BLACK LIST: le risposte della CM 2/E/2011

La [download id=”6613″] risponde a diversi quesiti relativi all’obbligo di comunicazione delle operazioni con Paesi Black List, che si riportano di seguito:

1. OPERAZIONI OGGETTO DI COMUNICAZIONE

1.1 Importazioni

D: La base imponibile dei beni importati comprende, di regola, oltre ai dazi doganali, anche il costo dei servizi di trasporto. Considerato, inoltre, che il tasso di cambio doganale – adottato per stabilire il valore  doganale della merce – non coincide con quello utilizzato per la registrazione dell’acquisto in contabilità generale, si chiede quali dati rilevino ai fini dell’obbligo di comunicazione.

R: In linea generale, la bolletta doganale acquisisce, ai fini IVA, la natura di documento equipollente alla fattura. Le importazioni devono, quindi, essere segnalate nell’ambito delle operazioni passive – di cui ai righi A19 e seguenti del modello di comunicazione – tenendo conto dei dati indicati nelle bollette doganali.  Peraltro, se la registrazione in contabilità generale dell’operazione di importazione è antecedente rispetto all’annotazione nei registri IVA della bolletta doganale, l’importatore deve tener conto, ai fini dell’obbligo di segnalazione,  dei dati indicati in contabilità generale, salva la successiva integrazione dei dati eventualmente mancanti – al momento in cui riceve la bolletta doganale e senza applicazione di sanzioni – da inserire nei righi A28 e A29 del modello di comunicazione.

1.2 Spese di trasferta dei dipendenti

D: Si chiede di precisare se i documenti di spesa intestati ai dipendenti in trasferta e inclusi nella nota spese debbano essere indicati nel modello di comunicazione, qualora tali spese attengano a operazioni economiche realizzate con soggetti localizzati in Paesi a regime fiscale privilegiato.

R: In considerazione della finalità di contrasto alla  frode e all’evasione fiscale perseguita con l’introduzione dell’obbligo  di comunicazione, sono escluse dall’ambito applicativo di tale adempimento le prestazioni di servizi (ad esempio prestazioni di trasporto, prestazioni alberghiere, ecc.) di cui fruisce il dipendente in occasione di trasferte in Paesi a regime fiscale privilegiato in tutti i casi in cui dette spese – di regola, di importo esiguo – siano correttamente classificate nel costo del personale secondo i principi contabili adottati dall’impresa.

1.3.Cessioni gratuite di beni

D: Devono essere segnalate le cessioni gratuite di beni realizzate con operatori economici aventi sede, residenza o domicilio in Paesi c.d. black list?

R: Le cessioni gratuite di beni sono, in linea generale, operazioni soggette ad IVA ex art. 2, co.2,  n. 4), DPR 633/1972. Conseguentemente, vanno comunicate se la controparte è un operatore economico situato  in un Paese c.d.  black list.

Tuttavia, sono escluse dall’obbligo di comunicazione – in quanto cessioni non soggette ad IVA – le cessioni gratuite di:

  • beni (di costo unitario non superiore a euro 25,82) la cui produzione o commercio non rientra nell’attività propria dell’impresa, ovvero di
  • beni per i quali, all’atto del loro acquisto o importazione, non sia stata operata la detrazione dell’imposta ex art. 19-bis1 DPR 633/1972.
  • campioni gratuiti di modico valore appositamente contrassegnati che, ex art. 2, co.3, lett. d), DPR 633/1972, non sono considerate cessioni di beni.

1.4. Acquisti da un operatore economico non  black list con rappresentante fiscale nominato in un Paese a regime fiscale privilegiato

D: Devono essere comunicati gli acquisti effettuati presso il rappresentante fiscale – nominato in un Paese black list – di un fornitore che non è stabilito in un Paese a regime fiscale privilegiato?

R: La CM 53/E/2010 (cfr. paragrafo 2.1) ha incluso tra le operazioni soggette all’obbligo di comunicazione le operazioni realizzate da un soggetto passivo IVA nei confronti del rappresentante fiscale di un operatore economico avente sede, residenza ovvero domicilio in un Paese a regime fiscale privilegiato, anche qualora il rappresentante fiscale sia nominato in un Paese  non incluso nella black list. Tale soluzione è coerente con il ruolo del rappresentante fiscale, vale a dire quello di mandatario del soggetto estero “rappresentato”, tramite il quale quest’ultimo adempie gli obblighi d’imposta previsti dalla legge ed esercita i diritti derivanti dall’applicazione del tributo.

