DOGANA: Libera circolazione merci ed entrata Croazia nell’UE

Fonte: www.cnsd.it

Data: 17/06/2013

A norma dell’articolo 50 dell’atto di adesione della Croazia  all’Unione europea, siglato a Bruxelles il 9 dicembre 2011 quando gli atti delle istituzioni adottati anteriormente all’adesione richiedono adattamenti a motivo dell’adesione e gli adattamenti necessari non sono contemplati in detto atto di adesione o negli allegati dello stesso, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, adotta gli atti necessari a tal fine se l’atto iniziale non è stato adottato dalla Commissione. Il Consiglio ha dunque ritenuto necessario modificare i seguenti atti, inserendo in ciascuno di essi i riferimenti alla Croazia:

–       una serie di direttive nel settore della libera circolazione delle merci, elencate dalla Direttiva 2013/15/UE del Consiglio del 13 maggio 2013;

una serie di regolamenti e decisioni in materia di libera circolazione delle merci, libera circolazione delle persone, diritto societario, politica della concorrenza, agricoltura, sicurezza alimentare, politica veterinaria e fitosanitaria, politica dei trasporti, energia, fiscalità, statistiche, reti transeuropee, sistema giudiziario e diritti fondamentali, giustizia, libertà e sicurezza, ambiente, unione doganale, relazioni esterne, politica estera, di sicurezza e di difesa e istituzioni, elencati dai Regolamenti (UE) N. 517/2013 del Consiglio del 13 maggio 2013 e N. 519/2013 della Commissione del 21 febbraio 2013.

Allegati:

Consiglio d’ Europa – Direttive – 13052013

Consiglio d’ Europa – Regolamenti – 517 -13052013

Commissione Europea – 2013 – Regolamenti – 519 – 2102013

INTRA UE/DOGANA: prime conseguenze per le navi dell’ingresso della Croazia nella UE

Fonte: Fisco Oggi
Autore: B. Bivona
Data: 17/06/2013

Unione europea: Zagabria vale un 28. Per le navi primi effetti fiscali

La Commissione europea ha acceso il semaforo verde per l’ammissione della Croazia nel club degli eurostati
Dopo Bulgaria (26°) e Romania (27°) dal 1° luglio 2013 “Zagabria” diventa la ventottesima stella della bandiera dell’Unione. L’ampliamento dei confini dell’Unione europea, esito di un rigoroso processo durato oltre 10 anni, secondo Stefan Fule, Commissario europeo per l’allargamento e la politica europea di vicinato, rileva come esempio da seguire per gli altri Paesi balcanici (Montenegro, Serbia e Bosnia) ad avvicinarsi alla organizzazione comunitaria.Processo concluso il 17 maggio
Un percorso verso l’Europa che, storicamente, deve segnarsi con il 1991, anno in cui i croati si sono pronunciati attraverso il referendum per l’indipendenza del Paese dalla Jugoslavia.Il primo passo formale per l’ingresso comunitario, invece, è stato messo in campo nel gennaio 2012 quando nel corso del referendum popolare il 66 per cento (del 44 per cento dei cittadini croati aventi diritto al voto che si è recato alle urne) ha detto si all’Europa.
Attesa la ratifica del Trattato di adesione da parte dei 26 Stati membri, il 17 maggio scorso è arrivato anche l’ultimo via libera da parte della Germania. L’ok del Bundestag tedesco è arrivato con 583 voti favorevoli, 6 astensioni e 0 contrari sebbene nel dibattito interno sulla opportunità dell’adesione della Croazia nella comunità si sono alternati due orientamenti contrastanti: i favorevoli e gli scettici.
Ad ogni modo, la Croazia – seguendo la Slovenia – dalla metà del 2013 diventa il secondo Paese delle sei Repubbliche della ex Jugoslavia a entrare nell’Unione.

