CORTE UE: la consapevolezza dell’evasione fiscale impedisce detrazione IVA

Fonte: Eutekne.info

Data: 22/6/2012

Autore: V. Cristiano

Il contribuente a conoscenza o che avrebbe dovuto conoscere l’«inquinamento» documentale non ha diritto alla detrazione

Con la sentenza 21 giugno 2012, cause riunite C-80/11 e C-142/11, i giudici della Corte di Giustizia riconoscono al soggetto passivo la detrazione dell’IVA, poiché le eventuali irregolarità commesse sono addebitabili direttamente in capo all’emittente della fattura in “odore” di evasione. Specularmente, qualora il contribuente sia a conoscenza o avrebbe dovuto conoscere l’asserito “inquinamento” documentale, ossia solo utilizzato per aggirare il pagamento delle imposte, non ha diritto al recupero dell’IVA mediante detrazione.

La controversia esaminata prende origine nel territorio ungherese, ove l’ordinamento giuridico impone ai soggetti passivi di dotarsi di tutte le misure necessarie per accertarsi della regolarità delle operazioni attraverso le quali si matura il credito IVA. In particolare, secondo l’articolo 35, paragrafo 1, lettera a), della Legge IVA ungherese, il diritto alla detrazione – salva contraria disposizione della legge relativa alle imposte – può essere esercitato solo se si dispone di documenti facenti fede che attestino l’importo dell’imposta a monte. La disposizione aggiunge che sono da considerare tali le fatture, le fatture semplificate e i documenti che sostituiscono le fatture, emessi a nome del soggetto passivo.

E ancora, l’articolo 44, paragrafo 5, della medesima Legge sull’IVA dispone che “l’emittente della fattura o della fattura semplificata è responsabile della veridicità dei dati che figurano nella fattura o nella fattura semplificata. I diritti in materia di imposizione del soggetto passivo che figuri come acquirente nel documento giustificativo non potranno essere messi in discussione ove questi abbia agito con la dovuta diligenza con riferimento al fatto generatore dell’imposta, considerate le circostanze della cessione di beni o della prestazione di servizi”.

In secondo luogo, i Giudici stabiliscono che è prerogativa delle autorità e dei giudici nazionali negare il beneficio del diritto a detrazione ove sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che lo stesso diritto “è invocato fraudolentemente o abusivamente” (cfr., in tal senso, sentenze Fini H, cit., punti 33 e 34; Kittel e Recolta Recycling, cit., punto 55, nonché del 29 marzo 2012, Véleclair, C-414/10, punto 32).

Possibile disconoscere la detrazione solo per elementi oggettivi

Di conseguenza, è possibile disconoscere al soggetto passivo il beneficio del diritto a detrazione soltanto sulla base di elementi oggettivi: il soggetto passivo, al quale sono stati forniti i beni o i servizi posti a fondamento del diritto a detrazione, sapeva o avrebbe dovuto sapere (partecipante all’evasione) che tale operazione si collocava all’interno di un’evasione commessa dal fornitore o da un altro operatore a monte (cfr. sentenza Kittel e Recolta Recycling, cit., punto 56). Specularmente, la mancata conoscenza o conoscibilità dell’operazione in odore di frode è elemento qualificante per il riconoscimento della detrazione dell’IVA. Infatti, conclude la Corte, “l’istituzione di un sistema di responsabilità oggettiva andrebbe al di là di quanto necessario per garantire i diritti dell’Erario” (cfr., fra tutte, sentenze dell’11 maggio 2006, Federation of Technological Industries e a., C-384/04, Racc. pag. I 4191, punto 32, nonché del 21 febbraio 2008, Netto Supermarkt, C-271/06, Racc. pag. I 771, punto 23).

Spetta infatti, in linea di principio, alle autorità fiscali effettuare i controlli necessari presso i soggetti passivi al fine di rilevare irregolarità ed evasioni in materia di IVA, nonché infliggere sanzioni al soggetto passivo che ha commesso dette irregolarità o evasioni.

