IVA: varata Legge Comunitaria 2010

Il Senato ha definitivamente approvato mercoledi 30 novembre il DDL relativo alla Legge comunitaria 2010 contenente disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alla UE, nello specifico il recepimento delle Direttive 2008/117/CE (in vigore dal 1° gennaio 2010), 2009/69/CE, 2009/162/CE (in vigore dal 1° gennaio 2011).

Le novità più importanti – modifiche al Decreto IVA – riguardano:

  • il momento di effettuazione delle prestazioni di servizi scambiate con soggetti esteri,
  • l’importazione in sospensione d’imposta di beni destinati a proseguire verso altri stati membri,
  • le cessioni di gas, calore e freddo;
  • i criteri per il rimborso infrannuale IVA;
  • il settore nautico.

PRESTAZIONI DI SERVIZI CON L’ESTERO

In adeguamento alla Direttiva 2008/117/CE, le prestazioni generiche scambiate da operatori italiani con operatori esteri si considerano effettuate non all’atto del pagamento del corrispettivo, ma nel momento in cui sono ultimate, ovvero, se di carattere periodico o continuativo, alla data di maturazione dei corrispettivi, fermo restando l’effetto anticipatorio dell’eventuale pagamento anteriore.

Tali prestazioni, quando sono rese in via continuativa con durata ultrannuale e senza pagamenti nel relativo periodo, si considerano effettuate al termine di ciascun anno solare fino alla loro ultimazione.

Il nuovo criterio, valido sia per i servizi resi che ricevuti, si applicherà alle prestazioni con soggetti passivi stabiliti all’estero, sia intra che extra UE, dunque con un raggio d’azione più ampio di quello previsto dalla direttiva 117, che detta tale disciplina soltanto per le prestazioni generiche scambiate con operatori UE.

Per le prestazioni di servizi generiche ricevute da fornitori UE, il committente soggetto passivo IT, tenuto ad applicare l’IVA con reverse charge, sarà obbligato a integrare la fattura del fornitore, non dovrà più quindi emettere autofattura.

IMPORTAZIONI IN SOSPENSIONE IVA

In recepimento della Direttiva 2009/69/CE potranno essere importati in sospensione IVA i beni destinati a proseguire verso un altro stato UE, non solo “tal quali” come finora ma anche se trasformati o modificati, previa autorizzazione doganale; le condizioni per la sospensione dell’IVA (al fine di assicurare la tassazione a destinazione) sono:

  • l’importatore dovrà fornire il proprio numero di partita IVA, ed anche la partita IVA del soggetto stabilito nell’altro stato membro al quale i beni sono destinati,
  • a richiesta dell’autorità doganale, idonea documentazione che provi l’effettivo trasferimento dei beni nell’altro stato membro.

CESSIONI DI GAS

In recepimento della Direttiva 2009/162/CE, in materia di territorialità delle cessioni di gas mediante sistemi di gas naturale e delle cessioni di calore e di freddo mediante reti, vengono estesi i criteri speciali di localizzazione già previsti fino dal 2005 per le cessioni di gas mediante reti di distribuzione e energia elettrica.

RIMBORSO CREDITO IVA TRIMESTRALE

Il rimborso infrannuale IVA a partire dal 1° trimestre 2012 viene esteso anche ai contribuenti che effettuano, verso soggetti passivi esteri, le seguenti operazioni attive per un importo superiore al 50% dell’ammontare di tutte le operazioni effettuate:

  • prestazioni di lavorazione relative a beni mobili materiali;
  • prestazioni di trasporto di beni e relative intermediazioni;
  • prestazioni di servizi accessorie ai trasporti e relative intermediazioni;
  • prestazioni di servizi quali operazioni creditizie, finanziarie, assicurative verso soggetti extra UE, o relative a beni destinati ad essere esportati fuori della UE.
In tal modo viene compensata la perdita del plafond relativa ai “servizi intra UE” ex art.40 DL 331/1993 in vigore fino alla fine del 2009.

SETTORE NAUTICO

Il regime di non imponibilità viene limitato solo alle navi contemporaneamente

  • destinate alla navigazione d’alto mare (esclusi quindi mare territoriale ed acque interne);
  • destinate all’esercizio di attività commerciali e della pesca

DECORRENZA

Gran parte delle novità scatteranno trascorsi 60 giorni dalla pubblicazione della legge nella Gazzetta Ufficiale, ad eccezione del settore nautico, le cui novità scattano immediatamente – con l’entrata in vigore della legge – per evitare la procedura d’infrazione in corso con la UE.

