STABILE ORGANIZZAZIONE: si anche se l’attività è svolta all’estero

Fonte: Fisco Oggi

Data: 13/06/2012

Autore: V. Giuliani

È irrilevante il fatto che la società di San Marino non abbia veri e propri locali in Italia se, poi, è dotata di uomini e mezzi che operano in piena autonomia gestionale

Si configura la stabile organizzazione di una società straniera in Italia quando questa abbia affidato, anche di fatto, la cura dei propri affari in territorio italiano ad altra struttura munita o meno di personalità giuridica.

Questo, in sintesi, il principio stabilito dalla Cassazione con la sentenza n. 20676 del 29 maggio._ 

Il caso
A seguito del sequestro preventivo di beni di proprietà di una Srl, disposto dal Gip nell’ambito di un procedimento penale a carico di un imprenditore indagato per i reati di omessa dichiarazione e di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (articoli 5 e 11 Dlgs 74/2000), è stata presentata dal rappresentante legale della società istanza di riesame al tribunale territorialmente di competenza.
I giudici di merito, rigettando la richiesta di riesame, avevano evinto, sulla base degli esiti dell’attività investigativa svolta dalla Guardia di finanza e della copiosa documentazione fiscale e contabile acquisita, la sussistenza del fumus boni iuris dei reati ipotizzati e che il sequestro era stato legittimamente disposto, ai sensi dell’articolo 322-ter, comma 2, codice penale, e dell’articolo 1, comma 142, L. Finanziaria per il 2008.
Gli inquirenti avevano accertato come l’indagato, al fine di evadere le imposte, fosse effettivamente l’amministratore e il detentore della maggioranza di una Srl iscritta nel registro delle imprese della Repubblica di San Marino che operava quasi esclusivamente per la Srl italiana.
In sostanza, l’attività imprenditoriale si svolgeva con l’effettuazione dei controlli della qualità dei tessuti a San Marino, i quali venivano poi trasferiti nei laboratori italiani per il confezionamento degli abiti.
Questo procedimento industriale veniva confermato dalle sommarie informazioni testimoniali fornite dai responsabili dei laboratori, i quali avevano dichiarato di aver intrattenuto rapporti lavorativi con la medesima persona, sia che avessero lavorato per la ditta italiana sia per quella sammarinese.
L’imputato aveva sì creato la società a San Marino, ma, secondo quanto evidenziato dal Gip, svolgeva la sua attività imprenditoriale nel territorio italiano, servendosi anche dell’ausilio della figlia che deteneva il 70% delle quote della società italiana.
Inoltre, erano state rinvenute nell’abitazione dell’imprenditore, che dichiarava essere un mero consulente della società, i libri e le scritture contabili sia della società sammarinese che della società italiana, il che provava di fatto che le due società erano gestite dalla medesima persona.
Alla luce di quanto detto, il Tribunale contestava al contribuente l’obbligo della presentazione della dichiarazione annuale ai fini Iva e Ires, ricorrendo il requisito della stabile organizzazione sia sotto il profilo personale che materiale.
In effetti, i capi d’abbigliamento venivano confezionati in Italia, come confermato dai responsabili dei laboratori, i quali avevano puntualizzato che il controllo della qualità veniva effettuato nei medesimi locali nei quali si intrattenevano anche rapporti commerciali.
La Guardia di finanza aveva prontamente rilevato che, tre giorni dopo la cessazione degli accertamenti, la società immobiliare amministrata dall’imputato, proprietaria di tutti gli immobili della famiglia, era stata trasformata in società a nome collettivo avente come soci la moglie e le figlie al solo fine di rendere impignorabile le quote della società di persone.
Di conseguenza, il tribunale competente, rilevando il periculum libertatis dell’imputato, aveva disposto il sequestro delle quote delle società di proprietà del contribuente, che è ricorso in Cassazione.

