Sanzioni dubbie per acquisti intra UE irregolari

Fonte: Eutekne.info

Autore: A. Borgoglio

Data: 09/03/2012

È ancora controversa la questione relativa alla sanzione applicabile in caso di mancato assolvimento degli adempimenti IVA previsti per gli acquisti intracomunitari, come emerge dalla più recente giurisprudenza, dottrina e prassi.

L’articolo 46, comma 1, del DL 331/1993 stabilisce che la fattura relativa all’acquisto intracomunitario debba essere numerata e integrata dal cessionario con l’indicazione dell’ammontare dell’imposta, calcolato secondo l’aliquota dei beni. L’articolo 47, comma 1, dello stesso Decreto dispone poi che tali fatture devono essere annotate distintamente sia nel registro delle fatture emesse, di cui all’articolo 23 del DPR 633/1972, sia nel registro degli acquisti di cui all’articolo 25 del predetto Decreto. In sostanza, quindi, l’operazione viene trattata contabilmente alla stregua delreverse charge “interno” di cui all’articolo 17 del DPR 633/1972, con la doppia annotazione(a credito e a debito) nei registri IVA, comportando un risultato neutrale agli effetti dell’IVA dovuta.

Con la sentenza n. 27/04/12 del 28 febbraio 2012, la C.T. Prov. di Alessandria si è occupata del caso di una srl che, a fronte di acquisti intracomunitari, non aveva posto in essere il meccanismo dell’inversione contabile: in particolare, le operazioni non erano state annotate nei già menzionati registri IVA. La società, tuttavia, sosteneva che si trattava di una mera violazione formale, che non aveva comportato alcun debito d’imposta e, pertanto, non sarebbe stata corretta l’irrogazione della sanzione del 100% applicata dall’Ufficio.

La ricorrente richiamava, in particolare, il disposto dell’articolo 10, comma 3, dello Statuto del Contribuente (L. 212/2000), in base al quale le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione si traduce in una mera violazione formale senza alcun debito di imposta. Inoltre, la società eccepiva che la fattispecie sanzionatoria applicabile sarebbe stata quella riconducibile all’articolo 6, comma 9-bis, terzo periodo, del DLgs. 471/1997, per cui qualora l’imposta sia stata assolta, ancorché irregolarmente, dal cessionario o committente ovvero dal cedente o prestatore,  fermo restando il diritto alla detrazione ai sensi dell’articolo 19 del DPR 633/1972, la sanzione amministrativa è pari al 3% dell’impostairregolarmente assolta, con un minimo di 258 euro. Secondo la società, anche se tale disposizione era stata introdotta soltanto con la L. 244/2007, ossia in epoca successiva a quella dei fatti di causa, per il principio di legalità di cui all’articolo 3, comma 3, del DLgs. 472/1997, si sarebbe dovuta applicare, in quanto più favorevole, anche al caso di specie.

L’Ufficio, invece, sosteneva che la violazione degli obblighi previsti dal summenzionato articolo 47 del DL 331/1993 non poteva che comportare l’irrogazione della sanzione di cui all’articolo 6, comma 1, del DLgs. 471/1997, in base al quale chi viola gli obblighi inerenti alla documentazione e alla registrazione di operazioni imponibili ai fini IVA è punito con la sanzione amministrativa compresa tra il 100% e il 200% dell’imposta relativa all’imponibile non correttamente documentato o registrato nel corso dell’esercizio. I giudici provinciali, però, non hanno condiviso l’assunto della difesa erariale e, invocando anche la sentenza della Cassazione n. 10819/2010, hanno stabilito che la società di fatto non aveva provveduto a una mera formalità, non causando alcun danno all’Erario e, pertanto, la sanzione applicabile era quella del 3% prevista dal già citato comma 9-bis.