Si precisa però che, per il periodo pregresso, le disposizioni sopra richiamate possono essere invocate dal contribuente a proprio favore, data la supremazia della norma comunitaria e la sua entrata in vigore antecedente al recepimento disposto dal legislatore italiano.

TERRITORIALITA’: acquisti di servizi all’estero da parte di Enti Locali

Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili ha pubblicato il 15 novembre 2011 sul proprio sito (www.cndcec.it) un documento sulla nuova territorialità IVA sui servizi: Gli adempimenti degli enti locali per gli acquisti di servizi dall’estero.

Sintesi dell’introduzione

A seguito del D.Lgs. 18/2010 (di attuazione delle tre Direttive 2008/8/CE – territorialità delle prestazioni di servizi, 2008/9/CE – rimborso IVA ai soggetti passivi stabiliti in altro Stato UE, 2008/117/CE– contrasto delle frodi fiscali sulle operazioni intra-UE), a partire dal 1° gennaio 2010 cambia il principio generale di territorialità per le prestazioni di servizi generiche (nuovo art. 7-ter DPR 633/1972): dal principio del luogo in cui le stesse prestazioni erano rese, ora si passa al principio del “luogo in cui avviene il consumo effettivo”, vale a dire quello del committente.

Il recepimento delle tre richiamate direttive è un altro passo in avanti nel processo di armonizzazione dell’IVA comunitaria iniziato alla fine degli anni ’60, per attuare un sistema di tassazione delle operazioni imponibili nello Stato in cui avviene il consumo del bene o la fruizione del servizio.

L’art. 6, co.3, della II Direttiva CEE sull’IVA prevedeva, in sintonia con la qualificazione dell’IVA come imposta sui consumi, che le prestazioni di servizi fossero imponibili nel “luogo di utilizzazione”. Questo però era previsto solo per alcune prestazioni di servizi, negli altri casi l’individuazione del criterio di territorialità era rimessa alla discrezionalità degli Stati.

Questa mancata completa armonizzazione fece si che in molti casi non fosse possibile stabilire quale fosse il luogo di utilizzo del servizio, con il conseguente verificarsi di fenomeni di doppia imposizione o non tassazione.

Gli Organi comunitari rividero di conseguenza le regole in materia di prestazioni di servizi, e con la VI Direttiva CEE introdussero come regola generale della territorialità quella incentrata sul “domicilio del prestatore del servizio” (e non più quella sul “luogo di utilizzazione” della prestazione).

La normativa prevista dalla VI Direttiva veniva trasportata interamente nell’art. 7 DPR 633/1972, nel quale, accanto alla regola generale, venivano introdotte, per determinate categorie di servizi, una serie di deroghe, che determinavano la tassazione con riferimento a 3 parametri alternativi:

  • luogo di esecuzione della prestazione;
  • luogo di utilizzazione della stessa;
  • luogo del domicilio o della residenza del committente.

Questa soluzione era di fatto di non facile comprensione, non eliminava i fenomeni di doppia imposizione e causava spesso conflitti di competenza tra i diversi Stati membri, al punto che il principio generale del luogo del prestatore del servizio veniva applicato molto raramente, creandosi così un complesso sistema di deroghe al principio generale che nella maggior parte dei casi andava a tassare il servizio nel luogo di destinazione del servizio stesso (= principio del committente).

Così, a livello comunitario, non si è fatto altro che prendere atto che la IV Direttiva non era riuscita a semplificare il quadro normativo in materia di territorialità delle prestazioni, e con la Direttiva 2008/8/CE, entrata in vigore in Italia il 1° gennaio 2010, si è tornati al criterio del “luogo di utilizzo” come il più idoneo a tassare le prestazioni di servizio.

Dal 1° gennaio 2010 è stato introdotto un sistema in cui le prestazioni di servizio vengono distinte in base ai soggetti che ricevono la prestazione stessa:

  • privati consumatori : resta il vecchio principio secondo cui luogo dell’imposizione è quello in cui il prestatore ha stabilito la sede della propria attività economica (o stabile organizzazione) – luogo del prestatore;
  • soggetti passivi: si attua la nuova regola secondo cui il luogo di imposizione diviene, di norma, quello in cui avviene il consumo effettivo – luogo del committente.

