INTRA UE: detrazione IVA su acquisti intra UE salva anche con errori formali

Non si perde il diritto alla detrazione IVA in caso di omessa integrazione della fattura o erronea indicazione del titolo di esenzione se i requisiti sostanziali dell’operazione intra UE sono presenti e l’Amministrazione finanziaria può verificarne la sussistenza (Cassazione, sent. n. 3581 del 24/02/2016).

L’Agenzia Entrate (siccome non gli costa nulla) ricorreva in Cassazione per (tra l’altro) l’indicazione di un titolo errato di esenzione IVA su fatture per prestazioni di intermediazione rese alla società IT. Il ricorso del contribuente contro la ripresa a tassazione dell’IVA su tali fatture era stato accolto in CTP e in CTR Marche, che aveva sottolineato che il contribuente aveva applicato un titolo errato di esenzione, ma le fatture contestate erano comunque state oggetto di doppia registrazione per cui il saldo IVA era rimasto inalterato e non aveva originato un debito di imposta; secondo la CTR l’indicazione nelle fatture di un diverso titolo di esenzione ai fini IVA è un mero errore formale che non ha certo originato un debito IVA dal momento che, proprio per la doppia registrazione dell’imposta, il saldo resta inalterato. La Cassazione ha ribadito quanto sopra (similmente aveva fatto con la sent.Cass. n. 7577/2015).

Gli acquisti di beni e servizi intra UE ex DL n. 331/1993, comportano l’integrazione della fattura ricevuta e l’annotazione nel registro delle fatture emesse e in quello degli acquisti, per l’esercizio della detrazione IVA. In assenza di cause di indetraibilità, l’operazione è neutrale (l’IVA a debito coincide con l’IVA a credito). La Cassazione richiama la sentenza Corte di Giustizia UE causa C-590/13, dove si afferma il principio fondamentale di neutralità dell’IVA che impone che la detrazione dell’IVA sugli acquisti sia accordata se gli obblighi sostanziali sono soddisfatti, anche se taluni obblighi formali sono stati omessi.

I Paesi UE possono introdurre particolari obblighi per prevenire frodi, ma senza mettere in discussione il principio della detrazione dell’IVA: basta che gli acquisti siano effettuati da un soggetto passivo IVA, che tale soggetto sia debitore IVA su tali acquisti e che i beni siano utilizzati ai fini di proprie operazioni imponibili. Se l’Agenzia Entrate dispone delle informazioni necessarie per accertare la sussistenza di tali requisiti sostanziali, il diritto alla detrazione non può essere negato anche qualora il contribuente non abbia applicato o abbia applicato in modo corretto la procedura dell’inversione contabile. In caso di omissione della doppia registrazione delle fatture integrate o autofatture nei registri IVA vendite e acquisti, se è dimostrato che gli acquisti sono stati effettuati da un soggetto passivo dell’IVA e che le merci sono finalizzate a proprie operazioni imponibili, tali inadempienze non determinano alcun danno erariale. Un contenzioso che si poteva e doveva evitare.

INTRA UE: tardivo versamento IVA non impedisce la detrazione

La Corte di giustizia europea, nella causa C-284/11 del 12/07/2012, ha affermato che il tardivo versamento dell’IVA dovuta sull’acquisto intra UE non può essere punito con il diniego del diritto alla detrazione; gli Stati membri possono tuttavia imporre interessi moratori, la cui entità deve essere proporzionata alla gravità della violazione e non può, invece, essere tale da vanificare in sostanza la detrazione.

La pronuncia prende origine da un’operazione commerciale di vendita avviata da una società, con sede in Spagna, che ha venduto alcuni autocarri e mezzi pesanti d’occasione a una società bulgara. Il fornitore spagnolo ha emesso, in tale occasione, fatture di vendita di autocarri/mezzi pesanti/d’occasione, dichiarandole come cessioni intracomunitarie.

La società bulgara a dicembre 2008 ha inoltrato una domanda di registrazione facoltativa ai fini IVA e a gennaio 2009 ha effettuato la registrazione. Nel giugno 2009, la medesima società ha emesso dieci verbali di acquisto intracomunitario, versando l’imposta dovuta mediante autoliquidazione ed esercitando il diritto a detrazione.

Le autorità tributarie bulgare contestano che la liquidazione è stata effettuata nel giugno 2009 e non nel novembre 2008, e negano il beneficio del diritto alla detrazione dell’IVA, poichè esercitato dopo la scadenza del termine previsto dalle norme nazionali.

Sulla prima questione, la corte ricorda che:

  • il meccanismo della detrazione assolve un ruolo primario nell’IVA, poiché garantisce la neutralità dell’imposizione per tutte le attività economiche purché queste, in linea di principio, siano a loro volta soggette all’IVA: in tal senso il diritto alla detrazione non può essere compresso;
  • in linea di principio il diritto alla detrazione va esercitato durante lo stesso periodo in cui esso è sorto, ossia nel momento in cui l’imposta diviene esigibile. Tuttavia, un soggetto passivo può esercitare la detrazione, anche se non ha esercitato il proprio diritto nel periodo in cui esso è sorto, purché siano rispettate talune condizioni e modalità fissate dalle normative nazionali.

