IVA UE: CM 12/E/2013 novità fiscali in materia di IVA

Sintesi da: Fisco Oggi

Data: 03/05/2013

Autore: G. Mingione

Con la CM 12/E/2013 del 3 maggio, l’Agenzia Entrate fornisce i primi chiarimenti sulle modifiche apportate dalla legge di stabilità 2013 (L. 228/2012) in ambito fiscale, in merito soprattutto ai principali cambiamenti alla disciplina sull’IVA:

Base imponibile
Sono stati modificati i criteri da seguire per computare nella base imponibile i corrispettivi, le spese e gli oneri sostenuti in valuta estera. Qualora non sia noto il giorno di effettuazione dell’operazione, il tasso di cambio deve adesso essere individuato con riferimento al momento dell’emissione della fattura.

Inversione contabile
Si allarga il novero delle operazioni, effettuate nel territorio dello Stato da soggetti non residenti, a cui si applica il reverse charge: dal 1° gennaio 2013, la procedura di assolvimento dell’IVA da parte del committente/cessionario residente si applica sia alle cessioni di beni (diverse dagli acquisti intra UE, che sono oggetto di una specifica disciplina) sia a tutte le prestazioni di servizi (anche non generiche) rese da un soggetto comunitario nel territorio dello Stato.

Volume d’affari
Dal 1° gennaio 2013, diventano rilevanti, ai fini della determinazione del volume d’affari, anche le prestazioni di servizi generiche rese da un soggetto stabilito nel territorio nazionale a un soggetto stabilito in un altro Stato membro UE, anche se non soggette a imposta per carenza del requisito della territorialità.

Prestazioni socio assistenziali svolte da cooperative sociali
Omissis.

Servizi di gestione individuale di portafogli
Omissis.

Fatturazione
Sono state apportate diverse modifiche alla normativa, in ottemperanza a quanto previsto dalla direttiva 45/2010/Ue.
Queste le novità sulle quali la CM 12/E/2013 fornisce indicazioni:

  • Fattura elettronica: il contribuente può scegliere liberamente le modalità da utilizzare per garantire il rispetto dei requisiti di autenticità dell’origine, integrità del contenuto e leggibilità del documento.
  • Contenuto della fattura:  maggiori formalità nell’indicazione dei dati identificativi del cessionario/committente. Anche nelle fatture in lingua straniera, imposta e imponibile devono essere indicati con arrotondamento al centesimo di euro.
  • Termini e modalità di emissione della fattura: ampliate le fattispecie in relazione alle quali è possibile derogare alla regola generale di emissione della fattura al momento di effettuazione dell’operazione.
  • Annotazioni in fattura: richiesta per determinate operazioni l’annotazione in fattura del regime fiscale applicabile. Facoltativa l’indicazione della specifica norma comunitaria o nazionale, obbligatoria nella previgente normativa.
  • Ampliamento delle operazioni soggette a fatturazione: obbligo di fatturazione anche per le operazioni non soggette a imposta per carenza del requisito di territorialità.
  • Fattura semplificata: possibile per importi complessivamente non superiori a 100 euro, nonché – a prescindere dall’ammontare – per le note di variazione, emettere fattura in modalità semplificata indicando in modo sintetico l’operazione effettuata e senza la distinta esposizione in fattura di imponibile ed imposta.

Operazioni intracomunitarie
La CM 12/E/2013 elenca alcune operazioni in relazione alle quali, pur in presenza di introduzione fisica nel territorio dello Stato di un bene proveniente da altro Stato UE, non si considera perfezionata la fattispecie dell’acquisto intra UE;  si tratta delle ipotesi di importazione di beni oggetto di operazioni di perfezionamento o di manipolazioni usuali, quando gli stessi vengono successivamente trasportati o spediti al committente nello Stato UE di provenienza o, per suo conto, in altro Stato UE ovvero al di fuori della UE. Il momento di effettuazione sia della cessione, sia dell’acquisto intra UE, coincide con il momento dell’inizio del trasporto o della spedizione dei beni al cessionario o a terzi per suo conto.
Adempimenti contabili sulle operazioni intra UE: vengono concessi termini più lunghi rispetto alla disciplina previgente per l’integrazione e l’annotazione delle fatture relative ad acquisti intra UE.

