TERRITORIALITA’ SERVIZI: verifica committente

Fonte: eutekne.info

Data: 22/09/2011

Autori: L. Cacciapaglia e F. D’alfonso

Le prestazioni di servizi generiche rese da operatori economici nei confronti di soggetti passivi sono territorialmente rilevanti ai fini IVA nel luogo in cui il destinatario ha stabilito la propria attività. L’accertamento delle menzionate caratteristiche è demandato agli stessi soggetti coinvolti nell’operazione, secondo regole fissate dal Legislatore o dalla singola Amministrazione fiscale. In particolare, il Reg.(CE) 282/2011, di rifusione del precedente Regolamento n. 1777/2005, ha previsto alcune disposizioni volte a garantire i soggetti coinvolti nelle prestazioni di servizi transnazionali, con particolare riguardo alla figura del prestatore adempiente, il quale è ora tenuto all’accertamento dello status, della qualità e del luogo di stabilimento del committente.

Tali caratteristiche devono essere valutate esclusivamente al momento del fatto generatore dell’imposta (articolo 25 Reg.(CE) 282/2011), cioè, in sostanza, al momento di effettuazione dell’operazione secondo la normativa nazionale, da individuarsi in base ai criteri ex art. 6 Decreto IVA. Un diverso trattamento fiscale può aversi, invece, nel caso di iniziale versamento di un acconto con previsione di un determinato impiego del servizio (ad esempio, per fini privati) e successivo pagamento del saldo, in presenza, tuttavia, di una diversa utilizzazione dello stesso (ad esempio, per fini d’impresa), nel qual caso si applicherà un regime IVA differenziato con riferimento ai due diversi momenti (CM 37/E/2011).

Tanto premesso, il prestatore del servizio dovrà innanzitutto verificare che il committente sia un soggetto passivo IVA. A tal fine, occorre distinguere l’ipotesi in cui quest’ultimo sia appartenente alla Ue da quella in cui non lo sia.
Il prestatore Ue, qualora il committente Ue gli comunichi il proprio numero di partita IVA, sarà tenuto, per essere esonerato da ogni responsabilità (salvo che, naturalmente, possegga informazioni contrarie), semplicemente a verificare:

  • la validità di tale numero mediante il sistema VIES;
  • la corrispondenza del nome e dell’indirizzo comunicati in base alle disposizioni del Reg. (CE) 904/2010, in vigore, tuttavia, soltanto dal 2012.

Laddove, poi, il committente non abbia ancora ottenuto il numero di partita IVA, ma abbia informato il prestatore di averne fatta richiesta, il prestatore potrà fare riferimento a qualsiasi prova fornita dal committente, fermo restando che il primo dovrà effettuare una verifica di ragionevole ampiezza, attraverso le normali procedure di sicurezza commerciali (controlli d’identità o di pagamento), dell’esattezza delle informazioni fornite dal committente. In assenza di elementi che dimostrino palesemente l’assenza di status di soggetto passivo, può attribuirsi rilevanza alla richiesta di attribuzione della partita IVA che il committente estero mette a disposizione del prestatore stabilito nel territorio dello Stato (CM 37/E/2011). Nel caso in cui, invece, il prestatore dimostri che il committente non gli ha comunicato il suo numero individuale di identificazione IVA, egli può considerare il committente privo di soggettività passiva, salvo che, anche in questo caso, disponga di informazioni contrarie sullostatus di quest’ultimo.

Laddove, poi, il committente sia un soggetto extra-Ue, il prestatore Ue per essere al riparo da ogni contestazione, posto che emette una fattura senza IVA ex art. 7-ter, co.1, lett. a) DPR 633/1972, deve ottenere dal committente extra-Ue il certificato attestante il diritto al rimborso ai sensi della tredicesima direttiva (Direttiva 86/560/CEE – Modalità di rimborso dell’imposta sul valore aggiunto ai soggetti passivi non residenti nel territorio della Comunità). In mancanza di tale certificato (che peraltro è rilasciato solo da un limitato numero di Paesi, come ad esempio Israele, Svizzera e Norvegia), il destinatario dovrà disporre di un numero di partita IVA o di un altro numero identificativo equivalente attribuitogli dal Paese di stabilimento o, comunque, dovrà fornire al prestatore qualsiasi altra prova attestante il proprio status di soggetto passivo. L’esattezza delle informazioni fornite dovrà, poi, essere verificata dal prestatore attraverso le normali procedure di sicurezza commerciali, quali quelle relative ai controlli di identità o di pagamento.

