INTRA UE: pronte le esclusioni dal VIES

Pronte le esclusioni dal VIES per “presunzione di inattività” in ambito UE.

Con il comunicato stampa del 03/10/2016, l’Agenzia Entrate ha annunciato l’invio di circa 60.000 comunicazioni per l’esclusione dal VIES, per i soggetti che, a partire dal 1° trimestre 2015, non hanno presentato elenchi INTRASTAT per quattro trimestri consecutivi: infatti ex art. 35 co.7-bis DPR 633/1972, se non si sono presentati gli INTRASTAT allora secondo loro il soggetto passivo “non intende più effettuare operazioni intracomunitarie”.

Tutto questo come se fare un acquisto o una vendita intra UE fosse un dovere, un capriccio o un gioco e non una decisione di acquisto o vendita che si fa in base al mercato, o alla convenienza economica. In tal modo per tutti coloro che effettuano transazioni intra UE legittimamente ma sporadicamente (meno di una volta l’anno) si avrà un nuovo inutile adempimento da osservare (comunicare all’Agenzia che si ha ancora l’intenzione di effettuare operazioni intra UE per non farsi escludere dal VIES). 

Con il VIES (Vat information exchange system), disciplinato ex art. 50 co.2 DL 331/93 e ex art. 35 DPR 633/1972, in attuazione dell’art. 17 par. 1 lett. a) Reg. UE n. 904/2010, che è la banca dati europea delle partite IVA (ogni agenzia fiscale la predispone per il proprio Paese), si ottengono i seguenti scopi:

  • l’Agenzia controlla l’affidabilità degli operatori che operano in ambito intra UE;
  • gli operatori economici sono soggetti ad obblighi e diritti previsti dalla disciplina degli scambi intra UE.

Per tali obiettivi, dunque, la banca dati deve essere sempre aggiornata e per questo l’Agenzia Entrate controlla i soggetti passivi inclusi nel VIES (punto 3.1 del provv. Agenzia Entrate 159941/159941, sono effettuati controlli formali sulla regolare presentazione degli INTRASTAT).

Al momento, a seguito delle modifiche ex art. 22 DLgs. 175/2014, i soggetti passivi IVA sono da subito inclusi nel VIES, essendo eliminato il tempo tecnico di attesa di 30 giorni previsto dalla disciplina precedente. I controlli dell’Agenzia sono quindi non più preventivi, ma successivi all’avvenuta inclusione nel VIES stesso: dopo tali controlli formali (regolare invio degli INTRASTAT), l’Agenzia invia la comunicazione al soggetto passivo, procedendo alla formale esclusione dal VIES, ex art. 35 co.7-bis DPR 633/1972; l’esclusione dal VIES ha effetti solo dal sessantesimo giorno successivo alla data di spedizione della comunicazione da parte dell’Ufficio competente (punto 3.2 del provv. Agenzia Entrate n. 159941/2014).

I soggetti passivi che operano in ambito intra-UE, o che comunque dimostrino di avere i requisiti economici e commerciali per restare nel VIES, potranno produrre idonea documentazione agli Uffici per restare nel VIES, entro il termine di 60 giorni, durante il quale termine (v. CM 31/E/2014) l’operatore potrà rivolgersi all’Ufficio competente alternativamente:

  • fornendo la documentazione di tutte le operazioni intra UE effettuate nei quattro trimestri di riferimento (e andando giustamente in sanzione);
  • fornendo adeguati elementi circa le operazioni intra UE in corso o da effettuare;
  • manifestando l’intenzione di effettuare operazioni intra UE.

L’eventuale esclusione, in ogni caso, non pregiudica la possibilità di chiedere un nuovo inserimento nel VIES, per via telematica tramite Fisconline o Entratel o attraverso soggetti incaricati.