 

DEPOSITO IVA: lavorazioni sui beni in spazi limitrofi ex DL 179/2012

Le prestazioni sui beni non materialmente introdotti nel deposito possono godere della sospensione d’imposta prevista per i depositi IVA. Con il DL 179/2012, si è nuovamente intervenuto sulla norma di interpretazione autentica (art. 16, co. 5-bis DL 185/2008) relativa alle prestazioni di servizi realizzate sui beni custoditi in deposito. La modifica ha efficacia retroattiva, applicandosi anche ai rapporti precedenti alla sua entrata in vigore.
Ex art. 50-bis, co.4, lett. h) DL 331/1993 è regolata la sospensione dell’IVA per le prestazioni di servizi rese sui beni in custodia nel deposito, comprese le operazioni di perfezionamento e le manipolazioni usuali. La sospensione si applica
anche alle operazioni materialmente eseguite nei locali limitrofi al deposito stesso, purché la durata di tali operazioni non superi i 60 giorni.

Successivamente:

  • Ex art.16, co.5-bis DL 185/2008 (norma di interpretazione autentica) ha chiarito che le suddette prestazioni, “relative a beni consegnati al depositario, costituiscono a ogni effetto introduzione nel deposito IVA”.
  • Ex art. 8, co.21-bis DL 16/2012, si è specificato che tali prestazioni di servizi costituiscono a tutti gli effetti introduzione nel deposito IVA, “senza tempi minimi di giacenza né obbligo di scarico [della merce] dal mezzo di trasporto”.
  • Ex DL 179/2012 si è chiarito, da un lato, che l’introduzione si intende realizzata anche negli spazi limitrofi al deposito, senza che sia necessaria l’introduzione fisica della merce nel deposito stesso e, dall’altro, che le funzioni di stoccaggio e custodia, richieste dalla disciplina civilistica del contratto di deposito, devono ritenersi soddisfatte, senza che sia quindi necessario un tempo minimo di giacenza dei beni nel deposito.

La giurisprudenza (V. CTR Genova 28/03/12 ) aveva affermato in precedenza che è ammissibile il deposito IVA anche quando le merci non siano materialmente immesse in esso (operazione questa sovente estremamente difficoltosa per le caratteristiche dei beni oggetti di importazione), ma depositate nell’area antistante lo stesso, in quanto anche in questo modo il depositario può prendere possesso giuridico delle merci ed effettuare tutti i controlli sulla stessa volti a verificare la corrispondenza con la descrizione contenuta nei documenti di accompagnamento.

Ad oggi è chiaro quindi che le lavorazioni sui beni in deposito beneficiano del regime di sospensione da IVA anche qualora le merci:
– non entrino fisicamente nel deposito, ma transitino negli spazi adiacenti al magazzino;
– non siano scaricate dal mezzo di trasporto;
– non siano soggette a un tempo minimo di custodia.
All’estrazione della merce dal deposito IVA per l’immissione in consumo sul territorio nazionale si applica il reverse charge ex art. 17 co.2 DPR 633/1972; i beni consegnati al depositario senza essere materialmente introdotti nel deposito si intendono estratti, in caso di cessione interna, non già semplicemente in base alle annotazioni nell’apposito registro che ne evidenzia le movimentazioni, bensì a seguito dell’esecuzione delle formalità previste ex art. 50-bis, co.6, DL 331/1993 (reverse charge da parte del soggetto passivo che provvede all’estrazione, compresa la comunicazione al gestore del deposito IVA dei dati relativi alla liquidazione dell’imposta).