DOGANA: misure in materia di trasporto, navigazione marittima, energia elettrica, depositi IVA

La L. 44/2012, di conversione del DL 16/2012, concernente norme di “semplificazione” tributaria, reca diverse misure in
materia di trasporto, navigazione marittima, energia elettrica, depositi IVA, ed altri settori. La nota dell’Agenzia Dogane 62488/RU del 31/05/2012 le passa in rassegna fornendo chiarimenti in merito.

Si riportano quelle di maggiore interesse.

D) Deposito fiscale ai fini IVA (art.8, comma 21-bis, DL 16/2012)
Il comma 21-bis inserito nell’art.8 del DL 16/2012 apporta una modifica integrativa alla disposizione ex art. 16, co.5-bis, DL 185/2008, completando il contenuto della norma di interpretazione autentica in materia di prestazione di servizi relative a beni consegnati al depositario.
In particolare, viene codificato il principio, già operante nella prassi applicativa sia dell’Agenzia delle entrate che di questa Agenzia (vedasi, da ultimo, nota 7521 del 28/12/2006  questa Direzione), secondo cui per le introduzioni nel
deposito IVA non sono richiesti né tempi minimi di giacenza né obbligo di scarico dal mezzo di trasporto.

E) Terminali retro portuali (art.9, comma 3-novies, D.L.n.16/2012)
Con il comma 3-novies aggiunto all’art. 9 DL 16/2012 viene apportata una modifica sostituiva alla disposizione che all’art. 46, comma 4, DL 201/2011, convertito, con modificazioni, dalla L. 214/2011, disciplina l’espletamento del servizio ai fini dello sdoganamento nei terminali retro portuali.
In merito, per quanto attiene ai profili applicativi di competenza dell’Agenzia Dogane, saranno impartite specifiche direttive operative.

F) Autorizzazioni uniche alle procedure semplificate per il regime di importazione (art.9, co.3-duodecies, DL 16/2012)
Il comma 3-duodecies aggiunto all’art. 9 DL 16/2012 demanda ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze l’individuazione delle procedure contabili e fiscali necessarie a dare attuazione, in ambito nazionale, all’istituto delle autorizzazioni uniche alle procedure semplificate per il regime di importazione.

Imponibilità IVA per le cessioni di beni in regime doganale sospensivo

Fonte: Eutekne.info

Autore: V. Cristiano

Data: 23/05/2012

Secondo l’Avvocato generale, il diritto UE non esclude l’imponibilità in caso di compravendita di merci poste, e destinate a rimanere, in tale regime

L’Avvocato generale presso la Corte di Giustizia, nel procedimento C-165/11 del 22 maggio 2012, interviene su una problematica quantomai attuale che investe i regimi sospensivi IVA. In particolare l’Avvocato, dopo essersi soffermato sull’ordinario meccanismo che regola il deposito doganale, si sofferma su un aspetto centrale, ossia “cosa succede […] qualora tale prodotto […] sia venduto da un’impresa dell’Unione a un’altra impresa dell’Unione, pur rimanendo fisicamente nello stesso luogo e, giuridicamente, in regime sospensivo”. L’interrogativo che viene posto concerne l’applicabilità o meno dell’IVA in dette ipotesi.

Il fatto

Il fatto in controversia riguarda alcuni semilavorati in acciaio (bobine) importati dall’Ucraina per conto di una società slovacca e collocati in Slovacchia in regime sospensivo. Le merci sono state inizialmente collocate in regime di deposito doganale, e poi, al fine di essere trasformate in profilati d’acciaio, in regime di perfezionamento attivo. Successivamente le merci, “pur non abbandonando mai il luogo in cui si trovavano”, sono state vendute ad un’altra società slovacca e collocate nuovamente in regime di deposito doganale.
Le Autorità fiscali slovacche hanno richiesto il pagamento dell’IVA relativa alla vendita intercorsa tra le due società slovacche, configurandosi la medesima come una normale cessione di beni soggetta ad imposta.

