DOGANA: atti esecutivi in 10 giorni

Con la conversione in legge (L.44/2012) del DL 16/2012 “semplificazioni” ci sono novità anche sui termini di pagamento per le Dogane: diventano, infatti, immediatamente esecutivi gli accertamenti in dogana con la possibilità di procedere alla riscossione in soli 10 giorni.

In base alla nuova normativa gli atti di accertamento emessi dalle Dogane diventano esecutivi trascorsi 10 giorni dalla notifica, e oltre a contenere l’intimazione ad adempiere entro il termine di 10 giorni dalla ricezione dell’atto, devono recare l’avvertimento che, passato il termine per il pagamento, la riscossione delle somme viene affidata agli agenti della riscossione anche ai fini dell’esecuzione forzata.

L’agente della riscossione comunicherà al contribuente-debitore di aver preso in carico le somme per la riscossione.

Ai fini del potenziamento dell’accertamento in materia doganale (art. 9), gli Uffici doganali possono chiedere agli intermediari finanziari e creditizi dati ed informazioni utili in relazione ai controlli, effettuati a posteriori, sulle dichiarazioni il cui accertamento è divenuto definitivo: le modalità operative sono descritte nella CM 6/D/2012.

Si attribuisce anzitutto valore di titolo esecutivo agli atti di accertamento emessi dall’Agenzia delle Dogane, immediatamente applicabili ex art. 16 Nuovo Codice Doganale Comunitario, e finalizzati alla riscossione delle risorse proprie tradizionali UE e della relativa IVA all’importazione, decorsi 10 giorni dalla notifica.

L’atto di accertamento deve contenere:

  • l’intimazione ad adempiere entro il termine di 10 giorni dalla ricezione dell’atto;
  • l’avvertimento che, decorso il termine ultimo per il pagamento, la riscossione delle somme richieste, in deroga alle disposizioni in materia di iscrizione a ruolo, è affidata in carico agli agenti della riscossione, anche ai fini dell’esecuzione forzata, con le modalità determinate con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Dogane, di concerto con il Ragioniere Generale dello Stato.

Il medesimo provvedimento stabilisce anche le modalità di trasmissione dell’atto di accertamento all’agente della riscossione.

L’agente della riscossione, con raccomandata semplice spedita all’indirizzo presso il quale è stato notificato l’atto di accertamento, informa il debitore di aver preso in carico le somme per la riscossione, e da quel momento, sulla base di detto titolo esecutivo, e senza la preventiva notifica della cartella di pagamento, procede all’espropriazione forzata con i poteri, le facoltà e le modalità previste dalle disposizioni che disciplinano la riscossione a mezzo ruolo.

Inoltre, a partire dal primo giorno successivo al termine ultimo per il pagamento, le somme richieste con gli atti di accertamento vengono maggiorate degli interessi di mora.

Infine, ai fini della procedura di riscossione accelerata, i riferimenti contenuti in norme vigenti al ruolo ed alla cartella di pagamento si intendono effettuati agli atti di accertamento doganale ed i riferimenti alle somme iscritte a ruolo si intendono effettuati alle somme affidate agli agenti della riscossione.

Esportazioni con resa EXW: va fatta dogana in Italia

Ex art. 161, par. 5 Reg. (CE) 2913/1992 , Codice Doganale Comunitario, la dichiarazione di esportazione va depositata presso l’Ufficio Doganale preposto alla vigilanza nel luogo in cui l’esportatore è stabilito, oppure dove le merci sono imballate o caricate per essere esportate.

Ex art. 788, par.2 Reg.(CE) 2454/1993, esportatore è colui per conto del quale è fatta la dichiarazione di esportazione e che, al momento della sua accettazione, è proprietario o ha un diritto similare di disporre delle merci (par. 1). Tuttavia, quando la proprietà o un diritto similare di disposizione delle merci appartenga a una persona stabilita fuori della Comunità, si considera esportatore la parte contraente stabilita nella Comunità (par. 2).

Nell’esportazione con resa EXW (franco fabbrica), l’uscita dei beni dal territorio doganale comunitario è curata dal cessionario non residente o da un terzo per suo conto. Secondo i regolamenti sopra citati, la dichiarazione di esportazione deve essere intestata al cedente italiano se il cessionario che cura l’esportazione è extra UE, e in tal caso, va fatta dogana in Italia.

