INTRA UE: ricambi auto usate, no al regime del margine

Fonte: Fisco Oggi

Autore: M. Maiorino

Data: 07/03/2011

IL FATTO

Una società bulgara si occupa della rivendita di veicoli di seconda mano. In seguito a un accertamento effettuato dall’Amministrazione finanziaria bulgara, la società, proponendo ricorso giurisdizionale al tribunale amministrativo, rilevava che i beni in questione non rientravano nella nozione di beni di occasione come previsto dalla disciplina bulgara sull’IVA. Questa caratteristica comportava l’inapplicabilità alla fattispecie della disciplina prevista per tali beni.
La società adduceva inoltre che la sua situazione non era riconducibile al regime del margine che a suo modo di vedere, non troverebbe applicazione per le cessioni di beni importati dal soggetto passivo rivenditore. Ne deriva che essa sarebbe autorizzata ad avvalersi del diritto al credito di imposta secondo le condizioni previste dalla normativa bulgara.
Ciò posto, il tribunale amministrativo ha ritenuto che la società istante si fosse regolarmente avvalsa del diritto al credito di imposta relativo alle importazioni effettuate. La decisione riposa sulla considerazione che i beni importati non fossero beni di occasione, posto che costituivano beni generici e non designati individualmente tramite caratteristiche che consentono di distinguerli da altri oggetti dello stesso genere.
Pertanto, l’Amministrazione finanziaria ha presentato ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione, che ha sottoposto alcune questioni al vaglio pregiudiziale della Corte di Giustizia.

NORMATIVA COMUNITARIA
La Direttiva CE 2006/212 (artt. 311 e segg.), reca la disciplina dei regimi speciali applicabili ai beni di occasione e agli oggetti d’arte, da collezione o di antiquariato.
Tale disciplina prevede che gli Stati membri applichino alle cessioni di tali beni effettuate da soggetti passivi rivenditori un regime speciale di imposizione del margine realizzato dal soggetto passivo rivenditore.
Inoltre, per ciascuna cessione per cui è ammesso il regime del margine, il soggetto passivo rivenditore può applicare il normale regime IVA.
Ex art. 320 Direttiva, il soggetto passivo che applica il regime normale dell’IVA alla cessione di tali beni da lui importati, ha il diritto di detrarre dall’importo dell’imposta di cui è debitore, l’IVA dovuta o assolta all’importazione del bene.

NORMATIVA DEL PAESE UE (Bulgaria)
In base al combinato disposto degli articoli 54 e 68 della legge bulgara sull’IVA il credito d’imposta è l’importo che un soggetto IVA può detrarre dal suo debito fiscale, tra l’altro, per una importazione da essa effettuata.
La disciplina fiscale nazionale dettata in relazione al regime fiscale del margine prevede che questo regime si applica in relazione alla cessione effettuata da un rivenditore, per beni di occasione, oggetti d’arte, oggetti da collezione, e di antiquariato che gli sono stati ceduti  all’interno dello Stato o che gli sono stati ceduti provenendo dal territorio di altro Stato membro da parte di una serie di soggetti elencati nell’articolo 143 della normativa IVA.
La disciplina nazionale prevede che i beni d’occasione sono beni mobili di seconda mano, individualmente identificati, suscettibili di reimpiego nello stato originario o previa riparazione per la finalità per la quale sono stati creati.

RICHIESTE DEL GIUDICE DEL RINVIO
Il giudice ‘a quo’ nutre dubbi in ordine alla qualificazione dei beni oggetto della controversia come beni di occasione. Ciò accade perché la normativa bulgara, contrariamente alla disciplina comunitaria, prevede che i beni d’occasione debbano essere individualmente identificati. Chiede pertanto di conoscere se la nozione di beni d’occasione, come definita dalla Direttiva 2006/112/CE, comprenda anche beni mobili d’occasione che non siano individualizzati in modo tale da distinguersi da altri beni dello stesso genere, determinati secondo caratteristiche generiche.
Nell’ipotesi in cui i beni in esame siano ascrivibili alla categoria dei beni d’occasione, chiede di conoscere, tra l’altro, se il regime fiscale del margine sia applicabile alla fattispecie in esame.

VALUTAZIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE
La Corte di Giustizia non affronta la questione relativa all’esatta individuazione della qualificazione dei beni di occasione, ritenendo la questione assorbita da quella relativa alla applicabilità alla fattispecie in esame del regime del margine.
Al riguardo, la Corte di Giustizia è chiamata a verificare se l’articolo 314 Direttiva 2006/112/CE  debba essere interpretato nel senso che il regime del margine sia applicabile a cessioni di beni di occasione che il soggetto passivo IVA rivenditore ha importato nell’Unione.
La Corte osserva che l’ambito applicativo dell’articolo 314 è limitato alla rivendita di beni di occasione, oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione precedentemente ceduti al soggetto passivo rivenditore nella UE. Viene altresì evidenziato che il regime del margine costituisce una eccezione al regime generale ex Direttiva 2006/112/CE e che in quanto regime particolare non può essere applicato al di fuori dei limiti necessari al raggiungimento del suo obiettivo, che consiste nell’evitare la doppia imposizione e le distorsioni di concorrenza tra soggetti passivi nel settore dei beni di occasione.
Occorre pertanto verificare se nel caso di specie sussista quel rischio di doppia imposizione che giustifichi l’applicazione del regime del margine.
Al riguardo la Corte osserva che detto rischio non si presenta laddove, come avviene nella fattispecie in esame, un soggetto passivo rivenditore rivenda beni da egli stesso importati, in regime normale di IVA nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, ed esercita il diritto a detrarre l’IVA assolta per tali beni importati.
Come del resto già ribadito in fase di relazione della direttiva in esame, è la stessa esistenza del diritto alla detrazione in capo al soggetto passivo a escludere il rischio della doppia imposizione, che abitualmente invece giustifica l’applicazione del regime del margine.
Pertanto, alla luce della ritenuta inapplicabilità al caso di specie del regime del margine, la Corte ritiene assorbita la connessa questione relativa alla esatta individuazione della nozione di bene d’occasione, ex articolo 311 della direttiva.

CONCLUSIONE
La Corte ritiene che l’articolo 314 della direttiva deve essere interpretato nel senso che il regime del margine non è applicabile alle cessioni di beni quali i pezzi di seconda mano per gli autoveicoli, che il soggetto passivo rivenditore ha importato nell’Unione in regime normale dell’IVA.

INTRASTAT: omessa presentazione e dichiarazione fraudolenta

Si segnala la seguente sentenza della Cassazione, nr. 8962 del 08/02/2011, in cui si stabilisce che l’omessa presentazione degli elenchi Intrastat non costituisce di per sè reato di dichiarazione fraudolenta (ex art.3 D.Lgs 74/2000): il reato in questione infatti scatta solo se viene accertata nei confronti del fisco la frode.

La frode infatti – precisa la Suprema corte – si ha quando il contribuente indichi nella dichiarazione annuale importi inferiori a quelli effettivi o elementi passivi fittizi (che  superino gli importi ivi indicati), inoltre è anche necessario il dolo specifico del fine di evadere le imposte sui redditi o sull’IVA, e che ciò avvenga sulla base di una falsa rappresentazione  delle scritture contabili e che il soggetto si sia avvalso di mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento della falsa rappresentazione.

Quindi omettere la presentazione dell’Intrastat configura un illecito amministrativo, non essendo sufficiente di per sè ai fini del reato di dichiarazione fraudolenta.

La sentenza in questione riguarda una attività di importazione di auto dalla Germania.

INTRASTAT: sanzioni tardiva presentazione RM 20/E/2005

Si segnala la RM 20 del 16/02/2005 in merito alle sanzioni per tardiva presentazione degli elenchi Intrastat.

