Stabile organizzazione: detraibile IVA su acquisti del rappresentante fiscale estinto

L’Agenzia delle Entrate, con RM 108/E/2011,  stabilisce quanto segue: la stabile organizzazione in Italia può detrarre l’IVA assolta sugli acquisti effettuati con la partita IVA, successivamente chiusa, del soggetto non residente identificato nel territorio dello Stato direttamente (ex art. 35-ter DPR 633/1972) o per mezzo del rappresentante fiscale.

La Corte di Giustizia Europea (causa C-244/08) ha sancito l’illegittimità della normativa interna, che obbligava il soggetto non residente ad attivare in ogni caso la procedura del rimborso diretto ex art. 38-ter DPR 633/1972 in presenza di stabile organizzazione nel territorio italiano: il giudice comunitario ha limitato l’utilizzo della suddetta procedura ai soli casi in cui il soggetto richiedente non sia stabilito in Italia ovvero ivi identificato a mezzo di una propria stabile organizzazione.

Risulta superato quindi lo specifico divieto, che era stabilito dalla RM 327/E/2008 in considerazione dell’autonomia all’epoca riconosciuta alle rispettive posizioni fiscali, e cioè:

  • non poteva utilizzare la posizione fiscale per cui aveva richiesto partita IVA mediante l’identificazione diretta per assolvere obblighi ed esercitare diritti relativi alla stabile organizzazione;
  • non poteva procedere alla compensazione di posizioni debitorie e creditorie riferibili a posizioni fiscali diverse.

In pratica, la modalità di recupero dell’IVA dipende dal luogo di stabilimento del soggetto estero:

  • il rimborso è la procedura per il soggetto non stabilito in Italia;
  • la detrazione sugli acquisti di beni e servizi è la procedura per la stabile organizzazione.

L’Agenzia delle Entrate quindi considera comunque stabilito in Italia il soggetto passivo che abbia ivi istituito una stabile organizzazione (ex art. 38-bis2, co.1 DPR 633/1972, si esclude il rimborso verso i “soggetti che nel periodo di riferimento disponevano di una stabile organizzazione nel territorio dello Stato”, anche al di fuori dell’ipotesi ex art. 17, co.4 DPR 633/1972, in cui l’acquisto non sia riferibile all’attività della branch).

Secondo la disciplina comunitaria, in questa ipotesi, il rimborso sarebbe la modalità applicativa più appropriata per il recupero dell’IVA a credito, tenuto conto, da un lato, dell’art. 192-bis della Direttiva 2006/112/CE e, dall’altro, dell’art. 53 del Reg. (CE)282/2011. In dettaglio, si prevede che il soggetto non residente resti tale anche se possiede una stabile organizzazione in Italia quando le operazioni poste in essere non siano riconducibili alla branch (art. 192-bis); seppure inserita nell’ambito delle disposizioni che regolano la detrazione, la norma esprime un principio di carattere generale, con effetti anche sul diritto di rimborso spettante ai soggetti esteri.
Tale principio è poi rafforzato dal Regolamento di esecuzione, nella parte in cui viene chiarito il concetto di partecipazione di una stabile organizzazione alla cessione o prestazione ai fini dell’applicazione del citato art. 192-bis: tale partecipazione richiede che i mezzi umani e tecnici della branch siano effettivamente utilizzati per compiere la cessione o prestazione, prima o durante l’operazione. Dal che discende che il coinvolgimento della stabile organizzazione successivamente alla cessione o prestazione costituisce un’attività autonoma, oltre che successiva a quella già effettuata.

Adempimenti dichiarativi

Sul piano procedurale, la chiusura della partita IVA con contestuale costituzione della stabile organizzazione è assimilabile alla trasformazione soggettiva sostanziale e, come tale, va gestita ai fini dichiarativi.

In particolare, si deve far riferimento all’operazione straordinaria di trasformazione che consiste nella modificazione della forma giuridica di una società:

  • tale operazione non comporta l’estinzione di una società e la nascita di un’altra, ma la continuazione della stessa con un’altra veste giuridica senza, di per sé, variazioni nel patrimonio o nei rapporti giuridici con i terzi;
  • tale operazione, essendo volta ad adeguare la sua struttura organizzativa alla modifica normativa (che, come ricordato, ha reso impossibile, per un soggetto non residente, avere in Italia contestualmente due posizioni IVA), può essere trattata, sul piano procedurale, secondo quanto prescritto per l’operazione di trasformazione.

Pertanto, qualora la trasformazione sia avvenuta prima della data di presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno solare precedente alla trasformazione stessa, la stabile organizzazione (avente causa) presenta la dichiarazione IVA relativa all’anno della trasformazione per conto della posizione da identificazione diretta (dante causa), indicando nel riquadro contribuente i dati del soggetto non residente e nel riquadro dichiarante i dati della stabile organizzazione medesima riportando il codice carica “9”.