Chiamato in causa il principio di proporzionalità della sanzione

La C.T. Reg. di Torino, invece, in un caso analogo, dopo aver confermato che la sanzionecorretta è quella del predetto comma 9-bis, ha richiamato il principio di proporzionalità desunto dall’ormai nota sentenza Ecotrade della Corte Ue, per cui “il diritto comunitario non vieta agli Stati membri di irrogare, se del caso, un’ammenda o una sanzione pecuniaria proporzionata alla gravità dell’infrazione, allo scopo di sanzionare l’inosservanza” degli obblighi contabili (sent. dell’8 maggio 2008, cause riunite C-95/07 e C-96/07 della Corte di giustizia CE). Pertanto, secondo i giudici torinesi, poiché nel caso di specie la violazione degli obblighi di registrazione non aveva comportato un danno per l’Erario né alcun debito d’imposta, per il succitato principio di proporzionalità, non poteva applicarsi una sanzione di tipo proporzionale, dovendosi, invece, irrogare soltanto la sanzione minima edittale prevista dal già citato comma 9-bis, pari a 258 euro.

L’Agenzia delle Entrate, invece, dopo la sentenza Ecotrade, con la risoluzione n. 56 del 6 marzo 2009, aveva stabilito che, nell’ipotesi di errata applicazione del reverse charge in relazione ad acquisti intracomunitari, sarebbe comunque spettato il diritto alla detrazione IVA (circostanza in precedenza contestata dalla stessa Amministrazione finanziaria), ma si sarebbe dovuta applicare la sanzione dal 100% al 200% dell’imposta ex articolo 6, comma 1, del DLgs. 471/1997.

Avverso tale impostazione, l’AIDC di Milano si era rivolta alla Commissione Ue (denuncia n. 8 del 12 maggio 2011), eccependo la violazione del principio di proporzionalità della sanzione sancito proprio dalla sentenza Ecotrade (anche in considerazione del fatto che, nel caso di specie, non si crea alcun danno all’Erario) e del principio di equivalenza per cui il già menzionato comma 9-bis prevede la sanzione del 3% soltanto per la violazione del reverse charge interno, ma non per quello esterno, a cui si applica la sanzione dal 100% al 200%. La Commissione europea, però, con lettera del 5 luglio 2011, ha comunicato che non avvierà la procedura d’infrazione sollecitata dall’AIDC, perché sostanzialmente non esistono norme Ue che armonizzino il livello delle sanzioni e che disciplinino la loro applicazione in caso di inadempimenti contabili in materia di IVA.

INTRA UE: nuova CM 39/E/2011 sul sistema VIES

Fonte: Eutekne.info

Data: 02/08/2011

Autori: S. Cerato e M. Bana

L’Agenzia delle Entrate, con la [download id=”6681″], ha fornito alcune nuove precisazioni, con particolare riferimento alle modalità di iscrizione nell’archivio VIES, nonché alle procedure di diniego o revoca all’inserimento nello stesso. In primo luogo, è stato ribadito che la volontà di effettuare operazioni intracomunitarie deve essere manifestata, qualora ivi intenzionati, anche da parte di alcune particolari categorie di contribuenti, ancorché non soggetti passivi: è il caso, ad esempio, degli enti che non svolgono alcun tipo di attività commerciale, neppure in via secondaria, tenuti a identificarsi ai fini IVA in quanto hanno superato il limite di 10.000 euro relativo agli acquisti intracomunitari, ovvero hanno optato per l’applicazione dell’IVA in Italia, ex art. 38, co. 5, lett. c), DL 331/1993 (circolare Assonime n. 16/2011).

L’Amministrazione finanziaria ha, inoltre, sciolto un dubbio posto dall’Associazione delle spa, ovvero i criteri compilativi che devono essere adottati, in sede di inizio dell’attività, da parte dei contribuenti che effettuano solo prestazioni di servizi UE soggette ad imposizione nel luogo del committente (art. 7-ter DPR 633/1972): è stato chiarito che devono redigere anch’essi il campo “Operazioni intracomunitarie” del quadro I dei modelli AA7 o AA9, indicando il presunto volume di tali fattispecie che si ipotizza di porre in essere.

