IVA: diritto alla detrazione a prescindere dal versamento

Fonte: Fisco Oggi

Data: 02/04/2012

Autore: A. De Angelis

Il caso, che è stato oggetto di rinvio pregiudiziale, riguarda l’interpretazione della sesta direttiva comunitaria, la 388 del 1977, con riferimento all’articolo 17

La società ricorrente, negli anni dal 1992 al 1995, importava biciclette dichiarando come provenienza il Vietnam. L’Amministrazione doganale francese, invece, considerava la merce di origine cinese con conseguente applicazione di dazi doganali e dazi antidumping a loro volta soggetti a Iva. Il mancato versamento dell’Iva comportava il sorgere di un credito a favore dell’Amministrazione finanziaria francese. Credito Iva, però, non ritenuto valido dal giudice fallimentare, in quanto il credito  era stato insinuato a titolo definitivo oltre i termini stabiliti dalla legge. Ecco che allora la società ricorrente proponeva domanda di rimborso del credito Iva di cui essa si riteneva titolare in considerazione del rialzo dell’Iva all’importazione sui diritti elusi.

La posizione dell’Amministrazione finanziaria
L’Amministrazione respingeva la  richiesta argomentando che la detraibilità Iva all’importazione è subordinata al suo effettivo previo versamento. La società ricorrente, considerato il rigetto nel giudizio in primo grado, faceva ricorso in cassazione dinanzi al Consiglio di Stato sostenendo come l’esercizio a detrazione subordinato a un effettivo previo pagamento dell’imposta, come previsto dal codice generale delle imposte francese, sia incompatibile con l’articolo 17, paragrafo 2, lettera b), della sesta direttiva Iva. Il Consiglio di Stato decideva pertanto di sospendere il procedimento e adire i giudici comunitari..
I contenuti della questione pregiudiziale
Il dubbio interpretativo sollevato riguarda la corretta interpretazione dell’art. 17, paragrafo 2, lettera b), della sesta direttiva Iva. In altri termini, si tratta di stabilire la conformità, alla suddetta disposizione, di una normativa nazionale che prevede di subordinare l’esercizio del diritto a detrazione dell’Iva all’importazione, all’effettivo versamento dell’imposta, dal soggetto passivo quando tale soggetto sia allo stesso tempo il titolare del diritto a detrazione.
L’analisi della normativa comunitaria
Dalla lettura dell’art. 17, si evince come ogni soggetto passivo è autorizzato a detrarre l’Iva per i beni importati nel territorio dello Stato. I soggetti passivi, pertanto, possono detrarre l’Iva per i beni di loro proprietà o che saranno ceduti. Quindi, la detrazione è prevista sia per l’imposta già versata ma anche per quella da versare in futuro.  Dal combinato disposto dell’articolo 17, con l’art. 10 della sesta direttiva deriva che il diritto a detrazione Iva sia indipendente dall’avvenuto pagamento del corrispettivo versato per i beni importati. Di conseguenza il diritto a detrazione dell’Iva all’importazione non può essere subordinato all’effettivo pagamento dell’Iva. A tale conclusione si perviene richiamando anche l’articolo 18 della sesta direttiva rubricato “Modalità di esercizio del diritto a deduzione”, per il quale il diritto a detrazione non viene subordinato affatto all’effettivo previo pagamento dell’imposta all’importazione. Tale interpretazione, si conforma ai principi della sesta direttiva Iva secondo cui il diritto a detrazione non può essere limitato in quanto parte integrante del più complesso meccanismo dell’imposta sul valore aggiunto. Questo è vero, a maggior ragione, tanto più se si fa riferimento al principio della neutralità fiscale che il ricordato sistema comune dell’Iva è finalizzato a garantire. Diversamente, consentire la detrazione soltanto previo effettivo pagamento significherebbe far gravare sul soggetto passivo, seppur temporaneamente, l’onere dell’imposizione economica che il meccanismo della detrazione è invece finalizzato a non consentire. Quanto al pericolo di frode o evasione fiscale, il rischio è scongiurato in quanto il soggetto che si avvale della detrazione è tenuto a dimostrare la sussistenza dei presupposti del diritto a detrazione.
La conclusione degli eurogiudici
A conclusione della disamina della questione pregiudiziale i giudici comunitari ritengono che una normativa nazionale, come quella di cui alla causa principale, non è compatibile con le disposizioni della sesta direttiva Iva e, in particolare, con l’articolo 17, paragrafo 2, lettera b). Pertanto, il diritto a detrazione dell’Iva può essere esercitato a prescindere dell’effettivo versamento dell’imposta dovuta da parte del titolare del diritto a detrazione. Come precisato nel testo stesso della sentenza, l’imposta dovuta si riferisce a un debito esigibile e che obbliga quindi il soggetto passivo al versamento dell’Iva detraibile quale imposta assolta a monte.
Fonte: sentenza Corte UE del 29.03.2012 procedimento C-414/10

REVERSE CHARGE: prevalenza inversione contabile su regola generale

La regola generale, che individua il debitore dell’IVA nel cedente o prestatore (art.17, co.1 DPR 633/1972), va derogata tutte le volte in cui disposizioni speciali obblighino, anche per le operazioni tra soggetti stabiliti in Italia, al pagamento dell’IVA il cessionario o committente.