Si tratta quindi di fatto di un nuovo adempimento, per tutti i “regolari” ma “sporadici” (ad es. quelli che hanno comprato un antivirus online da un soggetto tedesco nel 2014 e poi nel 2015 non hanno comprato o venduto nulla intra UE perchè non gli è capitato), come se non ce ne fossero già abbastanza.

INTRA UE: lavorazioni intra UE

Le aziende UE inviano beni in Italia ad aziende italiane per l’esecuzione di  particolari lavorazioni intra UE; i beni, una volta terminata la lavorazione, possono rientrare nello Stato membro d’origine, essere commercializzati direttamente in Italia o essere ceduti e spediti ad acquirenti che si trovano in un altro Paese (UE o extra UE).

Ai fini IVA, le operazioni sono:

  • l’introduzione in Italia di beni comunitari ai fini della lavorazione;
  • la cessione o il trasferimento dei prodotti lavorati.

UE1 >>>beni>>>  IT >>>beni lavorati>>> UE1

Ex art. 38 co.5 lett. a) DL 331/93 l’introduzione in Italia, da parte di un soggetto passivo UE1, di beni comunitari per essere sottoposti ad operazioni di perfezionamento e manipolazioni usuali non costituisce acquisto intra UE se è noto sin dall’inizio che, terminata la lavorazione, i beni saranno rispediti al soggetto passivo nello Stato membro di origine (UE1 >>> IT >>> UE1): il committente UE1 non deve fare alcunchè ai fini dell’IVA italiana, sia all’introduzione dei beni in Italia, sia alla rispedizione dei beni lavorati verso UE1, Stato membro di origine.

Il prestatore IT, se tenuto alla presentazione dell’INTRASTAT mensile, deve riepilogare ai soli fini statistici:

  • l’entrata dei beni: modello INTRA 2-bis, natura della transazione codice 4 “Operazione in vista di una lavorazione per conto terzi”;
  • l’uscita dei beni lavorati verso UE1, Stato membro di origine: modello INTRA 1-bis, codice 5 “Operazione successiva ad una lavorazione per conto terzi”;
  • inoltre le movimentazioni devono essere rilevate nel registro ex art. 50 co.5 DL 331/93.

Se invece i beni non rientrano nello Stato membro di origine.

UE1 >>>beni>>>  IT ………

l’introduzione dei beni in Italia costituisce operazione assimilata ad un acquisto intra UE, ex art. 38 co. 3 lett. b) DL 331/93, e a tal fine per applicare l’imposta dovuta con reverse charge il committente UE1 (senza S.O. in Italia) dovrà registrarsi ai fini IVA mediante identificazione diretta, ex art. 35-ter DPR 633/72, o rappresentante fiscale, ex art. 17 co.3 DPR 633/1972 (Circ. Assonime n. 2/2016). UE1 deve adempiere gli obblighi IVA (tenuta dei registri IVA, liquidazione periodica IVA, versamenti IVA, dichiarazione annuale IVA, INTRASTAT, ecc.). Il prestatore IT non deve in tal caso compilare l’INTRASTAT, ma solo rilevare nel registro le movimentazioni, al fine di vincere le presunzioni di acquisto e di cessione ex DPR 441/97.

            ………           IT >>>beni lavorati>>> ?

la cessione dei beni lavorati ai fini IVA è la seguente:

  • beni ceduti in Italia, l’operazione è una normale cessione interna soggetta a IVA secondo l’aliquota propria del bene; ex art. 17 comma 2 del DPR 633/72, l’IVA dovuta è applicata con il meccanismo del reverse charge dal cessionario, se soggetto passivo IVA IT; in tal caso, il cedente UE1, seppure registrato ai fini IVA in Italia, non deve fatturare tramite il rappresentante fiscale o l’identificazione diretta. Diversamente, se il cessionario è un soggetto privato o un soggetto passivo IVA non stabilito in Italia, il cedente UE1 emette fattura (con IVA) tramite il rappresentante fiscale o l’identificazione diretta.
  • – beni ceduti a soggetti passivi IVA in altro Stato membro UE2 (diverso da quello di origine), l’operazione è una cessione intra UE, non imponibile ex art. 41 DL 331/93;
  • – beni ceduti extra UE, l’operazione è una cessione all’esportazione, non imponibile ex art. 8 co. 1 DPR 633/72.

