CONSIGNMENT STOCK: fattura all’atto del prelievo dei beni dal deposito

Assonime, con l’approfondimento n. 2/2012, si occupa del trattamento IVA dell’invio dei beni in altro Stato UE a titolo non traslativo della proprietà, con riguardo all’individuazione del momento di effettuazione dell’operazione, ed al conseguente obbligo di fatturazione.

E’  molto diffusa tra gli operatori che hanno rapporti commerciali con soggetti passivi stabiliti in altri Stati UE, la pratica di  trasferire i beni dall’Italia verso l’altro Paese UE, presso il deposito di un soggetto terzo, e successivamente commercializzare i beni stessi a favore di clienti stabiliti nel predetto Paese UE.

Con CM 13/E/1994 l’Agenzia ha chiarito che gli invii di beni in altro Stato UE da parte di un soggetto passivo italiano, per esigenze della sua impresa (c.d. cessioni “a se stessi”), ai fini IVA costituiscono operazioni assimilate alle cessioni intra UE non imponibili, ex art. 41, co.2, lett. c), DL 331/93, con conseguente obbligo di porre in essere tutti gli adempimenti conseguenti, tra i quali tuttavia,  non sono previste regole specifiche per l’individuazione del momento di emissione della fattura, ma si rinvia alle disposizioni generali ex DPR 633/1972 (art. 56 DL 331/1993).

Assonime sostiene che la fattura relativa a tali cessioni intra UE assimilate, deve essere emessa al momento di effettuazione dell’operazione, ex art. 6 DPR 633/1972  (nel DL 331/1993 manca una disciplina, per le cessioni intra UE di beni, anche in relazione al momento di effettuazione dell’operazione).

In caso quindi di invio di beni in altro Stato UE a titolo non traslativo della proprietà, l’obbligo di emissione della fattura sorge all’atto della consegna o spedizione dei beni, secondo il principio generale ex art. 6 DPR 633/1972 per le cessioni di beni mobili.

In deroga a tale regola generale è il caso di invio di beni in altro Stato UE in esecuzione di contratti di consignment stock, fattispecie che prevede:

  • l’invio di beni all’acquirente UE presso un deposito, suo o di terzi, a cui abbia accesso esclusivo l’acquirente stesso;
  • l’acquirente preleva i beni dal deposito in funzione delle sue esigenze, e solo in tale momento si realizza il trasferimento della proprietà dei beni.

In relazione al contratto di consignment stock, l’Agenzia (RM 235/E/1996) ha ritenuto che il momento di effettuazione dell’operazione, ex art. 6 DPR 633/1972, non si realizza al momento dell’invio ma solo all’atto del successivo prelievo dei beni stessi da parte dell’acquirente, in funzione dei bisogni dell’impresa: lo stesso vale infatti anche nel caso speculare di invio di beni da altro Paese UE in Italia (RM 44/E/2000).

Quindi in caso di consignment stock, il cedente nazionale deve emettere la fattura di cessione intra UE, ex art. 41 DL 331/1993, solo all’atto del prelievo dei beni dal deposito da parte dell’acquirente, in quanto solo in tale momento l’operazione si considera effettuata, ex art. 6 DPR 633/1972 (fermo restando il limite di un anno, ex art. 6, a partire dalla consegna dei beni).

BLACK LIST: comunicazione solo oltre 500 euro

Fonte: Eutekne.info

Data: 05/05/2012

Autore: G. Odetto

Con DL n. 16/2012, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 2 marzo e in vigore dalla medesima data, il Legislatore ha modificato gli obblighi di comunicazione delle operazioni con i paradisi fiscali, prevedendone l’obbligo per le sole operazioni (attive e passive) di importo superiore a 500 euro.

Non si tratta, con tutta probabilità, della modifica più attesa, in quanto la semplificazione di maggiore rilievo sarebbe stata l’esclusione degli obblighi di monitoraggio per le cessioni e gli acquisti di beni, mantenendo l’obbligo per le sole prestazioni di servizi rese e ricevute; l’intervento del DL può, tuttavia, alleggerire l’adempimento sfrondandolo dalle operazioni di importo minore.

Il limite di 500 euro dovrebbe riferirsi sia alle cessioni di beni, sia alle prestazioni di servizi. Non è chiaro, però, se debba essere computato per singola operazione, ovvero cumulando tutte le operazioni effettuate dal soggetto tenuto alla presentazione nel mese o trimestre. Si pensi, ad esempio, a un imprenditore in regime trimestrale che si reca in Svizzera per quattro volte nel trimestre solare, soggiorna sempre presso lo stesso albergo e riceve per ciascun pernottamento una fattura del controvalore di 150 euro:
– se si considera il limite riferito a ciascuna operazione (come parrebbe dal dato letterale della norma), non vi sarebbe obbligo di comunicazione, in quanto ognuna di esse sarebbe inferiore alla soglia;
– se invece si cumulassero gli importi, la comunicazione dovrebbe essere effettuata, in quanto il controvalore complessivo (600 euro) eccederebbe la soglia stessa.