E’ questo il senso della RM 28/E/2012.

Tale risoluzione si occupa della cessione di rottami, cascami e avanzi di metalli, stoccati in depositi ubicati in Italia, fra rappresentanti fiscali di operatori stranieri; tali cessioni sono soggette a inversione contabile ex art. 74 co.7 – 8 DPR 633/1972: non rileva quindi che ex art. 17 co.3 DPR 633/1972 il reverse charge sia escluso, quando le cessioni di beni o le prestazioni di servizi, territorialmente rilevanti in Italia, siano effettuate da un soggetto passivo non residente e privo di stabile organizzazione nel territorio dello Stato nei confronti di cessionari o committenti soggetti passivi che siano anch’essi stabiliti fuori del territorio dello Stato.

Si precisa che tale soluzione è estensibile agli altri settori, disciplinati ex art. 17, co. 5, 6 e 7, DPR 633/1972 (es. oro, subappalti edili, ecc.), rispetto ai quali l’IVA è dovuta dal destinatario del bene o del servizio, in luogo del cedente o del prestatore.

Rispetto alla RM 36/E/2011, sulle cessioni di telefonini e di dispositivi a circuito integrato, anch’esse soggette a reverse charge, le nuove indicazioni dell’Agenzia specificano che il destinatario della cessione, anche se non residente, ma identificato in Italia, è obbligato all’assolvimento dell’imposta in luogo del cedente, quindi, definitivamente chiarendo se il reverse charge si applicasse anche nell’ipotesi in cui il cessionario non residente fosse privo di identificazione in Italia, posto che la soluzione affermativa, già riconosciuta dalla CM 11/E/2007, si pone in contrasto con lo status (di “soggetto passivo d’imposta nel territorio dello Stato”) richiesto al cessionario ex art. 17, co. 5, e art. 74, co. 7, DPR 633/1972, così come interpretato dalla RM 36/E/2011.

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Corte UE: sul diritto a detrazione l’immediatezza d’uso non conta