Altra novità: “soggetto passivo” è anche colui cui sono ascrivibili attività non rilevanti ai fini IVA, semplicemente in quanto titolare di Partita IVA ovvero identificato ai fini IVA, quindi, sono soggetti passivi (oltre ovviamente alle ditte):

  • tutti gli enti non commerciali (art. 4, co.4, DPR 633/1972) se titolari di Partita IVA (per l’attività commerciale) e
  • tutti coloro che svolgono esclusivamente attività istituzionali, identificati però ai fini IVA in quanto hanno effettuato acquisti INTRA oltre la soglia di 10.000,00 Euro (art. 38, DL 331/1993) e
  • gli stessi enti che, anche al di sotto di tale soglia, hanno optato per l’applicazione dell’imposta in Italia sugli acquisti intracomunitari e che, a tale motivo, dispongono di un numero di Partita IVA (art. 38, co.6 DL 331/1993).

Pertanto, il fatto stesso di possedere Partita IVA , anche se non attribuisce la qualifica di “soggetto passivo” in senso proprio, fa sì che non si debba più distinguere se l’Ente pubblico non commerciale (così anche l’Ente Locale territoriale) riceva una determinata prestazione nell’ambito della propria attività istituzionale o economica in quanto la tassazione avviene comunque in Italia e sono quindi tutti interessati dalla nuova territorialità delle prestazioni di servizi.

In ogni caso gli Enti Locali, benché assimilati agli operatori economici ai fini della territorialità IVA, potranno continuare ad esercitare il diritto alla detrazione solamente per gli acquisti effettuati nell’esercizio di attività commerciali e non per quelli effettuati per attività istituzionali.

In altre parole, non ai fini della detraibilità dell’IVA sulle spese sostenute per acquisti di beni/servizi bensì solo a quelli della definizione della territorialità e quindi degli adempimenti INTRASTAT, gli Enti Locali sono soggetti “business”.

>>>> A questo link è possibile scaricare il documento integrale

TERRITORIALITA’ IVA: sentenza UE su stand fieristici

La Corte di giustizia UE con sentenza n. 530/09 del 27 ottobre 2011 ha precisato che la prestazione di servizi consistente nella fornitura di stand fieristici o espositivi (progettati, locati e montati a favore di clienti), ai fini della territorialità IVA, varia  se, in particolare:

  • lo stand viene concepito o utilizzato per esporre i prodotti a fini pubblicitari al di fuori di una fiera o manifestazione, segue le regole della pubblicità (tassazione nel Paese del committente soggetto passivo d’imposta in ogni caso sia prima che dopo il 2010);
  • lo stand viene messo a disposizione solo per una determinata fiera o esposizione, segue le regole delle manifestazioni (tassazione nel Paese ove si svolge la fiera fino al 2010, dal 2011 nel Paese del committente se soggetto passivo d’imposta);
  • lo stand è utilizzato in occasione di più fiere o esposizioni che si sono svolte in Stati UE diversi, valgono:
    • dal 2010 la regola standard di tassazione nel Paese del committente se soggetto passivo d’imposta, 
    • prima del 2010, invece, in molti Paesi (tra cui l’Italia) il luogo dell’utilizzo (tassazione ove il bene era messo a disposizione del cliente).

LE 3 REGOLE DI TERRITORIALITA’ IVA

Secondo gli eurogiudici, per individuare il luogo di tassazione ai fini IVA, quindi lo Stato in cui vanno sottoposti a tassazione tali servizi, è necessario riferirsi alle regole riguardanti:

  • le prestazioni pubblicitarie;
  • il luogo di materiale esecuzione di una manifestazione fieristica;
  • le locazioni di beni mobili, diversi dai mezzi di trasporto.

Non si può mai ricollegare tali servizi ad un bene immobile, come sostenuto da uno Stato (Polonia) che erroneamente assoggettava ad imposta locale tali prestazioni, in occasione di fiere o manifestazioni organizzate sul proprio territorio.

In tal senso l’Italia si è già adeguata con CM 37/E/2011.

In particolare, viene rilevato dalla Corte UE, tali prestazioni sono qualificate come pubblicitarie quando lo stand è utilizzato per la trasmissione di un messaggio destinato ad informare il pubblico sull’esistenza o sulle qualità del prodotto o del servizio proposto dal locatario per accrescerne le vendite, o quando costituisce parte indissociabile di una campagna pubblicitaria.

Diversamente la prestazione può essere qualificata come accessoria all’evento fieristico quando consiste nella progettazione e nella messa a disposizione temporanea di uno stand per una fiera o un’esposizione determinata su un tema culturale, artistico, sportivo, scientifico, educativo, ricreativo o simile, o di uno stand corrispondente a un modello per il quale l’organizzatore di una fiera o esposizione ha stabilito la forma, la dimensione, la composizione materiale o l’aspetto visivo.  È però necessario, a tal fine, che lo stand sia fornito in vista di un evento che si svolge, anche ripetutamente, in un luogo preciso.