In entrambi gli ultimi due casi, il soggetto UE1 deve adempiere agli obblighi IVA, mediante il proprio numero di identificazione diretta o il rappresentante fiscale.

Il servizio di lavorazione (prestazione generica B2B) invece viene fatturato dal prestatore IT sempre in capo allo Stato del committente (UE1) soggetto passivo in art.7-ter DPR 633/72. e con l’annotazione “inversione contabile” ex art. 21 co.6-bis lett. a) DPR 633/7 (il servizio non viene MAI fatturato al rappr. fiscale di UE1). Il prestatore IT infine, presenta l’INTRASTAT, ai fini fiscali, per il servizio reso.

INTRA UE: detrazione IVA su acquisti intra UE salva anche con errori formali

Non si perde il diritto alla detrazione IVA in caso di omessa integrazione della fattura o erronea indicazione del titolo di esenzione se i requisiti sostanziali dell’operazione intra UE sono presenti e l’Amministrazione finanziaria può verificarne la sussistenza (Cassazione, sent. n. 3581 del 24/02/2016).

L’Agenzia Entrate (siccome non gli costa nulla) ricorreva in Cassazione per (tra l’altro) l’indicazione di un titolo errato di esenzione IVA su fatture per prestazioni di intermediazione rese alla società IT. Il ricorso del contribuente contro la ripresa a tassazione dell’IVA su tali fatture era stato accolto in CTP e in CTR Marche, che aveva sottolineato che il contribuente aveva applicato un titolo errato di esenzione, ma le fatture contestate erano comunque state oggetto di doppia registrazione per cui il saldo IVA era rimasto inalterato e non aveva originato un debito di imposta; secondo la CTR l’indicazione nelle fatture di un diverso titolo di esenzione ai fini IVA è un mero errore formale che non ha certo originato un debito IVA dal momento che, proprio per la doppia registrazione dell’imposta, il saldo resta inalterato. La Cassazione ha ribadito quanto sopra (similmente aveva fatto con la sent.Cass. n. 7577/2015).

Gli acquisti di beni e servizi intra UE ex DL n. 331/1993, comportano l’integrazione della fattura ricevuta e l’annotazione nel registro delle fatture emesse e in quello degli acquisti, per l’esercizio della detrazione IVA. In assenza di cause di indetraibilità, l’operazione è neutrale (l’IVA a debito coincide con l’IVA a credito). La Cassazione richiama la sentenza Corte di Giustizia UE causa C-590/13, dove si afferma il principio fondamentale di neutralità dell’IVA che impone che la detrazione dell’IVA sugli acquisti sia accordata se gli obblighi sostanziali sono soddisfatti, anche se taluni obblighi formali sono stati omessi.

I Paesi UE possono introdurre particolari obblighi per prevenire frodi, ma senza mettere in discussione il principio della detrazione dell’IVA: basta che gli acquisti siano effettuati da un soggetto passivo IVA, che tale soggetto sia debitore IVA su tali acquisti e che i beni siano utilizzati ai fini di proprie operazioni imponibili. Se l’Agenzia Entrate dispone delle informazioni necessarie per accertare la sussistenza di tali requisiti sostanziali, il diritto alla detrazione non può essere negato anche qualora il contribuente non abbia applicato o abbia applicato in modo corretto la procedura dell’inversione contabile. In caso di omissione della doppia registrazione delle fatture integrate o autofatture nei registri IVA vendite e acquisti, se è dimostrato che gli acquisti sono stati effettuati da un soggetto passivo dell’IVA e che le merci sono finalizzate a proprie operazioni imponibili, tali inadempienze non determinano alcun danno erariale. Un contenzioso che si poteva e doveva evitare.