La [download id=”6681″] ha altresì ribadito che i soggetti già titolari di partita IVA, non ancora inclusi nel VIES, devono manifestare la propria volontà, mediante un’apposita istanza – di cui il documento di prassi produce un possibile schema, analogamente a quello riguardante un’eventuale e successiva rinuncia – da presentare a un qualsiasi ufficio dell’Agenzia delle Entrate, ovvero alla struttura della Direzione Regionale competente per il controllo, nel caso di contribuenti con un volume d’affari, ricavi o compensi di almeno 100 milioni di euro (provv. nn. 189362/2010 e 54291/2009). L’istanza in parola può essere trasmessa mediante raccomandata, oppure con messaggio di posta elettronica certificata sottoscritto digitalmente dal contribuente, o sottoscritto e presentato dallo stesso tramite copia per immagine dell’istanza firmata, unitamente a copia fotostatica, non autentica, di un documento d’identità del dichiarante: quest’ultima deve essere allegata anche nel caso di ordinaria spedizione attraverso il servizio postale.

La [download id=”6681″] ha poi confermato che, nei 30 giorni successivi alla data di attribuzione della partita IVA o in quella diversa di ricezione dell’istanza, gli Uffici territorialmente competenti devono effettuare l’analisi di rischio del contribuente, propedeutica all’inserimento nel VIES (provv. nn. 188381 e 188376/2010), fermi restando i successivi controlli da svolgersi entro 6 mesi – termine prorogato al 31 dicembre 2011 per i contribuenti inclusi automaticamente – e quelli di ulteriore monitoraggio periodico.

In relazione a un ulteriore dubbio posto dall’Associazione delle spa, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che eventuali operazioni intracomunitarie effettuate nei 30 giorni riservati ai controlli propedeutici all’inclusione nel VIES, così come dopo il diniego o la revoca, non rientrano nel regime fiscale degli scambi intracomunitari, ma in quello ordinario e, quindi, sono soggette a imposizione in Italia. Eventuali violazioni, compiute dopo l’emanazione della circolare in commento, saranno passibili di sanzioni ex art. 6 DLgs. 471/1997: è stato, quindi, recepito il principio di affidamento e buona fede del contribuente prospettato nella circolare Assonime n. 16/2011, così come quello secondo cui gli effetti del provvedimento di revoca decorrono dalla data di emissione dello stesso.

Nessuna deroga per i soggetti risultanti da operazioni straordinarie

La [download id=”6681″] ha, inoltre, precisato che non sono previste specifiche deroghe con riferimento ai soggetti risultanti da operazioni straordinarie, anch’essi soggetti alle normali procedure di controllo ai fini dell’inserimento nel VIES, se non nei termini della facoltà di richiedere un’anticipazione della valutazione del rischio, rispetto alla manifestazione della volontà di effettuare operazioni intracomunitarie. Così facendo, sarà possibile ottenere una certificazione equivalente all’inclusione nel VIES, utile all’immediata operatività in ambito UE, anche se la materiale inclusione nell’archivio avverrà soltanto successivamente.

L’Agenzia delle Entrate ha, infine, fornito alcune indicazioni di carattere operativo: ai fini dell’inserimento automatico nell’archivio, sono stati considerati gli elenchi INTRASTAT 2010 presentati entro il 26 gennaio 2011, con l’effetto che – in relazione al periodo d’imposta 2009 – non rilevano quelli trasmessi a gennaio 2009, con riferimento alle operazioni effettuate nel 2008.

INTRA UE: reverse charge cellulari dal 1° aprile 2011

A partire dal 1° aprile 2011 sarà obbligatorio applicare il reverse charge sulle cessioni di:

  • cellulari (non anche ai relativi componenti ed accessori),
  • dispositivi a circuito integrato (microprocessori e unità centrali di elaborazione prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale),

nei confronti di imprese e professionisti.

In pratica il reverse charge riguarderà solo gli acquisti effettuati nella fase distributiva precedente il commercio al dettaglio, tra operatori all’ingrosso, ovvero tra grossisti e dettaglianti, dato che sono esclusi in generale dalla previsione normativa i professionisti e le imprese che effettuano gli acquisti presso i dettaglianti e che, pertanto, continueranno a vedersi normalmente applicata l’IVA in fattura.