Investito della questione, l’Avvocato generale ha innanzitutto evidenziato i presupposti di pagamento dell’IVA, indicando che l’imposta è dovuta qualora ricorrano tre condizioni cumulative. Ai sensi dell’articolo 2 della sesta Direttiva, l’operazione deve essere, in primo luogo, una cessione di beni effettuata a titolo oneroso; in secondo luogo, la cessione deve essere stata effettuata da un soggetto passivo che agisce in quanto tale. E, da ultimo, l’operazione deve essere stata effettuata all’interno del territorio dell’Unione, come definito dall’articolo 3 della Direttiva medesima.
Nel caso sottoposto, l’Avvocato non contesta l’esistenza delle prime due condizioni ma, piuttosto, sposta l’oggetto d’indagine sul terzo presupposto. Ossia, se anche la terza condizione sia realizzata.

Secondo l’Avvocato generale, l’imposta è dovuta, giacché “nel diritto dell’Unione non esiste alcuna norma che permetta di escludere l’obbligo di pagamento dell’imposta nel caso di compravendita di merci poste – e destinate a rimanere – in un regime doganale sospensivo”.

La conclusione cui perviene l’Avvocato generale passa attraverso una considerazione di diritto ineccepibile: le norme doganali e quelle in materia di IVA costituiscono due corpi normativi fondamentalmente distinti, con la conseguenza che il fatto che un certo bene goda di un regime “privilegiato” in diritto doganale non significa che debba automaticamente godere di un trattamento di favore ai fini dell’IVA, e viceversa.

La compravendita costituisce cessione di beni all’interno dell’Ue

Anche l’ulteriore passaggio normativo dell’Avvocato è interessante. La sesta Direttiva indica esplicitamente le parti di territorio degli Stati membri alle quali il regime IVA non si applica, e tra esse non rientrano i depositi doganali. Ne discende che il fatto che i beni ceduti nell’ambito della controversia in commento si trovassero fisicamente in un deposito doganale è irrilevante ai fini dell’IVA, “allo stesso modo in cui è irrilevante, a tale proposito, il fatto che detti beni siano oggetto di un regime doganale sospensivo”.

Logica conclusione di quanto esposto, a giudizio dell’Avvocato generale, è che la compravendita realizzata nel caso esaminato costituisce una cessione di beni localizzata all’interno del territorio dell’Unione, soggetta come tale all’obbligo di pagamento dell’imposta. Tale interpretazione trova conforto nell’articolo 16 della sesta Direttiva, secondo cui gli Stati membri possano esentare dall’IVA alcune operazioni, “tra le quali anche le cessioni di beni che si trovano in un regime doganale sospensivo e che continuano a trovarsi in un tale regime dopo la cessione”. In altri termini, la sesta Direttiva parte dal presupposto che una compravendita di merce che si trova in regime doganale sospensivo è normalmente soggetta ad IVA, e può essere esentata soltanto se gli Stati membri decidono di concedere un’esenzione.

Proposte della Commissione UE per il trattamento IVA dei voucher

Sul sito internet del Ministero delle Finanze, in data 21.05.2012, è stata pubblicata la seguente nota: la Commissione europea il 10/05/2012 ha presentato una proposta di modifica della direttiva IVA – COM (2012) 206 – per garantire un trattamento uniforme nei vari Stati membri delle operazioni che comportano l’utilizzo di “buoni”(voucher). Le nuove norme dovrebbero essere recepite dagli Stati membri entro il 1° gennaio 2014, ed essere applicate a partire dal 1° gennaio 2015.

Finalità della proposta

Né l’attuale direttiva IVA né la precedente sesta direttiva prevedono apposite norme per il trattamento delle operazioni eseguite con l’uso di voucher, conseguentemente gli Stati hanno ognuno discipline diverse e non coordinate tra loro: la Commissione vuole quindi armonizzare le norme europee sul trattamento ai fini IVA delle operazioni in questione, effettuate sia all’interno di uno Stato UE che tra più Stati,  eliminando i casi di doppia imposizione e l’incertezza sugli adempimenti fiscali; il sistema vigente, infatti, facilita l’elusione fiscale, sfruttando le diversità di trattamento esistenti tra gli Stati membri.