Eseguita questa prima valutazione, il committente dovrà, poi, verificare se il committente stia acquistando il servizio per destinarlo alla propria attività economica o esclusivamente a uso privato, dal momento che, in quest’ultimo caso, lo stesso dovrà considerarsi soggetto non passivo ai fini della individuazione del luogo di imposizione dell’operazione. Tuttavia, nell’ipotesi in cui il destinatario abbia comunicato al prestatore il proprio numero di partita IVA, quest’ultimo può senz’altro considerare che i servizi siano destinati all’attività economica del destinatario anche in caso di effettiva destinazione ad uso privato, salvo che non disponga di informazioni contrarie (art. 19 Reg.(CE) 282/2011), come ad esempio la natura del servizio di fatto incompatibile per un utilizzo commerciale. Inoltre, in caso di servizi compatibili sia con la sfera privata sia con la veste di soggetti passivi, il prestatore potrà chiedere al committente non comunitario anche gli elementi necessari a giustificare lamancata applicazione dell’imposta secondo il criterio generale B2B (CM 37/E/2011). Nell’ipotesi, poi, di servizi unici, destinati cioè sia ad uso privato, ivi compreso quello reso ai dipendenti del destinatario, sia a fini commerciali, il destinatario dei servizi dovrà essere considerato soggetto passivo per l’intera prestazione ricevuta (in assenza, tuttavia, di pratiche abusive).

Ricordiamo, al riguardo, che società, enti, associazioni o società semplici devono esseresempre considerate, a tali fini, soggetti passivi, salvo l’ipotesi in cui il servizio sia destinato a un uso privato delle persone che fanno parte di tali organizzazioni ovvero dei dipendenti delle stesse (CM 37/E/2011). L’esercizio di attività imprenditoriale, artistica o professionale non è, invece, sufficiente nel caso in cui il committente sia una persona fisica, per cui in questa ipotesi il prestatore del servizio sarà tenuto a effettuare una valutazione di compatibilità complessiva, al fine di verificare che il servizio sia acquistato nell’esercizio di tale attività.

Successivamente, il prestatore dovrà determinare il luogo di stabilimento del committenteverificando l’esattezza delle pertinenti informazioni (tra le quali il numero di identificazione IVA), ricevute dal committente attraverso le normali procedure di sicurezza commerciale (controlli di identità o di pagamento).

Ricordiamo, infine, che il prestatore riveste un ruolo importante anche con riferimento alla verifica della circostanza che, in relazione alla prestazione di servizio eseguita nello Stato membro del committente, non sia dovuta l’imposta poiché, ad esempio, considerata esente o non imponibile in base alla legislazione locale. A tal fine, l’operatore italiano sarà esente da responsabilità circa la qualificazione dell’operazione (e la conseguente non inclusione della stessa negli elenchi INTRASTAT) laddove richieda e ottenga dal committente Ue una dichiarazione in cui quest’ultimo afferma che la prestazione è esente o non imponibile nel suo Paese di stabilimento (CM 43/E/2010).

Tale dichiarazione è valida per tutte le prestazioni della stessa specie dallo stesso ricevute, e rimane tale fino a che non vi siano cambiamenti per quanto concerne il trattamento fiscale delle stesse nel Paese del committente o le caratteristiche del servizio reso. In mancanza di tale dichiarazione, il soggetto IVA nazionale potrà essere esentato dall’obbligo di presentazione degli elenchi INTRASTAT esclusivamente nell’ipotesi in cui abbia la certezza, in base ad elementi di fatto obiettivi, che con riferimento alle stesse non è dovuta l’imposta nello Stato membro del committente.

E-BOOK OPERAZIONI INTERNAZIONALI: online la versione 1.06

E’ disponibile sul sito del Commercialista Telematico l’e-book “OPERAZIONI INTERNAZIONALI”, versione 1.06 , sesto aggiornamento al  06/09/2011.

L’e-book conta ora oltre 360 pagine, rispetto alla prima uscita di 242 pagine.