Pertanto, in linea con tale orientamento interpretativo, sono escluse dall’adempimento in esame le prestazioni di servizi e le cessioni di beni realizzate presso il rappresentante fiscale, nominato in uno degli Stati o territori inclusi nella black list, qualora l’operatore economico “rappresentato” – che costituisce la controparte dell’operazione – non sia localizzato in alcuno di detti Stati o territori.

1.5. Acquisti di servizi territorialmente rilevanti nel Paese del prestatore

D: La fattura relativa ai servizi territorialmente rilevanti nello Stato a regime fiscale privilegiato espone l’imposta pagata dal soggetto passivo IVA al prestatore estero. Si chiede di precisare se nel modello di comunicazione debba essere indicata separatamente l’eventuale imposta pagata all’estero.

R: L’art. 3 DM 5 agosto 2010 ha esteso l’obbligo di comunicazione alle prestazioni di servizi acquistate presso operatori economici aventi sede, residenza o domicilio in un Paese black list non soggette ad IVA in quanto prive del requisito della territorialità. Come si evince dal modello, tali operazioni – il cui ammontare è comprensivo dell’imposta pagata all’estero – devono essere indicate nel rigo A27 del modello di comunicazione (“Importo complessivo degli acquisti di servizi”) al lordo dell’eventuale imposta assolta all’estero.

1.6.Commissioni bancarie addebitate da un istituto di credito residente in un Paese a regime fiscale privilegiato

D: Deve essere comunicato l’addebito di commissioni bancarie da parte di un istituto di credito localizzato in un Paese a regime fiscale privilegiato?

R: L’addebito di commissioni bancarie da parte dell’istituto di credito localizzato in un Paese black list concretizza un’operazione esente ex art.10, co.1, n. 1),  DPR 633/1972, a fronte dalla quale il soggetto passivo IVA provvede all’autofatturazione indicando in fattura, anziché l’IVA dovuta, gli estremi normativi in base ai quali l’operazione risulta esente. Come precisato nella CM 12/E/2010 (cfr. paragrafo 3.1), la fattura deve essere annotata nel registro delle fatture emesse e in quello delle fatture di acquisto (cfr. artt. 23 e 25 DPR 633/1972). Conseguentemente, l’operazione deve essere segnalata posto che la stessa si realizza con un operatore economico black list ed è, altresì, soggetta all’obbligo di registrazione.

1.7.Operazioni attive e passive dei tour operator

D: Come devono essere classificate nell’ambito del modello di comunicazione le operazioni attive e passive dei tour operator atteso che nelle relative fatture l’IVA non è esposta separatamente?

R: Le operazioni realizzate dai  tour operator con operatori economici stabiliti in Paesi black list dovrebbero, a rigore, essere indicate nel modello di comunicazione tra le operazioni imponibili. Peraltro, atteso che le fatture emesse a fronte delle suddette operazioni non evidenziano  separatamente l’imposta e, conseguentemente, stante l’impossibilità di indicare l’importo complessivo della relativa imposta, le operazioni devono essere indicate tra le operazioni non soggette ad IVA, al fine di superare i problemi tecnici che  si presenterebbero in sede di trasmissione del modello di comunicazione.

1.8.Carte carburanti per rifornimenti effettuati dal contribuente italiano in Paese a fiscalità privilegiata

D: Sono da inserire nella  black list le carte carburanti per rifornimenti effettuati dal contribuente italiano in Paese a fiscalità privilegiata (esempio, in Svizzera)?

R: La disciplina della c.d. scheda carburante (DPR n. 444/1997) si applica agli acquisti di carburante effettuati nel territorio dello Stato, non anche agli acquisti effettuati al di fuori del territorio nazionale. In via generale, le operazioni di acquisto di carburante e lubrificanti per autotrazione effettuate da soggetti IVA presso distributori stabiliti in paesi black list, in quanto operazioni non soggette all’imposta sul valore aggiunto, non sono soggette all’obbligo di registrazione ai fini IVA e, quindi, neppure alla comunicazione in esame. L’obbligo di comunicazione, infatti, per quanto concerne le operazioni non soggette a registrazione ai fini IVA, riguarda solo le prestazioni di servizi territorialmente  non  rilevanti nello Stato agli effetti dell’IVA, in virtù di espressa previsione contenuta nell’articolo 3 DM 5 agosto 2010.