Caratteristiche del voucher

Un voucher è uno strumento che conferisce al detentore il diritto di beneficiare di determinati beni o servizi, oppure di ricevere sconti o rimborsi in relazione ad una cessione di beni o una prestazione di servizi. L’emittente del voucher, quindi, assume l’obbligo di cedere determinati beni o eseguire determinati servizi, di accordare uno sconto o di operare un rimborso.
Il voucher (elettronico o fisico) ha in generale obiettivi commerciali o promozionali, ad es. promuovere la cessione di determinati beni o la realizzazione di determinati servizi, di accelerarne il pagamento, di fidelizzare i clienti: si distingue da altri strumenti, ad es. i traveller’s cheques, che sono solo mezzi di pagamento, e che hanno un diverso trattamento IVA.

Tipologia dei voucher

La nuova disciplina proposta dalla Commissione distingue i “buoni” in varie categorie:

  • voucher monouso quelli in relazione ai quali le informazioni necessarie per la tassazione (aliquota, identità delle parti dell’operazione, Stato membro in cui l’operazione corrispondente sarà eseguita) sono già note al momento dell’emissione (si pensi, ad es., ad un buono che attribuisce ad un soggetto il diritto di usufruire di un determinato servizio in uno specifico Stato membro). Per questo tipo di buoni si prevede l’applicazione dell’imposta al momento della vendita.
  • voucher multiuso quelli il cui utilizzo finale non è ancora determinato al momento dell’emissione, in quanto esso è lasciato alla scelta del consumatore (ad es., di buoni che possono essere indifferentemente utilizzati per usufruire di servizi tra loro diversi, soggetti a differenti aliquote IVA). E’ stabilito che questi tipi di buoni siano tassati al momento del riscatto, cioè nel momento in cui sono ceduti i beni o sono effettuati i servizi cui i buoni stessi danno diritto, in buona sostanza, quando i “buoni” sono utilizzati.
  • voucher sconto, che attribuiscono il diritto di ricevere uno sconto o un rimborso sul prezzo di una cessione di beni o di una prestazione di servizi.

Momento impositivo

Nella proposta sono contenute disposizioni che modificano l’attuale disciplina dell’esigibilità dell’imposta contenuta nella direttiva IVA per adattarla alle varie tipologie di buoni in particolare:

  • per assicurare che i “buoni monouso” siano assoggettati ad IVA nel momento in cui sono venduti.
  • per assicurare che nel caso dei “buoni multiuso” l’IVA divenga esigibile solo al momento in cui i beni o i servizi cui essi danno diritto sono ceduti o prestati.

Norme relative alla distribuzione

La proposta di modifica della direttiva IVA stabilisce, poi, norme comuni per i casi in cui i buoni multiuso, prima di arrivare ai consumatori finali, sono distribuiti tramite intermediari, anche in diversi Stati membri: la distribuzione commerciale dei buoni multiuso è considerata come prestazione di un servizio autonoma rispetto alla cessione o alla prestazione cui il buono dà diritto. La base imponibile di tale servizio è determinata in funzione dell’incremento di valore del buono.

Altre modifiche tecniche

Per garantire il funzionamento del sistema di tassazione proposto, sono poi individuate ulteriori modifiche alla direttiva IVA in relazione al diritto alla detrazione, all’individuazione del soggetto debitore dell’imposta e ad altri adempimenti.

Consultazione delle parti interessate

La questione del regime IVA applicabile ai buoni è stata discussa nell’ambito dei seminari Fiscalis nel 2002 e nel 2006 con rappresentanti delle autorità fiscali degli Stati membri, a cui ha fatto seguito, nel 2006, una consultazione pubblica sull’argomento: dall’analisi dei contributi inviati è emerso che i problemi riscontrati derivano dalle divergenze nell’applicazione delle norme sull’IVA, che causano anomalie specie per le operazioni che coinvolgono più Stati.

Sono state auspicate modifiche legislative, ed è stata ritenuta essenziale una definizione giuridica dei “buoni” ai fini dell’IVA.

Valutazione dell’impatto

La proposta di direttiva è corredata da una valutazione d’impatto, secondo la quale l’unico modo per assicurare un trattamento fiscale uniforme dei buoni, specie per le operazioni che coinvolgono più Stati, è quello di aggiornare la direttiva IVA introducendo nuove specifiche disposizioni relative ai buoni.

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