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In particolare nella versione 1.06 sono stati aggiornati:

– Cap. 1 (Introduzione e principi generali) con:

  • le aliquote IVA in vigore nella UE al 1° luglio 2011
  • il Reg. 282/2011/UE in vigore dal 1° luglio 2011
  • precisazioni dell’Agenzia Entrate (CM 37/E/2011) sulla Stabile Organizzazione e sul traffico di perfezionamento passivo;
  • precisazioni della CM 29/E/2011 ed altre risposte in tema di autofatturazione
  • la RM 80/E/2011 sul rappresentante fiscale
  • la RM 36/E/2011 e la Circolare Assonime n.13 del 02/05/2011 sull’applicazione del reverse charge per cellulari e componenti PC

– Cap. 2 (Esportazioni) con alcuni accorgimenti per gestire i rischi legati alle esportazioni, nonché con la trattazione delle procedure semplificate (domiciliata, semplificata, AEO, Esportatore autorizzato);

– Cap. 4 (Territorialità IVA prestazioni di servizi) con

  • chiarimenti della CM 37/E/2011
  • risposte delle CM 28/E/2011 e CM 29/E/2011 a diversi quesiti relativi alla territorialità

– Cap. 5 (Operazioni intra UE) con

  • la CM 39/E/2011 in materia di VIES
  • le indicazioni della CM 21/E/2011 in materia di controlli  e della CM 21/D/2011 in materia di indagini finanziarie e controlli sugli scambi intra UE
  • le attività di verifica poste in capo al prestatore del servizio ex Reg. 282/2011/UE in vigore dal 1° luglio 2011
  • le risposte della CM 28/E/2011 con la posizione dell’Agenzia delle Entrate in merito alla possibilità di effettuare alcune operazioni intra UE

– Cap. 6 (Sistema Intrastat), all’argomento viene dedicato un capitolo a parte per razionalizzare la trattazione e renderla più agevole:

  • ampliamento della trattazione delle rettifiche Intrastat

Cap. 7 (Triangolazioni) con le ultime sentenze della Cassazione in materia di non imponibilità in caso di trasporto del cessionario promotore

– Cap. 8 (Operazioni con Città del Vaticano e RSM) con il miglioramento della trattazione sulle operazioni con RSM

– Cap. 10 (Operazioni con i Paesi Black List) con le risposte

  • della CM 28/E/2011 a quesiti relativi all’obbligo di comunicazione;
  • della RM 71/E/2011 in merito ad alcune modalità di comunicazione

– Cap. 11 (Deposito doganale, accise, IVA) con:

  • risposte della CM 28/E/2011 sulla fatturazione delle spese di deposito IVA
  • integrazioni del Decreto Sviluppo alla disciplina dei depositi IVA

– Cap. 12 (Contenzioso doganale) con gli elementi da verificare nella bolletta doganale ai fini del controllo

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INTRA UE: nuova CM 39/E/2011 sul sistema VIES

Fonte: Eutekne.info

Data: 02/08/2011

Autori: S. Cerato e M. Bana

L’Agenzia delle Entrate, con la [download id=”6681″], ha fornito alcune nuove precisazioni, con particolare riferimento alle modalità di iscrizione nell’archivio VIES, nonché alle procedure di diniego o revoca all’inserimento nello stesso. In primo luogo, è stato ribadito che la volontà di effettuare operazioni intracomunitarie deve essere manifestata, qualora ivi intenzionati, anche da parte di alcune particolari categorie di contribuenti, ancorché non soggetti passivi: è il caso, ad esempio, degli enti che non svolgono alcun tipo di attività commerciale, neppure in via secondaria, tenuti a identificarsi ai fini IVA in quanto hanno superato il limite di 10.000 euro relativo agli acquisti intracomunitari, ovvero hanno optato per l’applicazione dell’IVA in Italia, ex art. 38, co. 5, lett. c), DL 331/1993 (circolare Assonime n. 16/2011).

L’Amministrazione finanziaria ha, inoltre, sciolto un dubbio posto dall’Associazione delle spa, ovvero i criteri compilativi che devono essere adottati, in sede di inizio dell’attività, da parte dei contribuenti che effettuano solo prestazioni di servizi UE soggette ad imposizione nel luogo del committente (art. 7-ter DPR 633/1972): è stato chiarito che devono redigere anch’essi il campo “Operazioni intracomunitarie” del quadro I dei modelli AA7 o AA9, indicando il presunto volume di tali fattispecie che si ipotizza di porre in essere.