Riguardo alla definizione di locali “limitrofi” al deposito, la RM 149/E/2000 ha definito come tali quelli che “pur non costituendo parte integrante del deposito, sono a questo funzionalmente e logisticamente collegati in un rapporto di contiguità, e comunque rientranti nel plesso aziendale del depositario”. In merito agli spazi contigui al deposito, ancorché esterni dalla proprietà del depositario, possano rientrare nella definizione di locali “limitrofi”. Anche a fronte di quanto affermato dalla sentenza sopra citata, potrebbe ritenersi che la custodia della merce all’esterno della proprietà o della concessione del depositario non soddisfi il requisito richiesto dalla norma, in quanto il depositario stesso non potrebbe prendere possesso giuridico della merce per effettuare tutti i controlli documentali necessari.

CORTE UE: quando sono esenti IVA le prestazioni mediche estetiche

La Corte di Giustizia UE, con sentenza 21 marzo 2013, causa C-91/12, ha stabilito che nell’ambito delle cure mediche (art. 132, lett. b) direttiva IVA) e delle prestazioni mediche (art. 132, lett. c) direttiva IVA) rientrano prestazioni che hanno lo scopo di diagnosticare, di curare e, se possibile, di guarire malattie o problemi di salute.
Al riguardo, sebbene le “cure mediche” e le “prestazioni mediche [alla persona]” debbano avere uno scopo terapeutico, non ne consegue necessariamente che la finalità terapeutica di una prestazione debba essere tuttavia intesa in un’accezione particolarmente rigorosa.
Sono quindi esenti ex art. 132, lett. b) e c) della direttiva IVA, solo quelle prestazioni che hanno lo scopo di diagnosticare, curare o guarire malattie o problemi di salute o di tutelare, mantenere o ristabilire la salute delle persone.

Le prestazioni di servizi consistenti in operazioni di chirurgia estetica e in trattamenti di carattere estetico sono quindi esenti IVA, solo se tali prestazioni hanno lo scopo di diagnosticare, curare o guarire malattie o problemi di salute o di tutelare, mantenere o ristabilire la salute delle persone.

Secondo la Corte, inoltre, “le semplici convinzioni soggettive che sorgono nella mente della persona che si sottopone a un intervento di carattere estetico non sono, di per sé, determinanti ai fini della valutazione della questione se tale intervento abbia scopo terapeutico”. Tale valutazione, poiché presenta carattere medico, deve basarsi su constatazioni effettuate da personale qualificato.

Morale: l’intervento di tipo cosmetico, fine a se stesso (senza scopo terapeutico), non rientra tra quelli esenti e di conseguenza paga l’IVA.

In Italia le prestazioni mediche devono essere valutate in relazione alla loro natura, a nulla incidendo la forma giuridica rivestita dal soggetto che le rende (RM 119/E/2003 ; RM 167/E/2003; Cass. 21703/2010).

CORTE UE: esenzione IVA solo per navigazione in alto mare

Fonte: Fisco Oggi

Autore: M. Verrengia

Data: 22/03/2013

Corte Ue: ok a esenzione Iva ma deve navigare “in alto mare”

Secondo i giudici comunitari il requisito non è astratto ed è vincolante in relazione a quelle operazioni inerenti mezzi che trasportano passeggeri e imbarcazioni mercantili

La Corte di giustizia ha dichiarato che la Francia è venuta meno agli obblighi su di essa incombenti, ai sensi della direttiva 2006/112/CE, relativa al sistema comune Iva, poiché non ha subordinato al requisito della navigazione “in alto mare” l’esenzione da IVA per le operazioni inerenti navi che trasportano passeggeri ed imbarcazioni mercantili.

La diffida della Commissione europea
I fatti originavano da una lettera di diffida, con cui la Commissione UE contestava alla Francia l’incompatibilità della normativa Iva francese con la direttiva UE di riferimento, in quanto prevedeva l’esenzione da IVA sulle operazioni di “consegna, riparazione, trasformazione, manutenzione, noleggio e leasing” per le seguenti tipologie di imbarcazioni:

  • navi che esercitano il commercio marittimo;
  • barche utilizzate per lo svolgimento di un’attività industriale in alto mare;
  • navi che praticano la pesca commerciale in mare e barche che praticano operazioni di assistenza e salvataggio in mare.

