BLACK LIST: criteri individuazione black list incoerenti

Stanno emergendo molti dubbi e poche certezze nell’individuazione dei nuovi paesi Black List.

L’applicazione della disciplina CFC (Controlled Foreign Companies), nella parte dei Paesi Black List, si basava fino al 2015 sulla lista ex DM 21/11/2001 (Stati o territori a regime fiscale privilegiato): nella lista c’erano gli Stati con livelli di tassazione sensibilmente inferiori a quelli italiani o che non garantivano adeguato scambio di informazioni con l’Italia.

La legge di stabilità 2015 aveva alzato la soglia di tassazione del Paese estero dal 30% al 50% del livello di imposizione italiano; inoltre con provvedimento Direttore Agenzia Entrate – da emanare – si dovevano individuare i regimi speciali, ovvero idonei a garantire un livello di tassazione inadeguato, secondo i nuovi parametri, in seno a paesi generalmente “virtuosi”.

Il DM 30/03/2015 è intervenuto sulla black list originaria, escludendo una serie di paesi il cui livello di tassazione rispondeva ai nuovi criteri dettati dal legislatore, oltre a cancellare l’elenco dei regimi speciali ex art. 3 DM 21/11/2001, in prospettiva di un provvedimento ad hoc.

La legge di stabilità 2016 ha abrogato la lista ministeriale e dispensato l’Agenzia Entrate dall’emanazione del documento sui  regimi “speciali”: quindi a partire, nella maggior parte dei casi, dal 2016, sono privilegiati i regimi fiscali, anche “speciali”, di Stati o territori:

  • diversi da quelli appartenenti alla UE ovvero al SEE con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni (art. 167 co. 1 TUIR);
  • che altresì abbiano un livello nominale di tassazione inferiore al 50% di quello applicabile in Italia (art. 167 co. 4 TUIR).

Le problematiche di questa disposizione sono le seguenti:

  • a quale livello di tassazione italiana ci si deve riferire per giudicare il Paese estero? si deve includere l’IRAP (soglia = 50% x 31,4% = 15,7%) oppure no  (soglia = 50% x 27,5% = 13,75%)?  Come sempre le tesi a sostegno dell’una o dell’altra soluzione hanno entrambe dei fondamenti. Ex CM 51/E/2010 con riguardo alla CFC “white”, si afferma che si considerano solo le imposte sul reddito e si esclude in ogni caso l’IRAP. Invece nel preambolo al DM 21/11/2001, si scrive che va presa in considerazione la categoria dei redditi da impresa includendo IRES e IRAP (così anche nel recente DM 30/03/2015).
  • quali sono i regimi fiscali privilegiati in materia di dividendi e plusvalenze su partecipazioni. Le diverse norme sul punto, in particolare, richiamano ancora l’abrogata “black list”, problema questo superato dalla legge di stabilità 2016 con la previsione, all’art. 1 co. 143, per cui, il riferimento si intende agli Stati o territori ex art. 167 co. 4 TUIR: testo alla mano, quindi, non risulterebbe valida l’esclusione riportata al primo comma della norma per gli Stati appartenenti alla UE o al SEE, con l’effetto ultimo di creare una differenza tra l’ambito in commento e quello operante ai fini CFC e, soprattutto, un profilo di sicura censura in sede UE.

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