La [download id=”6681″] ha altresì ribadito che i soggetti già titolari di partita IVA, non ancora inclusi nel VIES, devono manifestare la propria volontà, mediante un’apposita istanza – di cui il documento di prassi produce un possibile schema, analogamente a quello riguardante un’eventuale e successiva rinuncia – da presentare a un qualsiasi ufficio dell’Agenzia delle Entrate, ovvero alla struttura della Direzione Regionale competente per il controllo, nel caso di contribuenti con un volume d’affari, ricavi o compensi di almeno 100 milioni di euro (provv. nn. 189362/2010 e 54291/2009). L’istanza in parola può essere trasmessa mediante raccomandata, oppure con messaggio di posta elettronica certificata sottoscritto digitalmente dal contribuente, o sottoscritto e presentato dallo stesso tramite copia per immagine dell’istanza firmata, unitamente a copia fotostatica, non autentica, di un documento d’identità del dichiarante: quest’ultima deve essere allegata anche nel caso di ordinaria spedizione attraverso il servizio postale.

La [download id=”6681″] ha poi confermato che, nei 30 giorni successivi alla data di attribuzione della partita IVA o in quella diversa di ricezione dell’istanza, gli Uffici territorialmente competenti devono effettuare l’analisi di rischio del contribuente, propedeutica all’inserimento nel VIES (provv. nn. 188381 e 188376/2010), fermi restando i successivi controlli da svolgersi entro 6 mesi – termine prorogato al 31 dicembre 2011 per i contribuenti inclusi automaticamente – e quelli di ulteriore monitoraggio periodico.

In relazione a un ulteriore dubbio posto dall’Associazione delle spa, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che eventuali operazioni intracomunitarie effettuate nei 30 giorni riservati ai controlli propedeutici all’inclusione nel VIES, così come dopo il diniego o la revoca, non rientrano nel regime fiscale degli scambi intracomunitari, ma in quello ordinario e, quindi, sono soggette a imposizione in Italia. Eventuali violazioni, compiute dopo l’emanazione della circolare in commento, saranno passibili di sanzioni ex art. 6 DLgs. 471/1997: è stato, quindi, recepito il principio di affidamento e buona fede del contribuente prospettato nella circolare Assonime n. 16/2011, così come quello secondo cui gli effetti del provvedimento di revoca decorrono dalla data di emissione dello stesso.

Nessuna deroga per i soggetti risultanti da operazioni straordinarie

La [download id=”6681″] ha, inoltre, precisato che non sono previste specifiche deroghe con riferimento ai soggetti risultanti da operazioni straordinarie, anch’essi soggetti alle normali procedure di controllo ai fini dell’inserimento nel VIES, se non nei termini della facoltà di richiedere un’anticipazione della valutazione del rischio, rispetto alla manifestazione della volontà di effettuare operazioni intracomunitarie. Così facendo, sarà possibile ottenere una certificazione equivalente all’inclusione nel VIES, utile all’immediata operatività in ambito UE, anche se la materiale inclusione nell’archivio avverrà soltanto successivamente.

L’Agenzia delle Entrate ha, infine, fornito alcune indicazioni di carattere operativo: ai fini dell’inserimento automatico nell’archivio, sono stati considerati gli elenchi INTRASTAT 2010 presentati entro il 26 gennaio 2011, con l’effetto che – in relazione al periodo d’imposta 2009 – non rilevano quelli trasmessi a gennaio 2009, con riferimento alle operazioni effettuate nel 2008.

CM 28/E/2011 Telefisco: risposte Agenzia e riflessi su operazioni internazionali

L’Agenzia delle Entrate ha emesso la CM 28/E/2011 del 21 giugno 2011, recante le risposte a quesiti in occasione di incontri con la stampa specializzata.

Di seguito si riportano le risposte fornite in materia di operazioni internazionali:

1.1 SERVIZI UE E RIMBORSI IVA

Domanda. Una società effettua operazioni di natura finanziaria nei confronti di soggetti privati extra UE. Sino al 31/12/2009 tali operazioni erano non imponibili ex art. 9, co. 1, n. 12), DPR 633/1972. Dal 2010 tali operazioni sono “fuori campo IVA” in Italia ex art. 7-septies, lett. d), DPR 633/1972. L’art. 19, co. 3, lett. a-bis), DPR 633/1972 non prevede alcuna limitazione alla detrazione per tali operazioni quando esse sono effettuate verso soggetti stabiliti fuori della UE. Si chiede se tali operazioni, possano essere intese come “operazioni ad aliquota zero” ai fini del raggiungimento del presupposto ex art. 30, co.3, lett.a), DPR 633/1972, per la richiesta di rimborso dell’IVA. Si chiede infine se la detraibilità dell’imposta non subisca alcuna limitazione anche durante il periodo transitorio compreso tra il 1° gennaio 2010 ed il momento di entrata in vigore del nuovo art. 19, comma 3, lett. a-bis).