In particolare, la RM 20/E/2005 in esame parte da un quesito dell’Agenzia Dogane nel quale si chiede se la tardiva presentazione degli Intra configuri una violazione “meramente formale” e come tale non pregiudizievole per l’attività di controllo dell’Amministrazione e quindi non sanzionabile, secondo quanto stabilito dallo Statuto del Contribuente (L. 212/2000).

La nozione di “violazione meramente formale” viene specificata nella CM 77/E/2001, che esclude dalla sanzionabilità le le violazioni che non incidono su base imponibile, imposta, suo versamento e che non pregiudicano il controllo dell’Amministrazione. Allo stesso tempo però il discorso non viene ritenuto valido per tutte quelle violazioni che, pur formali, riguardano l’obbligo di presentazione entro specifico termine di atti soggetti a controllo (quali ad es. gli Intrastat).

La presentazione tardiva dell’Intrastat è quindi sempre sanzionabile, ed è anche ravvedibile ex art.13, co.1, lett. b) D.Lgs 472/1997, entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale relativa all’anno di commissione della violazione.

Ricordiamo che la sanzione va pagata con F24 e cod. tributo 8911 ed è pari a:

  • 51 EUR per ogni elenco tardivo e violazioni commesse fino al 31/01/2011;
  • 64 EUR per ogni elenco tardivo e violazioni commesse a partire dal 01/02/2011

INTRA UE: il punto sull’autorizzazione ad effettuare operazioni intracomunitarie – 2

Di seguito la seconda parte del punto sull’autorizzazione ad effettuare operazioni intra UE.

QUALI CONTROLLI EFFETTUA L’AGENZIA ENTRATE

L`Agenzia delle Entrate, entro 30 giorni dalla manifestazione di volontà potrà:

  • restare in silenzio, ed allora l’operatore dal trentunesimo giorno – N.B. non prima – sarà autorizzato a compiere operazioni intra UE;
  • oppure emanare un provvedimento di diniego all’autorizzazione contro il quale si potrà ricorrere ex D.Lgs 546/1992 alla Commissione Tributaria competente per territorio entro 60 giorni dalla notifica.

Nei 30 giorni l’Agenzia delle Entrate effettuerà i seguenti controlli preliminari:

  • mancanza requisiti oggettivi e soggettivi ex DPR 633/1972 che comportano la cessazione d’ufficio della partita IVA;
  • mancanza dei requisiti oggettivi e soggettivi ex DPR 633/1972 legittimanti l’inclusione nell’archivio informatico dei soggetti autorizzati a porre in essere operazioni intracomunitarie;
  • analisi del rischio della posizione del contribuente sulla base dei criteri individuati con apposito provvedimento ex art. 35, co.15-quater DPR 633/1972;
  • riscontro circa l’esattezza e la completezza dei dati forniti per la identificazione ai fini IVA ex art. 214 Direttiva 2006/112, effettuato anche con riferimento ai criteri individuati con il Reg (UE) 904/2010;
  • verifica delle seguenti situazioni:
    • soggetto identificato ai fini IVA che abbia dichiarato di non esercitare più la propria attività economica, come definita ex art.9 Direttiva 2006/112/CE, o  per il quale l’Amministrazione finanziaria abbia ritenuto che non eserciti più l’attività economica;
    • soggetto che abbia dichiarato dati falsi per un’identificazione IVA o non abbia  comunicato eventuali cambiamenti dei propri dati tali che, se l’amministrazione tributaria ne fosse stata a conoscenza, avrebbe rifiutato l’identificazione ai fini IVA o avrebbe cessato d’ufficio la partita IVA;
  • riscontro di gravi inadempimenti relativi  agli obblighi dichiarativi IVA nei cinque periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data di presentazione della dichiarazione di volontà;
  • precedente coinvolgimento in frodi fiscali del titolare della ditta individuale, del rappresentante legale, degli amministratori o dei soci del soggetto richiedente l’autorizzazione;
  • altri elementi a disposizione dell’Amministrazione finanziaria rappresentativi di criticità e di rischio.

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