In particolare ex art.73 VI Direttiva, gli Stati membri possono adottare provvedimenti per assicurare l’esatta riscossione dell’imposta ed evitare frodi; tali misure non devono eccedere tuttavia quanto necessario a tal fine e non devono pregiudicare la neutralità dell’IVA.

Si precisa che la possibilità di esercitare il diritto alla detrazione senza limiti di tempo contrasta con il principio della certezza del diritto, che esige che la situazione fiscale del soggetto passivo nei confronti dell’Amministrazione fiscale, non possa essere indefinitamente rimessa in discussione, per cui è legittima l’esistenza di un termine di decadenza purché tale termine non renda eccessivamente difficile o praticamente impossibile l’esercizio di tale diritto.

Sulla seconda questione (se il principio di neutralità fiscale contrasti con la previsione della sanzione del diniego del diritto alla detrazione dell’IVA e nell’imposizione di interessi di mora se l’imposta sia versata in ritardo) la Corte, per il principio di proporzionalità, precisa che gli Stati membri devono contrastare efficacemente le frodi e l’evasione fiscale, ma devono pregiudicare il meno possibile il principio fondamentale del diritto alla detrazione dell’IVA.

Ad es., secondo la Corte il versamento di interessi moratori può costituire una sanzione adeguata, purché non ecceda quanto necessario ad evitare possibili frodi e garantire la corretta riscossione dell’IVA.

CORTE UE: la consapevolezza dell’evasione fiscale impedisce detrazione IVA

Fonte: Eutekne.info

Data: 22/6/2012

Autore: V. Cristiano

Il contribuente a conoscenza o che avrebbe dovuto conoscere l’«inquinamento» documentale non ha diritto alla detrazione

Con la sentenza 21 giugno 2012, cause riunite C-80/11 e C-142/11, i giudici della Corte di Giustizia riconoscono al soggetto passivo la detrazione dell’IVA, poiché le eventuali irregolarità commesse sono addebitabili direttamente in capo all’emittente della fattura in “odore” di evasione. Specularmente, qualora il contribuente sia a conoscenza o avrebbe dovuto conoscere l’asserito “inquinamento” documentale, ossia solo utilizzato per aggirare il pagamento delle imposte, non ha diritto al recupero dell’IVA mediante detrazione.

La controversia esaminata prende origine nel territorio ungherese, ove l’ordinamento giuridico impone ai soggetti passivi di dotarsi di tutte le misure necessarie per accertarsi della regolarità delle operazioni attraverso le quali si matura il credito IVA. In particolare, secondo l’articolo 35, paragrafo 1, lettera a), della Legge IVA ungherese, il diritto alla detrazione – salva contraria disposizione della legge relativa alle imposte – può essere esercitato solo se si dispone di documenti facenti fede che attestino l’importo dell’imposta a monte. La disposizione aggiunge che sono da considerare tali le fatture, le fatture semplificate e i documenti che sostituiscono le fatture, emessi a nome del soggetto passivo.

E ancora, l’articolo 44, paragrafo 5, della medesima Legge sull’IVA dispone che “l’emittente della fattura o della fattura semplificata è responsabile della veridicità dei dati che figurano nella fattura o nella fattura semplificata. I diritti in materia di imposizione del soggetto passivo che figuri come acquirente nel documento giustificativo non potranno essere messi in discussione ove questi abbia agito con la dovuta diligenza con riferimento al fatto generatore dell’imposta, considerate le circostanze della cessione di beni o della prestazione di servizi”.

In secondo luogo, i Giudici stabiliscono che è prerogativa delle autorità e dei giudici nazionali negare il beneficio del diritto a detrazione ove sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che lo stesso diritto “è invocato fraudolentemente o abusivamente” (cfr., in tal senso, sentenze Fini H, cit., punti 33 e 34; Kittel e Recolta Recycling, cit., punto 55, nonché del 29 marzo 2012, Véleclair, C-414/10, punto 32).

Possibile disconoscere la detrazione solo per elementi oggettivi

Di conseguenza, è possibile disconoscere al soggetto passivo il beneficio del diritto a detrazione soltanto sulla base di elementi oggettivi: il soggetto passivo, al quale sono stati forniti i beni o i servizi posti a fondamento del diritto a detrazione, sapeva o avrebbe dovuto sapere (partecipante all’evasione) che tale operazione si collocava all’interno di un’evasione commessa dal fornitore o da un altro operatore a monte (cfr. sentenza Kittel e Recolta Recycling, cit., punto 56). Specularmente, la mancata conoscenza o conoscibilità dell’operazione in odore di frode è elemento qualificante per il riconoscimento della detrazione dell’IVA. Infatti, conclude la Corte, “l’istituzione di un sistema di responsabilità oggettiva andrebbe al di là di quanto necessario per garantire i diritti dell’Erario” (cfr., fra tutte, sentenze dell’11 maggio 2006, Federation of Technological Industries e a., C-384/04, Racc. pag. I 4191, punto 32, nonché del 21 febbraio 2008, Netto Supermarkt, C-271/06, Racc. pag. I 771, punto 23).