La stabile organizzazione inoltre presenta la dichiarazione IVA relativa all’anno solare nel corso del quale è avvenuta la trasformazione, con l’indicazione di tutte le operazioni riferibili, per quell’anno, all’attività svolta dalla stessa, nonché di quelle poste in essere dalla posizione da identificazione diretta nella frazione d’anno anteriore al momento di efficacia della trasformazione.

In particolare, la stabile organizzazione deve presentare il modello composto:

  • da un unico frontespizio nel quale devono essere indicati la denominazione o ragione sociale, il codice fiscale, la partita IVA della stabile organizzazione stessa;
  • da un modulo nel quale devono essere compilati tutti i quadri inerenti la propria attività, riportando i dati delle operazioni effettuate dallo stesso soggetto nel corso dell’anno in cui è avvenuta la trasformazione, compresi anche i dati relativi alle operazioni effettuate dalla posizione da identificazione diretta nella frazione di mese o trimestre nel corso del quale è avvenuta l’operazione di trasformazione stessa. Devono essere, altresì, compilati i quadri VT e VX al fine di riepilogare i dati relativi ai soggetti partecipanti all’operazione;
  • da un modulo nel quale devono essere compilati tutti i quadri inerenti l’attività svolta dalla posizione da identificazione diretta comprendendo i dati relativi alle operazioni effettuate fino all’ultimo mese o trimestre conclusosi anteriormente alla data della trasformazione. Inoltre nel rigo VA1, campo 1, deve essere indicata la partita IVA del soggetto cui il modulo si riferisce.

Infine, se l’attività svolta dalla società comunitaria con identificazione diretta è esente o, comunque, con limitato diritto alla detrazione, l’IVA sugli acquisti di beni e/o servizi, territorialmente rilevanti in Italia, effettuati dalla stessa, concorre nella liquidazione IVA della stabile organizzazione nel rispetto delle prescrizioni ex artt. 19 e 19-bis DPR 633/1972.

Rappresentante fiscale e acquisti senza IVA: RM 80/E/2011

L’Agenzia delle Entrate, con [download id=”6683″], ha ribadito che anche dopo le modifiche all’art. 17 DPR 633/1972, il soggetto non residente identificato tramite rappresentante fiscale (v. anche [download id=”6685″]può effettuare acquisti senza applicazione dell’IVA beneficiando del plafond di esportatore abituale ai sensi dell’art. 8, co.2, DPR 633/1972.

L’Agenzia con la [download id=”6683″] ha fornito inoltre ulteriori precisazioni per il soggetto estero cedente identificato tramite rappresentante nel territorio dello stato .

IL CASO CONCRETO  

La società Alfa ha sede in Svizzera e  fa parte del gruppo multinazionale Beta. L’attività di Alfa consiste nell’acquisto dei prodotti di Beta presso i fornitori. Tali prodotti, stoccati in magazzini centrali situati in Stati europei (tra cui l’Italia) sono successivamente rivenduti alle società del gruppo incaricate della gestione dei negozi di vendita al dettaglio.

Per lo svolgimento della propria attività, Alfa effettua operazioni rilevanti territorialmente nel territorio dello Stato e, pertanto, per assolvere gli obblighi relativi a tali operazioni ha nominato un rappresentante fiscale ex art. 17, co. 3, DPR 633/1972.

In particolare, la società Alfa ha chiesto all’Agenzia se poteva acquistare beni o servizi senza addebito dell’IVA (plafond), ex art. 8, co. 2, DPR 633/1972, atteso che il Dlgs 18/2010, ha modificato la disciplina del rappresentante fiscale ex art. 17 DPR 633/1972.

L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che anche un soggetto passivo non residente, ma identificato ai fini IVA in Italia, tramite rappresentante fiscale (o anche direttamente ex art. 35-ter), può maturare il plafond e effettuare acquisti senza applicazione dell’imposta.

Coloro che effettuano esportazioni, ex art. 8, co. 2, DPR 633/1972, possono compiere acquisti senza IVA, nei limiti dei corrispettivi realizzati, per tali operazioni, nell’anno solare passato (ovvero nei 12 mesi precedenti), dietro presentazione di una lettera di intenti al proprio fornitore, a condizione che l’ammontare di quegli importi sia superiore al 10% del volume d’affari (art. 1, DL 746/1983, convertito in L. 17/1984).

In relazione alla maturazione del plafond, l’Agenzia ha precisato che il soggetto estero cedente, identificato nel territorio dello Stato, realizza un’operazione rilevante ai fini del plafond quando realizza:

  • esportazioni;
  • cessioni intracomunitarie;
  • cessioni di beni e/o prestazioni di servizi interni non imponibili (ex artt. 8–bis e 9) nei confronti di altri soggetti non residenti ovvero privati.