Qualora invece lo stand sia utilizzato in occasione di più fiere o esposizioni in stati membri diversi, la prestazione deve essere qualificata come locazione di beni mobili materiali.

La Corte UE conclude che, comunque e indipendentemente dalla situazione, una prestazione come quella del caso di specie non può essere qualificata come una prestazione di servizi ricollegabile a un bene immobile, poiché non presenta alcun nesso diretto con un bene immobile, non essendo sufficiente la sola circostanza che uno stand fieristico o espositivo debba essere puntualmente e temporaneamente installato su un bene immobile, o all’interno del medesimo.

TERRITORIALITA’ SERVIZI: verifica committente

Fonte: eutekne.info

Data: 22/09/2011

Autori: L. Cacciapaglia e F. D’alfonso

Le prestazioni di servizi generiche rese da operatori economici nei confronti di soggetti passivi sono territorialmente rilevanti ai fini IVA nel luogo in cui il destinatario ha stabilito la propria attività. L’accertamento delle menzionate caratteristiche è demandato agli stessi soggetti coinvolti nell’operazione, secondo regole fissate dal Legislatore o dalla singola Amministrazione fiscale. In particolare, il Reg.(CE) 282/2011, di rifusione del precedente Regolamento n. 1777/2005, ha previsto alcune disposizioni volte a garantire i soggetti coinvolti nelle prestazioni di servizi transnazionali, con particolare riguardo alla figura del prestatore adempiente, il quale è ora tenuto all’accertamento dello status, della qualità e del luogo di stabilimento del committente.

Tali caratteristiche devono essere valutate esclusivamente al momento del fatto generatore dell’imposta (articolo 25 Reg.(CE) 282/2011), cioè, in sostanza, al momento di effettuazione dell’operazione secondo la normativa nazionale, da individuarsi in base ai criteri ex art. 6 Decreto IVA. Un diverso trattamento fiscale può aversi, invece, nel caso di iniziale versamento di un acconto con previsione di un determinato impiego del servizio (ad esempio, per fini privati) e successivo pagamento del saldo, in presenza, tuttavia, di una diversa utilizzazione dello stesso (ad esempio, per fini d’impresa), nel qual caso si applicherà un regime IVA differenziato con riferimento ai due diversi momenti (CM 37/E/2011).

Tanto premesso, il prestatore del servizio dovrà innanzitutto verificare che il committente sia un soggetto passivo IVA. A tal fine, occorre distinguere l’ipotesi in cui quest’ultimo sia appartenente alla Ue da quella in cui non lo sia.
Il prestatore Ue, qualora il committente Ue gli comunichi il proprio numero di partita IVA, sarà tenuto, per essere esonerato da ogni responsabilità (salvo che, naturalmente, possegga informazioni contrarie), semplicemente a verificare:

  • la validità di tale numero mediante il sistema VIES;
  • la corrispondenza del nome e dell’indirizzo comunicati in base alle disposizioni del Reg. (CE) 904/2010, in vigore, tuttavia, soltanto dal 2012.

Laddove, poi, il committente non abbia ancora ottenuto il numero di partita IVA, ma abbia informato il prestatore di averne fatta richiesta, il prestatore potrà fare riferimento a qualsiasi prova fornita dal committente, fermo restando che il primo dovrà effettuare una verifica di ragionevole ampiezza, attraverso le normali procedure di sicurezza commerciali (controlli d’identità o di pagamento), dell’esattezza delle informazioni fornite dal committente. In assenza di elementi che dimostrino palesemente l’assenza di status di soggetto passivo, può attribuirsi rilevanza alla richiesta di attribuzione della partita IVA che il committente estero mette a disposizione del prestatore stabilito nel territorio dello Stato (CM 37/E/2011). Nel caso in cui, invece, il prestatore dimostri che il committente non gli ha comunicato il suo numero individuale di identificazione IVA, egli può considerare il committente privo di soggettività passiva, salvo che, anche in questo caso, disponga di informazioni contrarie sullostatus di quest’ultimo.