Spetta infatti, in linea di principio, alle autorità fiscali effettuare i controlli necessari presso i soggetti passivi al fine di rilevare irregolarità ed evasioni in materia di IVA, nonché infliggere sanzioni al soggetto passivo che ha commesso dette irregolarità o evasioni.

IVA: Contribuente libero sulle modalità di recupero

Fonte: Eutekne.info

Data: 15/05/2012

Autore: V. Cristiano

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7330/2012, avalla definitivamente il principio secondo cui la mancata attivazione della (speciale) procedura di variazione dell’IVA non vìola il diritto al rimborso da parte del contribuente, il quale gode dell’assoluta libertà di scelta circa l’azione da effettuare.

I giudici, aderendo a una consolidata giurisprudenza in materia, hanno ribadito il principio in forza del quale, in tema di IVA, nelle ipotesi in cui l’imposta sia stata calcolata, per ignoranza o falsa conoscenza delle disposizioni applicabili, sulla base di un’aliquota superiore a quella effettivamente dovuta, l’art. 26 del DPR 633/1972 deve essere interpretato nel senso che la mancata attivazione della procedura speciale di variazione dell’imposta e dell’imponibile, prevista dalla norma citata, da un lato fa venir meno il diritto a recuperare l’imposta mediante il meccanismo della detrazione ma, dall’altro, non preclude la chance di ottenere il rimborso della maggiore imposta versata (indebitamente), poiché tale procedura si configura quale strumento a disposizione del contribuente, “che potrebbe pertanto optare, del tutto legittimamente, per l’azione generale di rimborso prevista dalle norme sul contenzioso”.

Tanto premesso, secondo i Giudici, non “coglie nel segno” neppure il richiamo alla giurisprudenza comunitaria più recente operato dalla controparte (Corte di giustizia 18 giugno 2009, causa C-566/07, Stadeco). Con puntuale e argomentata ricostruzione, la Cassazione ha “sezionato” punto per punto l’incongruenza della citata giurisprudenza concludendo, anzi, che “la sentenza […] si limita a stabilire che è, in linea di principio, incompatibile con la normativa comunitaria una legislazione nazionale […] che subordini il diritto al rimborso dell’IVA alla suddetta condizione; non può, invece, essere intesa nel senso che il diritto comunitario imponga esso stesso tale onere”.

Riportando tale principio al caso in esame, il contribuente che, pur avendo computato le detrazioni per i mesi di competenza, abbia omesso di computarle nella dichiarazione annuale, perde il diritto a dette detrazioni, ai sensi dell’articolo 28, comma 4, del DPR 633/1972, fermo restando il diritto al rimborso di quanto versato in eccedenza, in applicazione dell’articolo 30, comma 2, dello stesso DPR.

Al riguardo, come altra giurisprudenza comunitaria evidenzia (sentenza 15 dicembre 2011, causa C-427/10, Banca Antoniana popolare Veneta spa), in assenza di specifica disciplina comunitaria in tema di domande di rimborso di imposte indebitamente prelevate, “spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire i requisiti al ricorrere dei quali tali domande possano essere presentate” ma, come i giudici della Suprema Corte sottolineano, è in ogni caso presupposto indefettibile che i citati requisiti rispettino i principi di equivalenza ed effettività. In altri termini, è necessario che tali requisiti non siano meno favorevoli di “quelli che riguardano reclami analoghi di natura interna e non siano congegnati in modo da rendere praticamente impossibile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario”.

La neutralità è uno dei principi portanti del sistema IVA

Con la sentenza in commento, la Cassazione ci permette di ricordare, fra l’altro, quello che è uno dei principi “portanti” del sistema IVA: la neutralità (cfr. Corte di giustizia CE, 14 febbraio 1985, causa 268/83, Rompelman; 15 gennaio 1998, causa C-37/95, Ghent Coal Terminal; 19 settembre 2000, causa C-454/98), in forza della quale il sistema comune dell’IVA garantisce la corretta applicazione dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati delle attività, purché queste siano, in linea di principio, di per sé soggette all’IVA (Corte di giustizia Ue, 8 febbraio 2007, causa C-435/05, Investrand; 22 febbraio 2001, causa C-408/98, Abbey National).

Riassumendo, quindi, la neutralità è resa effettiva dalla detrazione e, quando questa non è tecnicamente possibile, dal rimborso. “Tecnicamente” nel senso che la detrazione può essere operata se vi è un’imposta a debito: altrimenti, come indica l’art. 30, comma 1, del DPR n. 633/1972, si deve riconoscere il rimborso.