Non soltanto fisco
Anche se su alcuni aspetti la Croazia deve ancora risolvere talune questioni (il contrasto alla corruzione a livello locale specie nel settore degli appalti pubblici, la lotta contro il fenomeno della criminalità organizzata e, non per ultimo, il traffico degli esseri umani), passi importanti sono stati compiuti per quanto concerne il fenomeno dell’integrazione fiscale comunitaria nell’ambito del quale rientrano soprattutto le questioni della tassazione indiretta.
Obiettivo di questo Paese è rendere la legislazione interna il meno possibile asimmetrica e disarmonica con quella degli altri partner aderenti al club europeo.
Per tali ragioni, il Parlamento europeo, di recente, ha invitato la Croazia a perseguire il mantenimento della stabilità del settore bancario e  continuare la politica di consolidamento fiscale per rafforzarne la competitività.

Una prima conseguenza fiscale
L’adesione della Croazia al club europeo, comunque, ha già comportato dei cambiamenti sul piano fiscale. Fino a poche decine di giorni fa, infatti, gli armatori stranieri, proprietari di una unità da diporto o sportive, hanno potuto beneficiare dello status di extra Ue. In particolare, è stata concessa la possibilità di fruire dello stato di merce in transito con relativa sospensione delle imposte.
L’appartenenza all’Unione, invece, dato che comporta l’integrazione doganale, prevede per i cittadini/armatori comunitari la regolarizzazione delle barche con conseguente dichiarazione per la libera circolazione, pagando i diritti doganali e l’Iva. La circolazione delle barche esente da vincoli doganali è ammessa soltanto per quelle unità regolarmente iscritte nei registri navali dello Stato adriatico. Per tali ragioni, il governo croato ha concesso un termine transitorio di cinque mesi (dal primo gennaio 2013 al 31 maggio 2013) per adeguare la posizione fiscale in modo agevolato e immatricolare le barche applicando la tassa doganale del 1,7% o del 2,7% e versare l’Iva con aliquota del 5% sul valore doganale dell’unità. Dopo quella data, ovvero dal primo giugno 2013, infatti, l’aliquota Iva è passata al 25%.

Fonti

TERRITORIALITA’: Parcelle dei commercialisti a non residenti soggette al contributo integrativo del 4%

La CNPADC – Cassa dei Dottori commercialisti, ha chiarito in un comunicato del 24 gennaio 2013 che dal 01/01/2013 nel volume d’affari complessivo, che rappresenta la base di calcolo del contributo integrativo del 4%, rientrano anche le parcelle emesse a soggetti non stabiliti in Italia, indipendentemente dall’indicazione del contributo in fattura e/o dalla sua effettiva riscossione.
Questo obbligo discende dalla L. 228/2012 (Legge di Stabilità 2013) che ha ampliato l’obbligo di fatturazione, previsto dal 1/1/2013 anche per le operazioni non soggette a IVA perché prive del requisito territoriale (cessioni di beni e prestazioni di servizi indicate ex nuovo art. 21, co. 6-bis, DPR 633/1972, considerate extraterritoriali o perché poste in essere nei confronti di soggetti passivi in altro Paese UE o perché effettuate al di fuori della UE); tali operazioni, oltre a dover essere fatturate e registrate, concorrono anche a formare il volume d’affari, tant’è che l’art. 20 DPR 633/1972 è stato modificato escludendo la deroga prevista per i servizi “generici” resi a committenti soggetti passivi stabiliti in altri Paesi Ue, vale a dire le uniche operazioni – oltre alle cessioni di beni in transito o depositati in luoghi soggetti a vigilanza doganale, non soggette a IVA ex art. 7-bis, co. 1 DPR 633/1972 – per le quali la previgente disciplina prevedeva l’obbligo di emissione della fattura benché non riconducibili al territorio nazionale (invero, il carattere extraterritoriale delle cessioni di beni in regime doganale sospensivo appare opinabile alla luce della pronuncia resa dalla Corte di Giustizia nella causa C-165/11, punti 54-60).
Per i professionisti iscritti ad una Cassa professionale, il corrispettivo fatturato, ancorché non soggetto a IVA, deve essere
maggiorato, a titolo di contribuzione integrativa, nella percentuale prevista dalla Cassa di appartenenza.
I Dottori commercialisti iscritti all’Albo, ex art. 11 L. 21/1986 (recepito dall’art. 2 Regolamento di disciplina del regime previdenziale della Cassa),  sono tenuti ad applicare il contributo del 4% su tutti i corrispettivi rientranti nel volume d’affari ai fini IVA, da versare alla Cassa indipendentemente dall’effettiva riscossione: dal 1/1/2013 rientrano, pertanto, nel volume d’affari anche le parcelle emesse, ex art. 21, co. 6-bis, a soggetti stabiliti in altri Paesi UE o extra-UE.
Esempi:  consulenza per l’avvio di un’attività d’impresa in Italia, fatturato alla società committente con sede in Paese UE o extra-UE, dichiarazione dei redditi per il privato residente in un Paese UE/extra UE che possieda uno o più immobili locati in Italia.