Quand’anche si propenda per la seconda soluzione, il cumulo dovrebbe essere effettuato per ogni singola controparte e non per ogni tipologia di operazione; riprendendo l’esempio precedente, se l’imprenditore avesse soggiornato per tre volte in un albergo e per la quarta in un altro, la somma dei tre pernottamenti nella stessa struttura (450 euro) sarebbe inferiore alla nuova soglia di legge.

Benefici per le spese di trasferta all’estero

Nell’attesa che si formino le prime interpretazioni sulla nuova normativa, va evidenziato che il nuovo limite potrebbe a prima vista non rappresentare una vera semplificazione, in quanto più operazioni normalmente di importo minimo erano già state escluse in via interpretativa dalla CM 2/E/2011 (si pensi, ad esempio, alle spese di trasferta del dipendente con fattura intestata al dipendente stesso, alla maggior parte delle cessioni gratuite, alle cessioni di beni documentate da scontrino o ricevuta fiscale o agli acquisti di carburante all’estero).

Proprio, però, nell’ambito delle trasferte all’estero potrebbero esservi benefici, in quanto la circolare ammette l’esonero dal monitoraggio solo se il documento di spesa è intestato al dipendente, mantenendo invece l’obbligo se la fattura è intestata al datore di lavoro. Con la nuova normativa, invece, anche le spese fatturate direttamente all’azienda potranno essere escluse dall’obbligo di comunicazione, se di importo non superiore a 500 euro. Lo stesso vale per le spese – non espressamente considerate dalla circolare 2/2011 – che il dipendente sostiene, ma che vengono documentate con scontrino (ad esempio taxi, bar e ristoranti), spese normalmente di importo minimo, tuttavia spesso inserite nelle comunicazioni per evitare rischi di sanzione.

Cessioni prodotti energetici: nuova territorialità IVA dal 17 marzo

Fonte: Eutekne.info

Autore: L. Cacciapaglia e F. D’alfonso

Data: 29/02/2012

La disciplina IVA relativa alle transazioni transfrontaliere di gas, energia elettrica, calore e freddo presenta delle particolarità intrinseche legate alla specifica natura dei beni interessati. Tali beni, infatti, sono assimilati, a norma dell’art. 15, paragrafo 1, della Direttiva n. 2006/112/CE, a beni materiali. L’individuazione del luogo d’imposizione relativo a tali operazioni non può essere tuttavia determinato attraverso il criterio generale previsto per le cessioni di beni, basato sul luogo in cui questi ultimi si trovano fisicamente. Ciò in quanto per l’energia elettrica, il gas, il calore, il freddo e simili risulta impossibile stabilire un nesso fra la transazione e il flusso materiale dei beni, poiché questi sono fisicamente difficili da rintracciare. Pertanto, in relazione alla fornitura di tali beni sono stati individuati criteri appositi, in grado di evitare casi di doppia imposizione o di non imposizione nonché di garantire la neutralità fiscale. Tali criteri impositivi si applicavano sino ad oggi soltanto alle cessioni di energia elettrica e a talune cessioni di gas.

A seguito della Direttiva n. 2009/162/UE del 22 dicembre 2009, in vigore a partire dal 15 gennaio 2010, tali criteri impositivi sono stati estesi alle cessioni di gas effettuate mediante ogni sistema del gas naturale situato nel territorio della Comunità od ogni rete connessa ad un siffatto sistema, nonché alle cessioni di calore e di freddo. Le modifiche introdotte sono state recentemente recepite nell’ordinamento nazionale con la legge Comunitaria 2010 (L. 217/2011, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 1 del 2 gennaio 2012) e si applicheranno alle operazioni effettuate a partire dal 17 marzo 2012.

Relativamente alle operazioni in questione i criteri di territorialità sono i seguenti:
– forniture destinate alla rivendita (dal produttore al distributore): Paese in cui l’acquirente ha la sede della propria attività economica o possiede uno stabilimento fisso al quale i prodotti energetici vengono erogati ovvero, in mancanza di tale sede o stabile organizzazione, luogo del suo domicilio o della sua residenza abituale;
– forniture destinate al consumatore finale: luogo in cui l’acquirente usa e consuma effettivamente i beni, coincidente con il luogo in cui gli stessi sono misurati mediante contatori o, allorché la totalità o parte dei beni non sia di fatto consumata dall’acquirente, criterio di cui al numero precedente.

Conseguentemente, sono rilevanti ai fini IVA in Italia le seguenti operazioni:
– acquisti da parte di soggetti passivi-rivenditori stabiliti nel territorio dello Stato, intesi come soggetti passivi la cui principale attività è rappresentata dalla rivendita di gas, di energia elettrica, di calore o di freddo e che realizzano un consumo trascurabile di tali beni (art. 7-bis, co. 3, lettera a), DPR 633/1972);
– acquisti da parte di soggetti non rivenditori che usano e consumano tali beni in Italia (art. 7-bis, comma 3, lettera b), primo periodo, del Decreto IVA), per i quali, in sostanza, il luogo di tassazione viene a coincidere con quello in cui è situato il contatore;
– acquisti da parte di soggetti non rivenditori, compresi anche coloro che non agiscono nell’esercizio di impresa, arte o professioni, stabiliti nel territorio dello Stato, che non usano né consumano in Italia, in tutto o in parte, i prodotti energetici acquistati (art. 7-bis, comma 3, lettera b), secondo periodo, del DPR 633/1972).