La pronuncia della Corte
Come affermato dalla giurisprudenza della Corte, la nozione di stabile organizzazione di una società straniera in Italia, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, si evince dall’articolo 5 del modello di convenzione Ocse contro la doppia imposizione e dal suo commentario, integrata con i requisiti prescritti dall’articolo 9 della sesta direttiva Cee n. 77/388 del Consiglio del 17 maggio 1977.
La normativa comunitaria individua il centro di attività stabile in una struttura dotata di risorse materiali e umane che può essere costituito anche da un’entità dotata di personalità giuridica, alla quale la società straniera abbia affidato anche di fatto la cura di affari (con l’esclusione delle attività di carattere meramente preparatorio o ausiliario, quali la prestazione di consulenze o la fornitura diknow how.
E’ prevista un’ulteriore prova dell’attività economica svolta dal soggetto nazionale che può essere ricavata anche da elementi indiziari “quali l’identità delle persone fisiche che agiscono per l’impresa straniera e per quella nazionale, ovvero la partecipazione a trattative o alla stipulazione di contratti, indipendentemente dal conferimento di poteri di rappresentanza”.
La Corte di cassazione, con la sentenza 20676 del 29 maggio, ha inserito un importantissimo tassello nell’ampio mosaico del principio impositivo della stabile organizzazione, chiarendo che si prescinde dalla fittizietà o meno dell’attività della società svolta all’estero.
Nello specifico, i giudici di legittimità hanno stabilito che sussiste il requisito impositivo della stabile organizzazione di una società straniera in Italia anche nel caso in cui questa abbia affidato, anche di fatto, la cura dei propri affari in territorio italiano ad altra struttura munita o no di personalità giuridica.
Nel caso sottoposto a giudizio di legittimità, a nulla rileva il fatto che la società sammarinese non avesse locali in Italia; i giudici di piazza Cavour hanno evidenziato un’evidente irrazionalità del ciclo produttivo che imponeva il transito delle merci nei locali di San Marino per un mero controllo di qualità per poi essere spedite per la lavorazione finale in territorio italiano: circostanza smentita dagli stessi titolari dei laboratori, i quali avevano dichiarato che l’attività di controllo avveniva nei medesimi locali.
Appare dunque evidente che la società sammarinese avesse una stabile organizzazione in Italia, perché, a parte l’irrazionale ciclo produttivo delle merci, i capi venivano prodotti esclusivamente sul territorio italiano nonostante fosse gestita la produzione dalla Repubblica di San Marino, venivano pattuiti le tipologie di prodotto e le modalità di lavoro da eseguire, il trasporto e i prezzi finali dei vestiti.
Da ciò ne consegue, giocoforza, che la società sammarinese aveva uno stretto legame col territorio italiano, essendo dotata di un’organizzazione di uomini e di mezzi idonea a operare in loco in piena autonomia gestionale.

Acquisti da Repubblica San Marino

Fonte: Eutekne.info

Autore: L. Cacciapaglia e F. D’Alfonso

Data: 23/08/2011

La disciplina IVA degli acquisti da San Marino prevede numerose particolarità che derogano ai criteri generali. In queste s’innestano le peculiarità degli acquisti effettuati dagli enti non commerciali. Va premesso che la Repubblica di San Marino non costituisce uno Stato membro della UE né fa parte del “territorio della Comunità”, come definito dall’art. 7, comma 1, lett. b), del DPR n. 633/1972.

Per gli acquisti di servizi, si applicheranno le regole generali in materia di individuazione del luogo di imposizione, salvo specifiche deroghe (es. servizi su immobili) per cui:

  • saranno rilevanti territorialmente in Italia le prestazioni rese nei confronti di soggetti passivi IVA stabiliti in Italia (art. 7-ter, co. 1, lett. a) DPR 633/1972);
  • saranno fuori dal campo di applicazione le prestazioni rese a privati nazionali. Peraltro, non devono considerarsi soggetti passivi coloro che ricevono servizi destinati esclusivamente ad un uso privato, compreso quello da parte dei loro dipendenti (art. 19 del regolamento del Consiglio UE n. 282/2011). Tale principio, dunque, oltre che per le persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni (art. 7-ter, comma 2, lett. a) del Decreto IVA), la natura dell’acquisto dei quali è oggetto di valutazione da parte del prestatore del servizio, vale anche con riferimento alle persone giuridiche che si trovano nelle predette condizioni previste dal citato reg. UE (CM 37/E/2011).

Per soggetti passivi devono intendersi anche gli enti, le associazioni e le altre organizzazioni ex art. 4, co.4 del Decreto IVA, cioè: gli enti non commercialiche svolgono attività commerciale; gli enti, le associazioni e le altre organizzazioni che non svolgono attività commerciale, ma che sono identificati ai fini IVA (art. 7-ter, comma 2, lett. b) e c) del Decreto IVA).
In particolare, rientrano tra questi ultimi soggetti:

  • coloro che hanno effettuato nell’anno precedente, ovvero effettuino nell’anno in corso, acquisti intracomunitari di beni al di sopra della soglia di 10.000 euro fissata dall’art. 38, comma 5, lett. c) del DL n. 331/1993 o che hanno optato per l’imposizione nel nostro Paese;
  • gli operatori che hanno eseguito, entro gli stessi termini, acquisti presso operatori di San Marino superiori alla soglia di 8.263,31 euro, nonché i soggetti che, pur non avendo superato tali soglie, abbiano optato per l’imposizione in Italia. In linea generale, si ricorda che in caso di acquisto di beni e servizi effettuato nei confronti di soggetti non residenti (quindi, anche sammarinesi) in virtù di operazioni rilevanti territorialmente in Italia, tutti gli obblighi IVA dovranno essere adempiuti dal committente nazionale attraverso il sistema del c.d. “reverse charge” (art. 17, secondo comma del DPR n. 633/1972), mediante autofattura e duplice annotazione, sul registro vendite e su quello acquisti, di tale documento. Se il servizio è acquistato da privati nazionali, si applicheranno, invece, le imposte locali del Paese del prestatore del servizio.

Per quanto concerne gli acquisti di beni, anche se San Marino costituisce uno Stato extra-UE, non si applica la disciplina prevista per le importazioni, ma sono previste due particolari procedure, alternative:

  • con addebito d’imposta da parte del fornitore di San Marino;
  • senza indicazione dell’IVA da parte di quest’ultimo.