Risposta. Le operazioni di natura finanziaria rese nei confronti di soggetti residenti fuori UE rientravano, antecedentemente al D.Lgs. 18/2010, fra le operazioni non imponibili ex art. 9, co.1, n. 12), DPR 633/1972, mentre la detraibilità dell’imposta assolta sui costi ad esse corrispondenti era consentita ex art. 19, co. 3, lett. a), del medesimo decreto. Pertanto, il diritto al rimborso dell’IVA poteva essere esercitato ex art. 30, co.3, lett. b). A seguito delle novità apportate dal predetto D.Lgs. 18/ 2010, tali operazioni, quando rese a privati consumatori, rientrano attualmente fra quelle escluse ex art. 7-septies DPR 633/1972, mentre la detraibilità dell’imposta assolta sulle relative spese è consentita ex art. 19, co. 3, lett. a-bis) (lettera introdotta dall’articolo 1, co. 1, lett. i) del D.Lgs. 18/2010). Il diritto al rimborso dell’IVA, infine, può essere ora esercitato ex art. 30, co.3, lett. d) DPR 633/1972 (come modificato dall’art. 1 co. 1, lett. q), del D.Lgs. 18/2010). In virtù dell’espressa previsione contenuta nella richiamata lett. d) dell’art. 30, il rimborso non può essere chiesto ai sensi della lett. a) del medesimo art. 30 (che prevede l’ipotesi di effettuazione di operazioni soggette ad aliquoteinferiori a quelle dell’imposta relativa agli acquisti), ipotizzando che le operazioni in discorso siano qualificabili come operazioni ad aliquota zero. Le disposizioni sopra citate [art. 7-septies, art. 19, comma 3, lett. a-bis), art. 30, co.3, lett. d), come da ultimo modificata] si applicano alle operazioni effettuate a partire dal 1° gennaio 2010. Infine, per quanto riguarda il trattamento delle operazioni effettuate durante il periodo transitorio che va dal 1° gennaio 2010 al momento di entrata in vigore del D.Lgs. 18/2010, si rinvia ai chiarimenti resi con CM 14/E/2010, paragrafo 1, ultimo periodo.

1.3 REVERSE CHARGE PRESTAZIONI DI SERVIZI DI TRASPORTO EFFETTUATE NEL TERRITORIO DELLO STATO DA SOGGETTI NON RESIDENTI

D. Un soggetto passivo di imposta IT acquista un biglietto aereo per un trasporto interno da una compagnia aerea non residente, identificata ai fini Iva in Italia. Secondo l’art. 17, co. 2, DPR 633/1972 il committente italiano si deve autofatturare ed assolvere l’imposta con il meccanismo del  reverse charge. Come si deve comportare il committente italiano che riceve una fattura con addebito di IVA da parte della compagnia estera?

R. L’art. 17, co. 2, DPR 633/1972, dispone che “Gli obblighi relativi alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato da soggetti non residenti nei confronti di soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato, compresi i soggetti indicati all’articolo 7-ter, comma 2, lettere b) e c), sono adempiuti dai cessionari o committenti”. Tale modifica legislativa ha reso obbligatorio il meccanismo dell’inversione contabile (cd.  reverse charge) per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate da un soggetto passivo non residente nei confronti di un soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato. Quest’ultimo  assume, quindi, la qualifica di debitore dell’imposta, da assolvere mediante l’emissione di un’autofattura riportante l’indicazione dell’IVA dovuta, anche qualora il cedente o prestatore sia identificato ai fini IVA in Italia, tramite identificazione diretta o rappresentante fiscale. La violazione del predetto obbligo di “reverse charge” comporta l’applicazione della disciplina sanzionatoria di cui al comma 9-bis dell’art. 6, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471. Il committente italiano, al fine di non incorrere nell’applicazione della predetta sanzione deve applicare il “reverse charge” e non deve tenere conto della fattura emessa dalla compagnia aerea, quindi:

  • non annotare la fattura emessa dalla compagnia aerea nel registro degli acquisti ex art. 25 DPR 633/1972;
  • non esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA erroneamente addebitata in fattura.