La CM 18/D/2010 (Parte III, par. 3.1) ha confermato l’obbligo di presentare la dichiarazione doganale presso la dogana territorialmente competente rispetto alla sede del cedente: infatti, “il fatto che un esportatore venda la propria merce «ex-works» e che l’acquirente estero sia il soggetto responsabile per il trasporto, non dà diritto a quest’ultimo di decidere il luogo ove presentare la dichiarazione di esportazione il quale deve, quindi, attenersi alla regola secondo la quale la dichiarazione di esportazione deve essere presentata secondo le forme e regole stabilite dalla normativa doganale vigente e quindi presso l’ufficio doganale preposto alla vigilanza nel luogo in cui l’esportatore è stabilito o dove le merci sono imballate o caricate per essere esportate”.

Fare dogana in altri Paesi UE (ad es. in Grecia per merce diretta in Turchia) è quindi contrario alla normativa comunitaria (salvo le operazioni in groupage).

La  CM 18/D/2010 inoltre precisa che:

  1. la dichiarazione di esportazione può essere presentata a un qualsiasi Ufficio doganale situato in Italia; quindi, non necessariamente a quello competente in relazione alla sede del cedente, come richiesto dal Reg.(CE)2913/1992.
  2. l’esportazione compiuta, dal punto di vista doganale, interamente in altro Stato membro non viene registrata nel sistema informatico nazionale AIDA, quindi l’Amministrazione finanziaria non è in grado di verificare telematicamente la conclusione dell’operazione e non può riconoscere la non imponibilità IVA ex art. 8 DPR 633/1972.

Per le esportazioni EXW, la prova dell’avvenuta esportazione richiede che il cessionario non residente compia l’operazione doganale in Italia, altrimenti è meglio ricorrere a un diverso termine di resa, almeno FCA (franco vettore), in modo che il cedente consegni la merce già sdoganata all’esportazione al vettore scelto dall’acquirente .

In merito alla procedura di esportazione prevista ai fini doganali, la CM 35/E/1997 da una diversa indicazione: se, infatti, ai fini doganali, la prova dell’esportazione è data dalla dichiarazione doganale intestata al cedente italiano, ai fini IVA l’Amministrazione finanziaria chiede la vidimazione apposta dall’Ufficio doganale sulla fattura emessa dal cedente, nel presupposto che “il documento di esportazione, munito del visto uscire, resta all’acquirente estero”.

L’esportazione comunque deve chiudersi entro 90 giorni dalla consegna: non rileva in tal senso la data di emissione della fattura, anche se anteriore alla consegna, bensì la data risultante dal documento di trasporto (DDT o CMR).

La non imponibilità, inoltre, essendo collegata al luogo di consumo dei beni in territorio extra UE, opera anche se il cessionario è stabilito in altro Paese membro (CM 13/E/1994, par. B.16.3), ed a tal proposito (sentenza CTP Pescara n. 47 del 2009), non è rimborsabile l’IVA addebitata all’acquirente UE nel convincimento che l’art. 8, co.1, lett. b), DPR 633/1972 sia applicabile solo ad acquirente extra UE.

IVA su import, IVA su operazioni interne: due modalità applicative

Fonte: Eutekne.info

Data: 09/11/2011

Autore: M. Peirolo e S. Armella

La RM 103/E del 28 ottobre 2011, pur riguardando la modalità di applicazione dell’IVA sul valore dell’accisa in caso di importazione di carbone fossile utilizzato per produrre energia elettrica, è utile per confermare la posizione sostenuta da una parte della giurisprudenza di merito – smentita, però, dalla Suprema Corte – in merito all’illegittimità della duplicazione d’imposta per i beni già tassati a seguito di estrazione dal deposito IVA.

Si tratta dell’orientamento, sostenuto dai giudici di merito, che esclude il recupero dell’IVA all’importazione – operato dall’ufficio delle Dogane – per i beni introdotti soltanto virtualmente nel deposito. La pretesa dell’ufficio è illegittima in quanto vìola il divieto di doppia imposizione, dato che l’imposta è già stata assolta, all’atto dell’estrazione dal deposito, attraverso autofatturazione ex art. 50-bis, co. 6, DL 331/1993.

In pratica, con un approccio che dà prevalenza alla sostanza sulla forma, si afferma che l’autofatturazione equivale, in termini di IVA dovuta, all’imposta che l’importatore avrebbe pagato in Dogana se i beni, per effetto dell’introduzione in Italia, non fossero stati vincolati al regime sospensivo previsto per i depositi IVA. La forma passa in secondo piano, siccome l’irregolare gestione del deposito, che si è concretizzata con la mera “presa in carico” dei beni nell’apposito registro tenuto dal depositario, senza la loro materiale introduzione nel deposito non può – di per sé – legittimare un nuovo obbligo impositivo.