INTRA UE: pubblicate dalla TAXUD le nuove aliquote IVA

Fonte: Fisco Oggi

Data: 01/03/2013

Autore: F. Ortu

Aliquote Iva: la Commissione europea mette in rete l’aggiornamento 2013

Pubblicati dalla Taxud i nuovi valori delle aliquote Iva degli Stati membri dell’Unione europea già in vigore.
Diffondere tutte le informazioni relative alle aliquote Iva in vigore negli Stati membri dell’Unione europea. E’ questo l’obiettivo “colpito” anno dopo anno dal Rapporto della Taxud sui “Vat rates”. L’aggiornamento descrive, in otto capitoli, tutte le tipologie delle aliquote dell’imposta sul valore aggiunto: standard, ridotte, “parking rate”, inferiori al 5% e “zero rate”. Sono inoltre illustrate le caratteristiche territoriali dell’imposta, con le aliquote Iva applicate in particolari aree geografiche e altre eccezioni regionali.  Chiude il Rapporto una interessante serie di tabelle, che ricostruiscono l’evoluzione storica delle aliquote Iva nei Paesi membri dell’Unione europea.Novità e classifica delle aliquote ordinarie
Anche quest’anno l’Ungheria si piazza in cima alla classifica degli Stati europei per l’aliquota Iva standard più elevata: il 27%. Al secondo posto, con 25 punti percentuali, si confermano la Svezia e la Danimarca. Al terzo posto, il gruppo dei 24 punti dal 1° gennaio raddoppia: dal 1° gennaio 2013 alla Romania si affianca la Finlandia, che aumenta l’aliquota Iva ordinaria di un punto percentuale.  A seguire Grecia, Irlanda, Polonia e Portogallo, che applicano l’aliquota Iva standard al 23%. Folto anche il gruppo dei paesi che fissano lo “standard rate” al 21%: Belgio, Lituania, Italia, Spagna, ai quali si aggiungono la Lettonia – l’unico paese ad aver tagliato l’aliquota Iva ordinaria nel corso del 2012 – la Repubblica Ceca, che aumenta il rate di un punto dal 1° gennaio 2013 e la coppia Olanda-Spagna, Paesi in cui nello scorso anno l’aliquota Iva standard ha compiuto un balzo in avanti, rispettivamente, del 2% e del 3%. Fermo al 20% lo “standard rate” per  Austria, Bulgaria, Estonia, Slovenia, Repubblica Slovacca, Regno Unito. Completano il quadro la Francia (19,6%), la Germania (19%), Malta e Cipro, Stati membri in cui l’aliquota Iva ordinaria è fissata al 18%. In coda alla classifica, con lo “standard rate” al 15%, il Lussemburgo.

Aliquote Iva per categorie di prodotti e servizi
Il sesto capitolo del rapporto è dedicato a illustrare le aliquote Iva applicate negli Stati membri per ogni categoria di prodotti o di servizi: dalle bevande ai tabacchi, dai servizi telefonici agli e-books. Il testo tiene conto di tutte le variazioni apportate negli ordinamenti nazionali degli Stati membri nel rispetto della normativa dell’Unione europea.