La compagnia aera che ha emesso fattura irregolare, invece, potrà rettificare la erronea fatturazione tramite emissione di una nota di variazione ex art. 26, co. 3, DPR 633/1972.

1.4. TERRITORIALITA’ IVA PRESTAZIONI DEPOSITO MERCI

Domanda. Un soggetto passivo IT riceve una prestazione di deposito per delle merci custodite in Olanda. Secondo la legislazione locale la prestazione è relativa all’immobile e, quindi, assoggettata ad IVA in Olanda. Tale interpretazione è condivisibile? In caso contrario come si deve comportare il committente italiano che riceve una fattura con addebito di IVA olandese da parte della società comunitaria?

Risposta. L’art. 44 della direttiva 2006/112/CE stabilisce che “Il luogo delle prestazioni di servizi resi a un soggetto passivo che agisce in quanto tale è il luogo in cui questi ha fissato la sede della propria attività economica”. Il successivo art. 47 stabilisce, in deroga, che “Il luogo delle prestazioni di servizi  relativi a un bene immobile, incluse le prestazioni di periti, di agenti immobiliari, la  fornitura di alloggio nel settore alberghiero o in settori con funzione analoga, quali i campi di vacanza o i terreni attrezzati per il campeggio, la concessione di diritti di utilizzazione di un bene immobile e le  prestazioni  tendenti a preparare o a coordinare l’esecuzione di lavori edili come, ad esempio, le prestazioni fornite dagli architetti e dagli uffici di sorveglianza, è il luogo in cui è situato il bene”.

Tanto premesso, si osserva che ai sensi dell’articolo 1766 del c.c. “il deposito è il contratto col quale una parte riceve dall’altra una cosa mobile con l’obbligo di custodirla e di restituirla in natura” quindi, si è dell’avviso che le prestazioni di deposito merci non possano ricondursi alla categoria delle prestazioni di servizi relative ai beni immobili. Ai fini dell’individuazione del luogo di effettuazione delle operazioni torna applicabile, pertanto, la previsione generale di cui al citato art. 44 della direttiva recepita dal legislatore nazionale all’art. 7-ter, co. 1 DPR 633/1972 secondo cui le prestazioni di servizi si considerano effettuate nel territorio dello Stato “… quando sono rese a soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato”. In particolare, nel caso di specie, la prestazione  resa deve essere assoggettata al reverse charge ex art. 17, co.2, DPR 633/1972 secondo cui “gli obblighi relativi alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato da soggetti non residenti nei confronti di soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato, compresi i soggetti indicati all’articolo 7-ter, co. 2, lettere b) e c), sono adempiuti dai cessionari o committenti”. E’, pertanto, il committente italiano che assume la qualifica di debitore dell’IVA, da assolvere mediante emissione di autofattura riportante l’indicazione dell’IVA dovuta. La violazione del predetto obbligo di reverse charge comporta l’applicazione della disciplina sanzionatoria ex comma 9-bis art. 6 D.Lgs. 471/1997.

Conseguentemente, il committente italiano che riceve fattura emessa dalla società  olandese con addebito della relativa IVA, al fine di non incorrere nell’applicazione della predetta sanzione, deve procedere all’applicazione del reverse charge.

2.5. AUTORIZZAZIONE ALLA PRESTAZIONE DI SERVIZI INTRACOMUNITARI

D. I provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle entrate, n. 188376 e n. 188381 del 29 dicembre 2010, in conformità all’art. 27 DL 78/2010, prevedono il regime autorizzatorio per le operazioni di cui al titolo II, capo II DL 331/1993 e l’inclusione in banca dati Vies delle partite IVA dei soggetti autorizzati. Ciò premesso, posto che la presenza della partita IVA in banca dati è necessaria anche per l’effettuazione delle prestazioni di servizi intracomunitarie soggette ad IVA nel paese di destinazione ex art. 7-ter DPR 633/1972, come si evince anche dall’art. 214 della direttiva IVAe dal regolamento UE n. 904/2010, si chiede di sapere se gli operatori che effettuano solo prestazioni di servizi intra UE debbano richiedere l’autorizzazione di cui sopra, oppure le eventuali diverse modalità con le quali vengono inseriti nella banca dati Vies.

