INTRA UE: prova della cessione a carico del cedente

La Cassazione, con sentenza n. 20575/2011 (7 ottobre 2011), ha confermato che la movimentazione territoriale dei beni ceduti, dallo Stato UE del cedente allo Stato UE del cessionario, è elemento strutturale perchè l’operazione sia intracomunitaria: la prova della movimentazione deve essere quindi fornita dal cedente, affinchè l’operazione possa considerarsi intracomunitaria non imponibile.

La Cassazione ha quindi accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, avverso la decisione della C.T.R. Liguria, favorevole, invece, al contribuente: l’assunto del giudice di merito che un’operazione si considera intracomunitaria, quindi non imponibile, solo per il fatto che i beni ceduti siano destinati ad un soggetto passivo di Stato membro UE con codice identificativo IVA attribuitogli dallo Stato di appartenenza, non è stato ritenuto conforme nè all’art. 41, co. 1, lett. a) DL 331/1993, né al criterio di riparto ex art. 2697 c.c. 

La decisione della Cassazione si fonda sull’art. 41, co. 1, lett. a) DL 331/1993: sono non imponibili IVA le cessioni a titolo oneroso di beni, trasportati o spediti nel territorio di altro Stato membro, dal cedente o dall’acquirente, o da terzi per loro conto, nei confronti di cessionari soggetti passivi d’imposta.

Da ciò discende che la prova della cessione intra UE, ovvero l’effettivo trasferimento del bene nel territorio di altro Stato membro, è a carico del contribuente che emette la fattura, ex art. 46, co.2 DL 331/1993, poichè la fattura contiene la dicitura “operazione non imponibile”, coerentemente con il principio generale ex art. 2697 c.c. (l’onere di dimostrare la sussistenza dei presupposti di fatto che legittimano la deroga al normale regime impositivo è a carico di chi invoca la deroga agevolativa).

La Cassazione ha, pertanto:

  • confermato quanto già sostenuto in passato in tema di onere della prova, con riferimento alle operazioni di cessione all’esportazione ex art. 8 DPR 633/1972 (Cass. n. 3603/2009), compreso il caso della triangolazione (Cass. 21956/2010).
  • precisato che l’art. 50 DL 331/1993 (“obblighi connessi agli scambi intra UE”, ad es. comunicazione del numero di partita IVA attribuito dallo Stato membro di appartenenza) opera su un piano distinto, rispetto all’identificazione degli elementi costitutivi della fattispecie ex art. 41 ( “cessioni intracomunitarie non imponibili”).

Contrariamente quindi a quanto affermato dalla CTR:

  • dall’art.50 DL 331/1993 sugli adempimenti formali non è possibile ricavare la prova dei presupposti applicativi della non imponibilità ex art.41 DL 331/1993;  la contestazione dell’esistenza dell’operazione intra UE non imponibile si fonda sulla mancata introduzione dei beni ceduti nel territorio dello Stato membro UE del cessionario;
  • non è vero che con la consegna al cessionario UE, avvenuta in Italia, i beni escono dalla sfera giuridica del cedente, a cui non compete quindi verificare l’uscita: la norma tributaria richiede invece espressamente – quale presupposto di non imponibilità – la destinazione effettiva dei beni nel territorio di altro Stato membro UE, ponendo a carico del soggetto che intende avvalersi del beneficio l’onere di fornire la prova dei relativi fatti costitutivi.

La Cassazione quindi non ha ritenuto sufficiente, ai fini probatori, che il cedente abbia richiesto ed ottenuto la conferma del numero d’identificazione IVA del cessionario assegnatogli dallo Stato UE di appartenenza, essendo, invece, necessaria la dimostrazione della reale introduzione dei beni in quest’ultimo Paese.