Diversamente, l’interessato non realizza alcuna operazione rilevante ai fini del plafond in caso di:

  • cessioni interne nei confronti di soggetti passivi residenti [o assimilati ex art. 7-ter, co. 2, lettere b) e c)];
  • servizi interni nei confronti di soggetti passivi residenti [o assimilati di cui all’art. 7-ter, co. 2, lettere b) e c)];

dal momento che in tali due ipotesi la qualifica di debitore d’imposta è assunta dal cessionario/committente, soggetto passivo stabilito in Italia (art. 17, co. 2, DPR 633/1972), che deve assolvere l’imposta mediante reverse charge.

Si precisa che anche fino al 2009 il soggetto non residente, tramite identificazione IVA in Italia, non maturava plafond per le operazioni attive rilevanti territorialmente in Italia, effettuate nei confronti di cessionari o committenti nazionali, in quanto si trattava, per la maggior parte, di operazioni imponibili, per le quali non c’erano comunque benefici in relazione allo status di esportatore abituale.

Il DLgs. 18/2010 non ha cambiato il regime dell’operazione, ma il debitore del tributo, che dal 2010, per le operazioni poste in essere da non residenti nel territorio dello Stato, è in ogni caso il cessionario o committente nazionale. Tale ultimo soggetto, infatti, deve assolvere agli obblighi IVA, con emissione di autofattura (o integrazione della fattura del prestatore), in luogo del soggetto non residente, pur se identificato in Italia.

OBBLIGO NOMINA RAPPRESENTANTE FISCALE: incompatibilità con libera circolazione capitali

Fonte: Eutekne.info

Autore: G. Odetto

Data: 6 maggio 2011

Sentenza Corte di Giustizia europea 5 maggio 2011 causa C-267/09: la Corte di Giustizia UE  ha ritenuto incompatibile con il principio di libera circolazione dei capitali l’obbligo di nomina del rappresentante fiscale dei soggetti non residenti ai fini delle imposte sui redditi.

Questo principio è stato stabilito relativamente a una controversia insorta con lo Stato portoghese, la cui legislazione tributaria (art.130) impone la nomina del rappresentante per i non residenti:

  1. in tutti i casi in cui vengano percepiti redditi soggetti a imposta, al fine della rappresentanza nei confronti dell’Amministrazione e dell’assolvimento degli obblighi tributari in Portogallo;
  2. all’atto dell’attribuzione del codice fiscale, sempre in Portogallo.

Il primo obbligo è stato ritenuto incompatibile con il diritto comunitario, in linea con la Commissione europea, che aveva aperto la relativa procedura di infrazione, in quanto i costi amministrativi per la nomina del rappresentante e la relativa retribuzione determinano un ostacolo idoneo a dissuadere le persone non residenti in Portogallo a investire in quello Stato (punto 37 della sentenza).

La Corte di Giustizia ha, in particolare, respinto le eccezioni avanzate dal Governo portoghese, stabilendo che l’obbligo di nomina del rappresentante eccederebbe quanto previsto in sede comunitaria al fine di reprimere le frodi tributarie; la presenza del rappresentante costituirebbe, in altre parole, una necessità dettata da una supposta “presunzione di evasione o frode fiscale” (punto 43 della sentenza), in quanto l’Amministrazione fiscale portoghese richiederebbe al rappresentante stesso dati e notizie relative al soggetto estero rappresentato, in caso di contestazioni. A confutazione di ciò, la Corte ha rilevato che tali poteri possono essere esercitati dall’Amministrazione stessa avvalendosi delle procedure di scambio di informazioni previste a livello internazionale.

LEGGE ITALIANA

Quali le possibili conseguenze della sentenza sulla legislazione italiana (v. art. 4, co. 2, DPR 600/1973, l’obbligo di nomina di un rappresentante per i rapporti tributari in Italia delle società ed enti esteri)?
In prima analisi, si potrebbe sostenere che si tratta di casi differenti, in quanto la legislazione portoghese prevede l’intervento del rappresentante anche nel pagamento, in nome e per conto del rappresentato, dell’imposta dovuta da quest’ultimo.

Si tratta, quindi, di una situazione che pare non perfettamente sovrapponibile al caso italiano, nel quale il rappresentante fiscale – ad esempio – non è obbligato a sottoscrivere la dichiarazione dei redditi italiana (anche se ne ha facoltà – v. istruzioni al modello UNICO 2011 SC, che contemplano tale figura tra quelle abilitate, con il codice 6).

In un’ottica più generale, tuttavia, si potrebbe argomentare come la norma possa presentare profili di incompatibilità se l’obbligo di nomina fosse da intendersi riferito a una figura che assuma responsabilità dirette nei confronti dell’Erario (come effettivamente avvenuto nel caso portoghese nella causa C-267/09), sicché gli unici obblighi potrebbero riguardare figure non investite da tali responsabilità, che agiscano in qualità di meri domiciliatari nei rapporti con l’Amministrazione, ferma restando la responsabilità degli organi amministrativi (anche se esteri) per le violazioni commesse..