Risposta. Gli operatori che effettuano o intendono effettuare esclusivamente prestazioni di servizi intracomunitarie devono, al pari di qualsiasi altro operatore IVA, manifestare espressamente tale volontà ai competenti Uffici dell’Agenzia delle Entrate. La richiesta di autorizzazione all’effettuazione di operazioni intra UE ex art. 27 DL 78/2010 infatti tenta di stabilire un equilibrio fra le esigenze di speditezza delle procedure amministrative di rilascio della Partita IVA vigenti (Com Unica e Fisco telematico) con la necessità di aderire alle sollecitazioni della Commissione europea, da ultimo integrate dal regolamento Ue 904/2010. La disposizione comunitaria citata, infatti, non distingue tra soggetti che effettuano forniture intra UE di beni o prestazioni di servizi, prevede che “…gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che i dati forniti da soggetti per la loro identificazione ai fini dell’IVA in conformità dell’art. 214 direttiva 2006/112/CE, siano, a loro giudizio, completi ed esatti”.

2.6. FATTURAZIONE SPESE DI DEPOSITO ADDEBITATE A SOGGETTO STABILITO IN ALTRO STATO UE

Domanda. Il gestore di un deposito IVA addebita le spese di deposito ad un soggetto passivo stabilito in un altro Paese  UE. Nella fattura, emessa senza addebito di IVA, deve essere richiamato l’art. 7-ter DPR 633/1972 oppure l’art. 50-bis DL 331/1993? Il predetto soggetto che, tramite il proprio rappresentante fiscale,  estrae i beni dal deposito ed assolve l’IVA ex art. 17 DPR 633/1972 (autofattura), deve comprendere nella base imponibile l’importo delle spese a lui addebitate dal depositario?

Risposta. Nel caso in esame il gestore del deposito dovrà fatturare in art. 7-ter DPR 633/1972. E’ opportuno ricordare, infatti, che l’individuazione della territorialità è pregiudiziale rispetto alla disciplina fiscale da applicare alla singola operazione. L’art. 7-ter DPR 633/1972 prevede che sono territorialmente rilevanti le prestazioni rese a soggetti passivi stabiliti nello Stato (comma 1). Tenuto conto che il committente è soggetto passivo  d’imposta stabilito in un altro Paese membro, il servizio di deposito dovrà essere  considerato fuori campo IVA. Il gestore del deposito, quindi, dovrà emettere una fattura con l’indicazione che si tratta di un’ “operazione non soggetta ad IVA ex art. 7-ter DPR 633/1972”, secondo quanto previsto dal successivo art. 21, comma 6. Infine, l’importo della predetta prestazione di servizio non dovrà essere incluso nella base imponibile su cui applicare l’imposta all’atto dell’estrazione dei beni dal deposito (cfr. art. 50-bis, co. 6, DL 331/1993), poichè la prestazione in esame è fuori campo di applicazione in Italia e territorialmente rilevante nello Stato membro di stabilimento del committente.

2.7 CONTRIBUENTI MINIMI E OBBLIGHI DICHIARATIVI: ESONERO

Domanda. I contribuenti minimi sono esonerati dalla presentazione della dichiarazione annuale IVA anche quando effettuano acquisti di beni e servizi per i quali sono debitori dell’imposta (es. acquisti intracomunitari, acquisti di servizi da fornitori esteri, ecc.)?

Risposta. L’effettuazione di acquisti intracomunitari e di altre operazioni di cui risultano debitori di imposta non comporta, per i contribuenti minimi, obblighi dichiarativi, ex art. 1, co. 109, L.244/2007. Come già chiarito con CM 73/E/2007, i contribuenti minimi hanno, in tale evenienza, esclusivamente l’obbligo di integrare la fattura con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta e di versare l’imposta entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni.

2.8 COMUNICAZIONE “BLACK LIST”

Domanda. Ai fini della comunicazione black list ex art. 1 DL 40/2010, in caso di importazione di beni da un paese black list, nel modello si devono indicare i dati contabili della fattura del fornitore estero oppure quelli della bolletta doganale di importazione (tenuto conto che, per vari motivi, i dati potrebbero non coincidere).  Si chiede inoltre se sussista l’obbligo di comunicazione anche nell’ipotesi di reimportazione, a seguito di reso, di beni in precedenza ceduti ad un operatore “black list”. Si chiede di confermare che, in tale  caso, non vi è obbligo di comunicazione autonoma ma solamente l’obbligo di rettificare la comunicazione precedentemente inviata.