In particolare, l’Organo europeo contestava l’assenza del requisito della navigazione “in alto mare”, per quanto riguardava le navi mercantili e le navi che trasportano passeggeri a pagamento. Infatti, l’articolo 148 della direttiva è chiaro nell’esentare dall’applicazione dell’IVA, fra l’altro, le cessioni di beni destinati al rifornimento ed al vettovagliamento delle navi adibite alla navigazione in alto mare, riferendosi, poi, anche alle navi adibite al trasporto passeggeri ed a quelle commerciali.

Le ragioni della Francia
Lo Stato francese, dal canto suo, riteneva che la nozione di navigazione “in alto mare” fosse troppo restrittiva e, comunque, astratta.
In ogni caso, a seguito di un’ulteriore lettera di diffida, la Francia faceva presente che, a decorrere dal 10 gennaio 2011, il codice generale delle imposte francese contenesse oramai la dizione “navi commerciali adibite alla navigazione in alto mare” e che, quindi, l’eccezione avesse perso il requisito dell’attualità.
Successivamente, poiché la censura era stata, in ogni caso, disattesa da parte dello Stato francese, la Commissione riteneva di adire la Corte di giustizia.

Le motivazioni della sentenza
Gli eurogiudici censurano, conformemente alle doglianze espresse dalla Commissione europea, la legislazione Iva francese, nella versione vigente ratione temporis.
A giudizio della Corte, infatti, lo Stato francese si era reso pacificamente inadempiente rispetto alla direttiva Iva, nella misura in cui non aveva disposto che l’esenzione Iva per le cessioni inerenti navi commerciali e traghetti si applicasse soltanto in caso di navigazione “in alto mare”.
Né, in qualche misura, poteva sostenere le ragioni della Francia sulla conformità alla normativa europea la circostanza che la prassi nazionale (circolare amministrativa n. 168 del 22/10/2003 e n. 15 del 24/01/2005) richiedesse per le navi mercantili, al fine di poter beneficiare dell’esenzione, tre requisiti cumulativi: l’iscrizione su un registro ufficiale francese o straniero, la presenza a bordo di un equipaggio permanente e lo svolgimento di un “business”.
Vi erano, difatti, vari esempi, citati dalla Commissione, che avrebbero garantito l’esenzione Iva per la legge francese, in antitesi però con le indicazioni desumibili dalla normativa comunitaria.
Si trattava di ipotesi concernenti le navi commerciali che effettuano attività di cabotaggio, oppure le medesime tipologie di imbarcazioni che effettuano il trasporto di persone (le cosiddette “barche navette” che garantiscono il trasporto fra città costiere vicine), o, ancora, gli yacht che esercitano attività commerciali ma che comunque rimangono nella prossimità della costa oppure che sono utilizzati come “residenza” nelle località balneari.

Le conclusioni della Corte di giustizia
Indi, le censure avanzate dalla Commissione Europea alla legislazione Iva francese sono state accolte dai togati comunitari. Anzitutto perchè, secondo l’orientamente consolidato della Corte, le esenzioni vanno interpretate restrittivamente, nel senso previsto dalla normativa comunitaria.
Inoltre, la Francia, secondo il parere dei degli eurogiudici, non fornisce alcuna garanzia in ordine alla circostanza che le esenzioni vengano applicate in situazioni conformi a quelle previste dalla direttiva Iva.
Alla Corte di giustizia, dunque, non resta che accogliere le doglianze della Commissione europea, convergendo sugli argomenti emersi a favore della distorsione del sistema delle esenzioni Iva da parte della legislazione francese.

Fonte: sentenza Corte di Giustizia UE, 21 marzo 2013, causa C-197/2012