La contraria posizione espressa da un’altra parte della giurisprudenza di merito, avallata dalla Cassazione (v. sentenze nn. 12262, 12263 e 12272/2010), oltre a comportare il pagamento ex post dell’IVA dovuta sulle importazioni già poste in essere, implica che l’importatore resti soggetto all’azione dell’Amministrazione finanziaria per una violazione commessa dal titolare del deposito; inoltre, l’IVA assolta sull’importazione non può essere detratta se è decaduto il relativo diritto, posto che il termine iniziale decorre dall’accettazione della dichiarazione in dogana (v. RM 228/E/2007).

I giudici di legittimità escludono che si verifichi una duplicazione d’imposta, “non potendo l’avvenuto assolvimento, mediante autofattura, dell’IVA interna, compensare il mancato pagamento dell’IVA all’importazione”, trattandosi di due tributi distinti.
Questa impostazione, innanzitutto, vìola il principio di neutralità dell’IVA, tutelato dalla stessa giurisprudenza comunitaria (cause riunite C-95/07 e C-96/07, Ecotrade), ogniqualvolta l’importatore resti definitivamente inciso dal pagamento dell’imposta, non potendo più esercitare la detrazione.

IVA all’importazione e IVA interna non dovrebbero essere tributi distinti.

In ogni caso, è lecito dubitare che l’IVA all’importazione sia un tributo distinto e autonomo rispetto all’IVA interna, essendo incontestabile che l’essenza economica dell’imposta assolta in Dogana sui beni di provenienza extracomunitaria sia quella propria del tributo sul valore aggiunto che colpisce le operazioni realizzate all’interno del territorio nazionale; in sostanza, il meccanismo applicativo dell’imposta diverge, ma l’IVA all’importazione e l’IVA interna si fondano sul medesimo presupposto sostanziale.

A conferma di questa conclusione, si richiama la RM 103/E/2011, nella parte in cui precisa che, “al fine di consentire il pagamento dell’IVA sul valore dell’accisa dovuta in relazione ai quantitativi di carbone fossile importato e utilizzato nella propria impresa dallo stesso soggetto importatore, appare legittima l’emissione di un documento, anche sotto forma di autofattura, che costituisca integrazione dell’originaria bolletta doganale”.

Se dunque, per l’Amministrazione finanziaria, l’IVA dovuta sui beni importati può essere validamente assolta con l’autofatturazione, risulta contraddetta la posizione della Cassazione, che non considera rilevante il meccanismo del reverse charge per pagare l’IVA all’importazione.
Di conseguenza, in caso di deposito “virtuale”, l’IVA pagata mediante autofattura esclude che, sugli stessi beni, possa essere richiesta anche l’IVA originariamente non versata in Dogana all’atto dell’importazione.

DOGANA: pubblicata la Nomenclatura Combinata per il 2012

E’ stata pubblicata nella G.U.U.E. n. L282 del 28 ottobre 2011, la versione completa e aggiornata della Nomenclatura Combinata delle merci, adottata dalla Commissione Europea con Regolamento (UE) 1006/2011 del 27 settembre 2011 (a questo link potete scaricare il Regolamento).

Il Regolamento dispone, a partire dal 1° gennaio 2012, la sostituzione dell’allegato I del Regolamento (CEE) n. 2658/87 del 23 luglio 1987, che ha istituito una nomenclatura delle merci che risponde, nel contempo, alle esigenze della Tariffa Doganale Comune, delle statistiche del commercio estero della Comunità e di altre politiche comunitarie relative all’importazione o all’esportazione delle merci.

L’obiettivo del nuovo Regolamento è di modernizzare la Nomenclatura Combinata, semplificarne la normativa e adeguarne la struttura per “tenere conto delle modifiche dei requisiti in materia di statistiche e di politica commerciale, delle modifiche introdotte per ottemperare ad impegni internazionali, degli sviluppi tecnologici e commerciali, dei cambiamenti introdotti nella nomenclatura del sistema armonizzato ai sensi della raccomandazione del 26 giugno 2009 del Consiglio di cooperazione doganale e delle relative conseguenze, nonché della necessità di adeguare o chiarire i testi”.