VIES: senza iscrizione va applicato il regime delle vendite a distanza

Ex art. 21 DL 78/2010 non si applica il regime delle operazioni intracomunitarie (tassazione nel Paese di destinazione), senza iscrizione nel VIES; lo stesso vale nei 30 giorni successivi alla presentazione della dichiarazione di inizio attività o della richiesta di iscrizione. In tal modo privilegiando la forma (iscrizione nell’archivio VIES) sulla sostanza (natura intracomunitaria dell’operazione), l’IVA è dovuta nel Paese di origine, in violazione del principio di ripartizione della potestà impositiva che contraddistingue le operazioni intracomunitarie.

In base alla disciplina attuale del VIES le conseguenze sarebbero queste:

  • per i beni che dall’Italia vanno in un altro Paese UE, si addebita l’IVA in Italia, e poi si aggiunge quella del Paese di destinazione ex art. 16 Reg. UE 282/2011, tassando due volte la stessa operazione;
  • per i beni che arrivano in Italia con partenza da altro Paese UE, la doppia imposizione è evitata – secondo l’Agenzia Entrate – applicando l’IVA nel Paese di origine, IVA che non è rimborsabile al cessionario italiano poichè:
    • riferita ad un’operazione che resta extraterritoriale,
    • la normativa comunitaria (art. 4, lett. b, Direttiva n. 2008/9/CE) nega il rimborso per le operazioni qualificabili come cessioni intracomunitarie.

VENDITE A DISTANZA

Nel regime delle vendite a distanza (ex art. 40, co.3 e 4, lett. b, DL 331/1993) invece, la cessione posta in essere dalla controparte estera è soggetta a IVA nel Paese di origine: tale regime si applica quando il trasporto/spedizione della merce è effettuato direttamente dal cedente o da terzi per suo conto, quindi, indipendentemente dalle modalità di organizzazione e di esecuzione della vendita ( art. 11-quater, co.1, DL 35/2005).

Secondo l’Agenzia Entrate, il cessionario nazionale deve essere considerato un privato se non iscritto nel VIES,  quindi il fornitore UE, per le cessioni di importo superiore ai 35.000 euro annui, dovrebbe identificarsi in Italia direttamente,  o per mezzo di rappresentante fiscale: poichè le cessioni in esame si considerano effettuate nel territorio italiano; in pratica, le vendite a distanza effettuate in Italia sono cessioni interne e non acquisti intracomunitari (CM 13/E/1994, par. B.4.1).

Normalmente, la partita IVA italiana della controparte estera dovrebbe fatturare tali cessioni con IVA, ma dato che il cessionario è un soggetto passivo, prevale la disciplina ordinaria, vale a dire l’obbligo del reverse charge previsto per le operazioni territorialmente rilevanti in Italia poste in essere nei confronti di cessionari/committenti che agiscono in veste di soggetti passivi (art. 17, co.2 DPR 633/1972).

Dal 1° gennaio 2010 infatti, l’IVA relativa a tutte le cessioni di beni e le prestazioni di servizi territorialmente rilevanti ai fini dell’imposta in Italia – rese da soggetti non residenti – deve sempre essere assolta dal cessionario o committente, quando questi sia un soggetto passivo stabilito in Italia, mediante reverse charge, anche se il cedente o prestatore è identificato ai fini IVA in Italia, tramite identificazione diretta o rappresentante fiscale (V. CM 37/E/2011, e RM 89/E/2010).

In definitiva, se l’operazione passa da intracomunitaria a nazionale, per effetto del regime delle vendite a distanza (a sua volta richiamato dall’assenza dell’iscrizione al VIES), tutto ciò viene annullato dall’obbligo comunque del reverse charge, di fatto ripristinando il regime IVA proprio delle operazioni intracomunitarie e dimostrando l’incoerenza della disciplina introdotta ex art. 21 DL 78/2010.

IVA: editore straniero deve identificarsi per le cessioni sopra 35.000 €

L’Agenzia delle Entrate, con RM 90/E/2012, ha precisato che la società straniera che cede prodotti editoriali è obbligata a identificarsi in Italia ai fini dell’IVA se supera la soglia di 35.000 euro annui e a versare l’IVA con facoltà di utilizzare il meccanismo della resa forfetaria.