Nel primo caso (cfr. circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 158/2000), il cedente sammarinese emette fattura in quattro copie indicando: il proprio numero di identificazione; la partita IVA dell’acquirente; l’ammontare dell’IVA dovuta dal cessionario italiano.
Tali fatture devono poi essere presentate all’Ufficio tributario sammarinese congiuntamente ad un elenco riepilogativo in quattro copie e previo versamento dell’imposta. Successivamente, il fornitore sammarinese trasmette al soggetto IVA italiano l’originale della fattura restituita dall’ufficio, perforata con datario e timbrata con impronta secco. L’operatore nazionale annoterà la fattura ricevuta nel registro IVA acquisti e potrà portare in detrazione l’imposta secondo i criteri generali.
Secondo l’altra procedura, l’operatore sammarinese emetterà fattura in tre esemplari, riportando sulla stessa il proprio codice identificativo e la partita IVA del cessionario italiano e presenterà detti documenti, accompagnati da un elenco riepilogativo in tre copie, all’Ufficio tributario sammarinese, il quale apporrà sugli stessi un timbro a secco, restituendo al cedente sammarinese due esemplari delle fatture (cfr. DM 24 dicembre 1993). Un esemplare delle fatture vistate sarà, poi, inviato dall’operatore sammarinese all’acquirente italiano, il quale adempierà agli obblighi IVA a norma dell’art. 17, comma 2 del DPR 633/1972 (autofatturazione). Il soggetto nazionale dovrà, inoltre, avere cura di comunicare al locale Ufficio dell’Agenzia delle Entrate (non è previsto, tuttavia, un preciso limite temporale) l’annotazione delle predette operazioni sui registri IVA.

Particolarità per gli acquisti effettuati dagli enti non commerciali

Particolarità vigono per gli acquisti di beni e/o di servizi realizzati da enti non commerciali, soggetti passivi o non soggetti passivi, ma comunque identificati ai fini IVA in Italia. In caso di acquisti effettuati in relazione allo svolgimento di attività istituzionali e per i quali l’imposta è stata applicata ai sensi dell’art. 17, secondo comma del DPR n. 633/1972 (reverse charge), gli obblighi di registrazione, dichiarazione e versamento dell’imposta dovranno essere, infatti, adempiuti da questi ultimi secondo le disposizioni di cui agli artt. 47, comma 3 e 49 del DL n. 331/1993 (articolo 30-bis del DPR n. 633/1972). Pertanto, detti enti non commerciali dovranno annotare l’autofattura emessa in unapposito registro tenuto e conservato a norma dell’art. 39 del Decreto IVA (in tale registro dovranno essere annotate anche le fatture IVA emesse dall’operatore sammarinese secondo l’altra procedura), nonché versare cumulativamente, entro ciascun mese, l’imposta relativa a tutti gli acquisti registrati nel mese precedente tramite modello F24. Allo stesso tempo, tali soggetti sono tenuti ad inviare telematicamente all’Agenzia delle Entrate una dichiarazione (c.d. “modello INTRA12”), nella quale devono essere riportati gli acquisti registrati nel mese precedente, l’importo relativo all’IVA dovuta, nonché gli estremi del versamento effettuato dal dichiarante.

Inoltre, i citati enti non commerciali non soggetti passivi dovranno adempiere agli obblighi IVA secondo le modalità indicate esclusivamente nelle ipotesi in cui l’ammontare degli acquisti effettuati nella Repubblica di San Marino abbia superato nell’anno precedente ovvero superi nell’anno in corso il limite di 8.263,31 euro o laddove, pur non avendo superato tale soglia, gli stessi abbiano optato per l’imposizione in Italia; in caso contrario, l’imposta sarà assolta nella Repubblica di San Marino, poiché il fornitore sammarinese addebiterà l’Iva locale con la propria fattura. Ad ogni modo, a prescindere dalla procedura adottata, per l’acquisto di servizi da fornitori sammarinesi non è previsto alcun obbligo ai fini INTRASTAT. Gli acquisti realizzati dai soggetti privati saranno assoggettate ad imposta nella Repubblica di San Marino, salvo che si tratti di acquisti (a titolo oneroso) di mezzi di trasporto nuovi o di beni ceduti in base a cataloghi, per corrispondenza e simili, con invio a carico del cedente, in caso di superamento della soglia di 35.000 euro o di opzione da parte del cedente per il pagamento del tributo in Italia.

Infine, rientrando San Marino tra i Paesi a fiscalità privilegiata di cui al DM 4 maggio 1999 e al DM 21 novembre 2001, i soggetti IVA nazionali sono tenuti a comunicare all’Agenzia delle Entrate tutte le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate e ricevute, registrate o soggette a registrazione che coinvolgono gli operatori economici aventi sede, residenza o domicilio in tale Stato. Devono essere comunicate anche le prestazioni di servizi rese/ricevute prive del requisito della territorialità (DM 5 agosto 2010). Tuttavia, non occorre indicare nel modello UNICO l’ammontare degli acquisti ai fini della deducibilità dei relativi costi e spese, poiché San Marino non è presente nella lista di Paesi di cui al DM 23 gennaio 2002.