Per la disciplina IVA conta la sede dell’attività: di conseguenza, l’imprenditore che ha stabilito la sede dell’attività economica in uno stato membro UE diverso da quello nel quale mantiene la residenza, deve essere considerato in quest’ultimo stato come un soggetto non residente.
Questo importante chiarimento è stato fornito dalla Corte di giustizia Ue con la sentenza 6/10/2011, nel procedimento C-421/10, sull’interpretazione delle disposizioni in materia di debitore dell’IVA, e in particolare con riguardo ai presupposti necessari per l’applicazione del meccanismo del reverse charge nel caso di effettuazione dell’operazione da parte di un soggetto non stabilito nel luogo in cui è dovuta l’imposta.
La questione, sollevata con riferimento alle pregresse disposizioni della sesta direttiva è ancor più rilevante alla luce della riforma del 2010.
La vicenda, contestata dall’Amministrazione finanziaria tedesca, ma ritenuta regolare dalla sentenza della Corte di giustizia UE è la seguente: una persona fisica nel 2002 trasferiva dalla Germania all’Austria la sede della propria attività economica, ottenendo partita IVA austriaca; dopo qualche mese trasferiva anche la residenza anagrafica, ma secondo l’autorità doganale egli continuava a soggiornare frequentemente in Germania. L’imprenditore fatturava le prestazioni rese a imprese stabilite in Germania senza addebitare l’IVA tedesca, ritenendo che l’imposta dovesse essere applicata dagli stessi destinatari con il meccanismo dell’inversione contabile, in ragione del fatto che le prestazioni erano rese nel territorio tedesco da un soggetto passivo non residente in tale territorio. L’amministrazione, però, non riteneva soddisfatte le condizioni per l’applicazione dell’inversione contabile, poiché l’imprenditore non poteva essere considerato un soggetto passivo non residente in Germania, avendovi mantenuto la residenza di fatto.
La decisione
La Corte di giustizia UE ha osservato che la qualità di soggetto passivo non residente all’interno del paese presuppone che il soggetto passivo non disponga in tale paese, nel periodo di riferimento, di alcuno dei criteri di collegamento individuati dalla norma:
- il primo criterio è la sede dell’attività economica e l’esistenza di un centro di attività stabile (ora stabile organizzazione) a partire dal quale sono svolte le operazioni;
- gli altri criteri (domicilio o residenza abituale del soggetto passivo) possono essere presi in considerazione, per la determinazione del luogo in cui il soggetto passivo si considera stabilito, solo in mancanza di informazioni pertinenti relative alla sede dell’attività economica o al centro di attività stabile a partire dal quale sono svolte le operazioni.
Pertanto, in una situazione come quella esaminata dalla Corte europea, nella quale la sede dell’attività economica del soggetto passivo è nota e si trova all’esterno del paese del destinatario, e non è stato messo in dubbio che si tratta della sede effettiva e reale e non di una sede fittizia, non si può tener conto dell’eventuale residenza privata del soggetto passivo all’interno di tale paese.