Risposta.  Nel caso di importazione occorre indicare, i dati della bolletta doganale. Con riferimento al secondo quesito, la reintroduzione di beni nello stato originario, da parte dello stesso soggetto che li aveva esportati, è operazione autonoma rispetto all’originaria cessione all’esportazione e, in particolare, costituisce un’ipotesi di importazione non imponibile ex art. 68 DPR 633/1972. Pertanto, tali operazioni, seppure collegate a cessioni all’esportazione precedentemente effettuate, costituiscono oggetto di autonoma comunicazione quando effettuate con un operatore c.d. black list.

2.9 ERRATA INDICAZIONE TERMINI NELLE ISTRUZIONI

Domanda. Nelle  istruzioni della comunicazione “black list” si legge che l’importo delle operazioni attive va indicato “al netto delle note di variazione ricevute nel periodo”, mentre quello delle operazioni passive va indicato “al netto delle note di variazione emesse nel periodo”. Si chiede di chiarire se, come sembra, i verbi “ricevute” ed “emesse” siano stati erroneamente invertiti nelle due situazioni.

Risposta. Poiché, ex art. 26 DPR 633/1972, l’effettuazione delle note di variazione dell’imponibile o dell’imposta competono al cedente del bene o al prestatore del servizio, per le operazioni attive, in caso di variazione dell’imponibile o dell’imposta, la nota di variazione sarà emessa dal soggetto tenuto all’obbligo di comunicazione, mentre per le operazioni passive, sarà dallo stesso ricevuta. Le parole “ricevute” ed “emesse” sono state erroneamente invertite nelle  istruzioni allegate al modello di comunicazione.

2.10 CODICI FISCALI O DATI EQUIPOLLENTI DEI SOGGETTI BLACK LIST

Domanda. Consapevoli che non sarà possibile ottenere i codici fiscali di tutti i soggetti black list e gli indirizzi delle aziende estere, il contribuente italiano non potendo regolarizzare  entro il prossimo 31 gennaio le liste, sarà soggetto a sanzioni?

Risposta. Con CM 54/E/2010, è stata  riconosciuta l’esistenza di  “obiettive condizioni di incertezza” in relazione alle violazioni commesse in sede di prima applicazione delle disposizioni introdotte dall’art. 1 DL 40/2010. In particolare, ex art. 10, co.3, L.212/2000 (Statuto del contribuente) è stata prevista la disapplicazione delle sanzioni in caso di eventuali violazioni rilevate in sede di controllo concernenti la compilazione dei modelli di comunicazione relativi:

  • al trimestre luglio/settembre 2010, per i soggetti tenuti con periodicità trimestrale;
  • ai mesi da luglio a novembre 2010, per i soggetti tenuti  con periodicità mensile.

In entrambi i casi l’esimente opera a condizione che i contribuenti provvedano a sanare eventuali violazioni, inviando, entro il 31  gennaio 2011, i modelli di comunicazione integrativa.

Nel caso in cui il soggetto passivo non abbia regolarizzato gli errori o le omissioni commesse entro i citati termini, la valutazione circa la ricorrenza dell’errore scusabile – consistente nell’impossibilità, per il soggetto passivo italiano, di ottenere i codici fiscali o gli altri dati dei soggetti black list – rimane di competenza degli organi accertatori, tenuti a verificare, caso per caso, la sussistenza  dei requisiti per l’applicazione dell’esimente, conformemente alle regole generali di applicazione delle sanzioni ex D.Lgs. 472/1997.

2.11 SCHEDE CARBURANTI

Domanda. Sono da inserire nella black list le carte carburanti per rifornimenti effettuati dal contribuente italiano in Paese black list (esempio, in Svizzera)?

Risposta. La disciplina della c.d. scheda carburante (DPR 444/1997), si applica agli acquisti di carburante effettuati nel territorio dello Stato, non anche agli acquisti effettuati al di fuori del territorio nazionale.  In via generale, le operazioni di acquisto di carburante e lubrificanti per autotrazione effettuate da soggetti IVA presso distributori stabiliti in paesi black list, in quanto operazioni non soggette all’IVA, non sono soggette all’obbligo di registrazione ai fini IVA e, quindi, neppure alla comunicazione in esame. L’obbligo di comunicazione, infatti, per quanto concerne le operazioni non soggette a registrazione ai fini IVA, riguarda solo le prestazioni di servizi territorialmente  non  rilevanti nello Stato agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, in virtù di espressa previsione contenuta nell’art. 3 del D.M. 5 agosto 2010.

>>>> Vedi anche le risposte della CM 29/E/2011 (MAP) in materia di operazioni internazionali