Al fine di individuare la qualità di “soggetto passivo-rivenditore” del cessionario, è sufficiente esaminare il comportamento tenuto dallo stesso in occasione dei singoli acquisti dei beni, senza dover prendere in considerazione il complesso delle attività svolte dal soggetto interessato. Conseguentemente, possono essere soggetti-rivenditori non solo i clienti-grossisti, ma anche coloro che acquistano una singola partita al fine di rivenderla. Secondo l’Agenzia delle Entrate, inoltre, la qualità di soggetto-rivenditore non viene meno allorché una parte dei beni acquistati venga utilizzata dallo stesso soggetto nell’ambito della propria attività economica al fine di sopperire a propri bisogni immediati, sempre che, tuttavia, tale uso e consumo sia di trascurabile entità (CM n. 54/2004).

Per le cessioni effettuate da soggetti non residenti nei confronti di soggetti passivi nazionali è prevista l’applicazione, a norma dell’art. 17, comma 2, del DPR 633/1972, del sistema del “reverse charge“ mediante il meccanismo dell’autofatturazione. Per le operazioni che hanno come destinatari privati consumatori ubicati in Italia, il fornitore estero è, invece, tenuto ad identificarsi in Italia a norma dell’art. 35-ter del DPR 633/1972 o a nominare un rappresentante fiscale in Italia al fine di assolvere l’IVA relativa alla cessione, emettendo la relativa fattura con IVA italiana.
Inoltre, i soggetti passivi nazionali che acquistano (o cedono) da (a) soggetti UE sono tenuti a presentare, obbligatoriamente con cadenza mensile, i modelli Intrastat compilandone la sola parte statistica. Ciò sebbene, in base a quanto detto in premessa, tali operazioni non configurano né un acquisto di bene intracomunitario né una cessione di bene intraUE.

Per gli stessi motivi, l’importazione di tali beni non è soggetta ad imposta in dogana (art. 68, comma 1, lettera g-bis), del Decreto IVA), anche se l’operazione di acquisto è comunque soggetta al rispetto degli obblighi procedurali doganali. Analogo discorso per le cessioni effettuate da soggetti nazionali nei confronti di acquirenti extracomunitari, le quali richiedono l’espletamento delle relative operazioni doganali. Tali ultime operazioni sono considerate a tutti gli effetti cessioni all’esportazione ai sensi dell’art. 8 del DPR 633/1972, per cui consentono di portare in detrazione l’IVA sugli acquisti relativa assolta a monte in via di rivalsa (CM n. 54/2004).

IVA: aggiornamento delle aliquote da parte della UE

La TAXUD  ha pubblicato l`aggiornamento, al 1° gennaio 2012, delle aliquote IVA applicate dagli Stati membri UE.

>>>> Scarica l’aggiornamento delle aliquote IVA al 1° gennaio 2012

Si tratta di otto capitoli che descrivono tutte le tipologie di aliquote IVA applicate negli Stati membri UE e dell’eurozona: aliquote standard, ridotte, zero-rate con relative suddivisioni di tipo geografico e affinità tra singoli Stati che applicano analoghe aliquote ordinarie e ridotte . Anche per la nuova edizione 2012 il documento reca, a fronte delle singole tabelle, una analisi dell’evoluzione delle aliquote IVA negli ultimi anni, oltre che delle ultime novità introdotte nella legislazione tributaria dei singoli Stati che applicano l’IVA nei rapporti commerciali.

Le aliquote ordinarie

Vince la classifica (si fa per dire … chiedetelo ai poveri cittadini di quel paese) la nuova aliquota ordinaria in vigore in Ungheria dal 1° gennaio 2012, il 27% (!), ancora peggio del 25%  già deciso nel 2009, che colloca l’Ungheria in cima alla classifica degli Stati UE. Rispettivamente al secondo e al terzo posto vi sono Svezia e  Danimarca (25%) e Romania (24%). Poi con aliquota IVA ordinaria al 23% vi sono Grecia, Irlanda, Polonia, Portogallo e Finlandia; a seguire la Lettonia al 22% seguita da Italia, Lituania e Belgio, al 21%. Entro il limite del 20%, Bulgaria, Repubblica ceca, Estonia, Austria, Slovenia, Slovacchia e Regno Unito. Sotto vi sono Francia al 19,6 %, Germania e Paesi Bassi al 19%, Spagna e Malta con il 18%, ed infine, Cipro e Lussemburgo al 15%.

I dettagli per ogni categoria
L’aggiornamento tiene conto di tutte le modifiche che, nel rispetto della normativa comunitaria, gli Stati appartenenti alla UE e all’Unione economico-monetaria hanno apportato nei rispettivi ordinamenti con riferimenti dettagliati per ogni singola categoria di bene e servizio. Intanto in Europa, come oltreoceano, si discute sull’opportunità di trasferire la tassazione dal reddito ai consumi nell’ambito di una generale riforma fiscale.