Fonte: Fisco Oggi

Data: 27/03/2012

Autore: M. Maiorino

La domanda di pronuncia pregiudiziale, oggetto di intervento dei giudici comunitari nella recente pronunzia, verte sull’interpretazione della direttiva 112/2006.
Secondo l’articolo 168, lettera a) della direttiva 2006/112/CE del 28 novembre 2006, “nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro  in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore, gli importi seguenti  “l’Iva dovuta o assolta in tale Stato membro per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o saranno resi da un altro soggetto passivo”.
L’oggetto della controversia
La domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia pendente tra una società che gestisce un hotel in una stazione balneare e l’Amministrazione finanziaria bulgara in ordine a un avviso di accertamento in rettifica con cui è stato negato alla società il diritto alla detrazione dell’imposta versata per l’acquisto di un appartamento. L’ immobile è destinato a uso abitativo e la società non ha provveduto a modificare la destinazione dell’immobile. Ciò ha indotto l’Amministrazione finanziaria  a ritenere che tale immobile non fosse utilizzato per l’esercizio dell’attività di impresa e pertanto non potesse beneficiare del diritto alla detrazione dell’imposta assolta per il suo acquisto.
Le questioni pregiudiziali
L’autorità giurisdizionale adita ha sospeso il procedimento sottoponendo alla Corte di Giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:
  • se l’articolo 168, lettera a) della direttiva debba essere interpretato nel senso che dopo che il soggetto passivo ha esercitato il proprio diritto di scelta e ha inserito un immobilenel patrimonio dell’impresa, che rappresenta un bene di investimento,  si deve presumere che sia utilizzato ai fini delle operazioni imponibili effettuate dal soggetto passivo;
  • se l’articolo 168, lettera a) della direttiva debba essere interpretato nel senso che il diritto alla detrazione in occasione dell’acquisto di un immobile destinato al patrocinio dell’impresa di un soggetto passivo sorge immediatamente nel periodo fiscale in cui l’imposta è divenuta esigibile, e ciò a prescindere dalla circostanza che l’immobile non possa essere utilizzato a causa della mancanza del certificato di agibilità previsto per legge;
  • se sia compatibile con la direttiva e con la giurisprudenza una interpretazione di prassi secondo cui il diritto alla detrazione fatto valere da soggetti passivi Iva per beni di investimento da essi acquistati può essere negato sulla base del fatto che tali beni sono utilizzati dai titolari delle società per fini privati senza che a tale uso venga applicata l’Iva.
Le valutazioni della Corte
La Corte esamina congiuntamente le questioni, pervenendo alle seguenti conclusioni. Nel caso di una operazione consistente nell’acquisto di un bene di investimento destinato in parte all’uso privato e in parte all’uso professionale, il soggetto passivo può decidere di destinare integralmente il bene al patrimonio dell’impresa. In via generale, l’Iva dovuta a  monte sull’acquisto di tale bene è integralmente detraibile. Ciò premesso, qualora un bene di investimento destinato all’impresa abbia consentito una detrazione integrale o parziale dell’Iva versata  a monte, il suo impiego per le esigenze private del soggetto passivo o del suo personale o per finalità estranee all’impresa è equiparato ad un prestazione di servizi a titolo oneroso ai sensi dell’articolo 26 della direttiva Iva.
Se la detrazione dell’Iva dovuta  a monte fosse negata al soggetto passivo per i successivi utilizzi professionali imponibili, nonostante l’iniziale intento di destinare integralmente il bene di investimento alla sua impresa, in vista di operazioni future, il soggetto passivo non risulterebbe interamente esonerato dall’imposta inerente al bene utilizzato ai fini della propria attività economica e la tassazione delle sue attività professionali provocherebbe una doppia imposizione che risulterebbe in contrasto con il principio della neutralità fiscale che caratterizza il sistema comune dell’Iva.
Spese d’investimento e attività economiche
In ossequio al predetto principio, si richiede che le spese d’investimento effettuate ai fini e in vista di un’impresa siano considerate come attività economiche che conferiscono l’immediato diritto alla detrazione dell’Iva dovuta a monte. Pertanto, un privato che acquisti beni ai fini di una attività economica (articolo 9 della direttiva Iva), agisce in qualità di soggetto passivo, anche laddove i beni non siano immediatamente impiegati per detta attività economica.
Tuttavia, nelle ipotesi fraudolente o abusive in cui il soggetto passivo abbia finto di voler svolgere un’attività economica specifica, cercando in  realtà di fare entrare nel suo patrimonio privato beni che possono essere oggetto di una detrazione, l’Amministrazione finanziaria può chiedere, con effetto retroattivo, il rimborso delle somme detratte, posto che tali detrazioni sono state concesse sulla base di false dichiarazioni.
Le conclusioni
Secondo gli eurogiudici l’articolo 168, lettera a) della direttiva deve essere interpretato nel senso che un soggetto passivo che, agendo in quanto tale, abbia acquistato un bene di investimento e lo abbia destinato al patrimonio dell’impresa, ha il diritto di detrarre l’Iva che grava sull’acquisto di tale bene nel corso del periodo fiscale durante il quale l’imposta è divenuta esigibile, indipendentemente dal fatto che detto bene non sia immediatamente utilizzato a fini professionali. Spetterà al giudice nazionale stabilire se il soggetto passivo abbia acquistato il bene di investimento ai fini della sua attività economica e quindi valutare se del caso l’esistenza di una pratica fraudolenta.

Identificativo IVA non validato, scambio intra UE imponibile

Fonte: Fisco Oggi

Data: 09/03/2012

Il requisito della comunicazione al Fisco è di natura sostanziale e l’omissione determina l’assoggettamento a Iva secondo le ordinarie regole di applicazione

SINTESI: In materia di scambi intracomunitari, il regime relativo alle operazioni c.d. non imponibili ai fini IVA prevede, ai fini della sua applicazione, l’effettuazione degli adempimenti previsti dall’articolo 50 del DL n. 331 del 1993. In particolare, il comma 2 del citato articolo 50 prevede che il cessionario del bene o del servizio comunichi all’Amministrazione finanziaria il numero identificativo attribuito dallo Stato membro di appartenenza. Al fine predetto, pertanto, non è sufficiente la mera indicazione del predetto numero identificativo inserito nella documentazione concernente l’operazione intracomunitaria. Il requisito della comunicazione all’Amministrazione finanziaria è di natura sostanziale e la relativa omissione determina l’assoggettamento al tributo secondo le regole ordinarie di applicazione dell’IVA per le operazioni imponibili.

Ordinanza n. 3167 del 29 febbraio 2012 (udienza 11 gennaio 2012)
Cassazione Civile, sezione VI – Pres. Merone Antonio – Est. Caracciolo Giuseppe
Iva – Scambi intracomunitari – Operazioni non imponibili – Comunicazione all’Amministrazione finanziaria – Obbligatorietà