La risoluzione esamina alcuni quesiti sottoposti da una società con sede a Londra che svolge attività di vendita a distanza, in abbonamento, di quotidiani a consumatori finali italiani:

  • si chiede di sapere se il regime di forfetizzazione della resa previsto per il settore dell’editoria è applicabile anche agli editori comunitari, non residenti né identificati in alcun modo in Italia;
  • si chiede inoltre, in caso di risposta affermativa, come calcolare l’ammontare delle operazioni imponibili, in particolare è stato chiesto se possa essere ridotto dell’80% (meccanismo della resa forfetaria);

i quesiti sono finalizzati a stabilire come calcolare la soglia dei 35.000 € per le vendite a distanza (art. 40, co. 4, lettera b), DL331/1993), superata la quale scatta l’obbligo di registrarsi in Italia o di nominare un rappresentante fiscale.

L’Agenzia delle Entrate ritiene che il soggetto passivo UE identificato in Italia – per obbligo di legge o per scelta – che effettua la vendita a distanza di prodotti editoriali – quindi che commercializza di fatto i prodotti editoriali in Italia – sia obbligato all’assolvimento dell’imposta con il metodo del monofase.

Il soggetto passivo identificato è quindi debitore dell’IVA, che va calcolata sulla base del prezzo di vendita al pubblico, con facoltà di applicare il meccanismo della resa forfettaria.

Assolvimento dell’IVA

Per quanto riguarda le modalità di assolvimento dell’IVA in Italia, la CM 328/E/1997 ha chiarito che si definisce editore chi intraprende l’iniziativa economica editoriale, cioè chi si assume il rischio della realizzazione dell’opera per il successivo sfruttamento economico della stessa. Nel caso in cui la stampa della pubblicazione sia affidata da un operatore non residente in Italia a uno residente per la successiva commercializzazione, soggetto passivo è alternativamente:

  • o il rappresentante della stabile organizzazione in Italia dell’operatore estero
  • o, in assenza di questi, il rappresentante fiscale nominato ex art.17 DPR 633/1972
  • o, ancora, qualora non ci sia stabile organizzazione né un rappresentante fiscale, il cessionario che acquista i prodotti editoriali per la successiva commercializzazione.

La stessa circolare ha specificato che, per gli acquisti intracomunitari, l’IVA è dovuta dal cessionario sulla base del prezzo di vendita al pubblico nel territorio dello Stato e non è detraibile quando i beni non sono destinati a successiva commercializzazione; in caso contrario, l’IVA va versata dal cessionario sulla base del prezzo di vendita al pubblico, applicando la forfetizzazione della resa per i giornali (DM 9 aprile 1993).

Nel caso di specie, non essendoci un cessionario – soggetto passivo (poiché si é in presenza di vendita diretta a privati), il soggetto non residente in qualità di editore – identificatosi in Italia ai fini del tributo – dovrà versare l’IVA, eventualmente col metodo della forfetizzazione della resa.

Limite dei 35.000 euro

L’Agenzia delle Entrate precisa che il limite va calcolato sulla base dei corrispettivi effettivamente percepiti, e non sui corrispettivi forfettizzati, ridotti cioè dell’80%; ciò al fine di evitare potenziali arbitraggi fiscali, con i conseguenti fenomeni di distorsione della concorrenza, a danno dei Paesi membri la cui tassazione sia più onerosa per i consumatori finali.

No Intrastat

Non essendosi realizzata la fattispecie tipica dell’acquisto intra UE (come specificato anche nella CM 13/E/1994), l’istante non sarà tenuto alla compilazione degli elenchi riepilogativi delle operazioni intracomunitarie.

Pertanto, la società estera identificata in Italia, per legge o per scelta, che vende a distanza i prodotti editoriali, quindi li commercializza di fatto, è obbligata ad assolvere l’IVA con il metodo del monofase, con facoltà di applicare il meccanismo della resa forfettaria e, non trattandosi di acquisto intracomunitario, senza obbligo di compilare gli elenchi riepilogativi Intrastat.