La decorrenza del nuovo obbligo è stata stabilita dalla CM 59/E/2010, a seguito della decisione del Consiglio UE 22 novembre 2010 con la quale l’Italia (insieme ad Austria e Germania), è stata autorizzata ad applicare il reverse charge per le vendite dei beni ex art. 17, co.6, lett. b) e c) DPR 633/1972.

MODALITA’ EMISSIONE FATTURA

Le modalità sono le seguenti:

  • la fattura del cedente va emessa senza addebito dell’IVA ex art.17, co.6, DPR 633/1972, indicando anche la Decisione del Consiglio UE n. 2010/710/UE;
  • il cessionario integra la fattura ricevuta con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta, annotando il documento nel registro fatture emesse (o dei corrispettivi), entro il mese di ricevimento o anche successivamente, ma comunque entro 15 giorni dal ricevimento e con riferimento al relativo mese; ai fini della detrazione, la fattura integrata va annotata nel registro degli acquisti, anteriormente alla liquidazione periodica o alla dichiarazione annuale nella quale viene esercitato il relativo diritto.

SANZIONI

Ex CM 59/E/2010, per le violazioni dell’obbligo di applicazione dell’imposta con il meccanismo del reverse charge si applica la sanzione ex art. 6,co. 9-bis DLgs. n. 471/1997:

  • dal 100 al 200% dell’imposta, con un minimo di 258 euro, a carico del cessionario che non assolve l’imposta, nonché a carico del cedente che l’abbia irregolarmente addebitata in fattura senza versarla all’Erario (responsabilità solidale per il pagamento dell’imposta e della sanzione);
  • oppure sanzione ridotta del 3%, con un minimo di 258 euro, qualora l’imposta, anche se applicata irregolarmente, sia stata comunque assolta dal cessionario o dal cedente; in tal caso, resta il diritto alla detrazione da parte del cessionario (non vale la soglia di 10.000 euro per le irregolarità commesse nei primi tre anni di applicazione della normativa, poichè, ex RM 140/E/2010, tale limite valeva per gli anni 2008, 2009 e 2010).

PROBLEMATICHE APERTE

Non sono chiare le modalità operative da adottare nei seguenti casi ipotetici, per i quali si attendono chiarimenti:

  • vendita effettuata da un grossista verso un consumatore finale che acquista i telefoni cellulari per utilizzarli all’interno della propria attività. In tal caso il venditore è un grossista e pertanto il meccanismo del reverse charge è applicabile mentre l’acquirente è il consumatore finale e, in tal caso, il meccanismo del reverse charge non è applicabile;
  • professionista che vende un circuito integrato del proprio pc usato ad una ditta di manutenzione hardware deve applicare il reverse charge oppure dovrà fatturare con IVA?
  • dettagliante che vende ad altro dettagliante che commercia nello stesso settore deve fatturare in reverse charge?

Trovate una trattazione approfondita della materia nell’e-book dello Studio “Operazioni Internazionali 1.05″, 337 pagine aggiornato al 01/03/2011, in vendita sul sito del Commercialista Telematico.

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INTRASTAT: omessa presentazione e dichiarazione fraudolenta

Si segnala la seguente sentenza della Cassazione, nr. 8962 del 08/02/2011, in cui si stabilisce che l’omessa presentazione degli elenchi Intrastat non costituisce di per sè reato di dichiarazione fraudolenta (ex art.3 D.Lgs 74/2000): il reato in questione infatti scatta solo se viene accertata nei confronti del fisco la frode.

La frode infatti – precisa la Suprema corte – si ha quando il contribuente indichi nella dichiarazione annuale importi inferiori a quelli effettivi o elementi passivi fittizi (che  superino gli importi ivi indicati), inoltre è anche necessario il dolo specifico del fine di evadere le imposte sui redditi o sull’IVA, e che ciò avvenga sulla base di una falsa rappresentazione  delle scritture contabili e che il soggetto si sia avvalso di mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento della falsa rappresentazione.

Quindi omettere la presentazione dell’Intrastat configura un illecito amministrativo, non essendo sufficiente di per sè ai fini del reato di dichiarazione fraudolenta.

La sentenza in questione riguarda una attività di importazione di auto dalla Germania.