costituisce un termine minimo a decorrere dal quale trovano applicazione le nuove disposizioni e in considerazione della necessità, per i contribuenti che operano nei settori interessati, di realizzare modifiche rilevanti nelle procedure gestionali e del fatto che alcuni dei contribuenti tenuti ad applicare il sistema del reverse charge, in ragione delle dimensioni del volume d’affari, liquidano l’imposta per periodi trimestrali, l’Amministrazione finanziaria ritiene opportuna – per gli specifici casi in esame – l’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile alle cessioni effettuate – ai sensi dell’articolo 6, del Dpr 633/1972 – a partire dal 1° aprile 2011.

L’individuazione della decorrenza, si pone, peraltro, in coerenza con la decisione di esecuzione del Consiglio Ue che, all’articolo 6, dispone: “Gli effetti della presente decisione decorrono dal giorno della notificazione. La presente decisione scade alla data di entrata in vigore delle norme dell’Unione che autorizzano tutti gli Stati membri ad adottare misure che derogano all’articolo 193 della direttiva 2006/112/CE, e al più tardi il 31 dicembre 2013“.

Sotto il profilo degli adempimenti connessi all’introduzione del meccanismo dell’inversione contabile nelle ipotesi in esame, sempre conformemente alla decisione del Consiglio, che ha subordinato l’applicazione del reverse chargeall’introduzione “…di obblighi adeguati ed efficaci in materia di controllo e notifica per quanto concerne i soggetti passivi che cedono i beni a cui si applica l’inversione contabile a norma della presente decisione“, l’Agenzia ha fatto presente che, nelle dichiarazioni modello Unico 2012 e annuale Iva 2012, saranno previsti dei campi specifici da compilare, nei quali dare evidenza delle operazioni attive e passive aventi a oggetto i beni in argomento.

La circolare rammenta, infine, che in caso di violazione degli obblighi connessi al meccanismo del reverse charge si applica la disciplina sanzionatoria ex comma 9-bis art. 6 Dlgs 471/1997. Tale disposizione prevede, tra l’altro, l’irrogazione di una sanzione amministrativa compresa tra il 100% e il 200% dell’imposta, con un minimo di 258 euro a carico del cessionario che, nell’esercizio di imprese, arti o professioni, non assolve l’imposta – mediante il meccanismo dell’inversione contabile – relativa all’acquisto dei beni in argomento (cfr circolare 12/2008, punti 10.1, 10.2 e 10.3).

La stessa sanzione – precisa l’Agenzia – è applicabile anche al cedente che ha irregolarmente addebitato l’imposta in fattura, omettendone il versamento. In tali ipotesi, fermo restando l’obbligo del cessionario di regolarizzare l’omissione secondo la procedura di cui al comma 8 del citato articolo 6, va ricordato che sussiste una responsabilità solidale tra cedente e cessionario per il pagamento della sanzione e dell’imposta, ai sensi del quarto periodo del comma 9-bis in commento.

E’, in ogni caso, applicabile la disposizione secondo cui, qualora l’imposta sia stata assolta, ancorché irregolarmente, dal cessionario ovvero dal cedente, fermo restando il diritto alla detrazione, la sanzione amministrativa è pari al 3% dell’imposta irregolarmente assolta.