Laddove, poi, il committente sia un soggetto extra-Ue, il prestatore Ue per essere al riparo da ogni contestazione, posto che emette una fattura senza IVA ex art. 7-ter, co.1, lett. a) DPR 633/1972, deve ottenere dal committente extra-Ue il certificato attestante il diritto al rimborso ai sensi della tredicesima direttiva (Direttiva 86/560/CEE – Modalità di rimborso dell’imposta sul valore aggiunto ai soggetti passivi non residenti nel territorio della Comunità). In mancanza di tale certificato (che peraltro è rilasciato solo da un limitato numero di Paesi, come ad esempio Israele, Svizzera e Norvegia), il destinatario dovrà disporre di un numero di partita IVA o di un altro numero identificativo equivalente attribuitogli dal Paese di stabilimento o, comunque, dovrà fornire al prestatore qualsiasi altra prova attestante il proprio status di soggetto passivo. L’esattezza delle informazioni fornite dovrà, poi, essere verificata dal prestatore attraverso le normali procedure di sicurezza commerciali, quali quelle relative ai controlli di identità o di pagamento.

Eseguita questa prima valutazione, il committente dovrà, poi, verificare se il committente stia acquistando il servizio per destinarlo alla propria attività economica o esclusivamente a uso privato, dal momento che, in quest’ultimo caso, lo stesso dovrà considerarsi soggetto non passivo ai fini della individuazione del luogo di imposizione dell’operazione. Tuttavia, nell’ipotesi in cui il destinatario abbia comunicato al prestatore il proprio numero di partita IVA, quest’ultimo può senz’altro considerare che i servizi siano destinati all’attività economica del destinatario anche in caso di effettiva destinazione ad uso privato, salvo che non disponga di informazioni contrarie (art. 19 Reg.(CE) 282/2011), come ad esempio la natura del servizio di fatto incompatibile per un utilizzo commerciale. Inoltre, in caso di servizi compatibili sia con la sfera privata sia con la veste di soggetti passivi, il prestatore potrà chiedere al committente non comunitario anche gli elementi necessari a giustificare lamancata applicazione dell’imposta secondo il criterio generale B2B (CM 37/E/2011). Nell’ipotesi, poi, di servizi unici, destinati cioè sia ad uso privato, ivi compreso quello reso ai dipendenti del destinatario, sia a fini commerciali, il destinatario dei servizi dovrà essere considerato soggetto passivo per l’intera prestazione ricevuta (in assenza, tuttavia, di pratiche abusive).

Ricordiamo, al riguardo, che società, enti, associazioni o società semplici devono esseresempre considerate, a tali fini, soggetti passivi, salvo l’ipotesi in cui il servizio sia destinato a un uso privato delle persone che fanno parte di tali organizzazioni ovvero dei dipendenti delle stesse (CM 37/E/2011). L’esercizio di attività imprenditoriale, artistica o professionale non è, invece, sufficiente nel caso in cui il committente sia una persona fisica, per cui in questa ipotesi il prestatore del servizio sarà tenuto a effettuare una valutazione di compatibilità complessiva, al fine di verificare che il servizio sia acquistato nell’esercizio di tale attività.

Successivamente, il prestatore dovrà determinare il luogo di stabilimento del committenteverificando l’esattezza delle pertinenti informazioni (tra le quali il numero di identificazione IVA), ricevute dal committente attraverso le normali procedure di sicurezza commerciale (controlli di identità o di pagamento).

Ricordiamo, infine, che il prestatore riveste un ruolo importante anche con riferimento alla verifica della circostanza che, in relazione alla prestazione di servizio eseguita nello Stato membro del committente, non sia dovuta l’imposta poiché, ad esempio, considerata esente o non imponibile in base alla legislazione locale. A tal fine, l’operatore italiano sarà esente da responsabilità circa la qualificazione dell’operazione (e la conseguente non inclusione della stessa negli elenchi INTRASTAT) laddove richieda e ottenga dal committente Ue una dichiarazione in cui quest’ultimo afferma che la prestazione è esente o non imponibile nel suo Paese di stabilimento (CM 43/E/2010).

Tale dichiarazione è valida per tutte le prestazioni della stessa specie dallo stesso ricevute, e rimane tale fino a che non vi siano cambiamenti per quanto concerne il trattamento fiscale delle stesse nel Paese del committente o le caratteristiche del servizio reso. In mancanza di tale dichiarazione, il soggetto IVA nazionale potrà essere esentato dall’obbligo di presentazione degli elenchi INTRASTAT esclusivamente nell’ipotesi in cui abbia la certezza, in base ad elementi di fatto obiettivi, che con riferimento alle stesse non è dovuta l’imposta nello Stato membro del committente.