1.9.Vendite non documentate da fattura

D.  Si chiede conferma del fatto che le operazioni dei  commercianti al dettaglio e dei soggetti equiparati, effettuate senza emissione di fattura (scontrino fiscale o ricevuta fiscale) non devono essere comunicate tra le operazioni black list, in quanto manca la possibilità per il contribuente di identificare la controparte.

R.: ex art.22 DPR 633/1972, i soggetti che svolgono attività di commercio al minuto e assimilate sono esonerati dall’obbligo di emissione della fattura sempreché la stessa non sia richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione dell’operazione. I medesimi soggetti sono, però, tenuti, per evidenti necessità di controllo da parte dell’Erario, alla certificazione fiscale dei corrispettivi mediante il rilascio della ricevuta o dello scontrino fiscale. Ne consegue che, limitatamente all’ipotesi in cui operi la semplificazione di cui al richiamato articolo 22 e vengano emessi, al posto della fattura, la ricevuta o lo scontrino fiscale, poiché da tali documenti non è possibile desumere tutti gli elementi informativi da indicare nella comunicazione delle operazioni effettuate nei confronti di un operatore economico avente sede, residenza o domicilio in un Paese black list, ex art.1 DL  25 marzo 2010, n. 40, i dettaglianti ed i soggetti agli stessi equiparati sono esonerati dal predetto obbligo di comunicazione.

1.10 Stabili organizzazioni

D.  La RM 121/E/2010 ha precisato che vanno comunicate anche le operazioni svolte da una stabile organizzazione in un paese black list di un contribuente italiano, nei confronti di clienti e fornitori pure domiciliati in paesi black list. Si chiede se tale regola deve estendersi anche ad operazioni verso contribuenti black list effettuate da stabili organizzazioni di contribuenti italiani in paesi non black list.

R.: Al fine di prevenire fenomeni a particolare rischio di frode fiscale, l’articolo 3, co.1, DM 5 agosto 2010 ha esteso l’obbligo di comunicazione ex art.1 DL 25 marzo 2010, n. 40 anche “alle prestazioni di servizi che non si considerano effettuate nel territorio dello Stato agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto e che sono rese o ricevute nei confronti di operatori economici aventi sede, residenza o domicilio nei Paesi black list”. La RM 121/E/2010da interpretare, in accordo al richiamato decreto, limitatamente alle sole prestazioni di servizi non soggette ad imposta per carenza del requisito territorialeha chiarito che le stesse, se effettuate dalla stabile organizzazione in un paese black list di un operatore passivo italiano, vanno comunicate. Principio desumibile dal suddetto documento di prassi è che il rapporto che lega la stabile organizzazione e la casa madre è un rapporto di trasparenza, nel senso che la prima costituisce un’articolazione della seconda e  non un soggetto distinto dalla medesima.

In applicazione, quindi, del medesimo principio di  “trasparenza”, vanno comunicate anche le prestazioni di servizi poste in essere nei confronti di un operatore economico stabilito in un Paese  black list, dalla stabile organizzazione, situata in un Paese  a fiscalità ordinaria, di un soggetto economico residente in Italia.

1.11 Cessioni e acquisti di beni “estero su estero”

D. Le cessioni di beni effettuate direttamente all’estero (fuori campo IVA art. 7-bis, DPR 633/1972) e gli acquisti di beni all’estero senza successiva importazione (in quanto ivi mantenuti o consumati, come acquisti di carburanti o simili) sono esonerati da comunicazione, non rientrando nei casi di operazioni “non soggette” previsti dalla norma (operazioni con obbligo di fatturazione e prestazioni di servizi con carenza del requisito di territorialità)? Tali cessioni o acquisti estero su estero devono essere comunicate solo se effettuate dalla stabile organizzazione del soggetto residente (RM 121/E/2010).

R. Con RM 121/E/2010, è stato affermato il principio secondo cui le operazioni che avvengono tra la stabile organizzazione di un soggetto economico residente in Italia, stabilita in un Paese black list, e soggetti economici ivi operanti, vanno comunicate. Tale obbligo deve, tuttavia, essere interpretato conformemente a quanto disposto ex art.3, co.1, DM 5 agosto 2010 –  peraltro espressamente richiamato nel documento di prassi citato – che ha esteso l’obbligo di comunicazione alle sole prestazioni di servizi non soggette ad imposta per carenza del requisito territoriale. Pertanto, poiché le cessioni/acquisti di beni non soggetti ad IVA non vanno comunicate, si è dell’avviso che le medesime considerazioni valgano anche quando la cessione/acquisto venga effettuata dalla stabile organizzazione del soggetto residente nei confronti di un operatore economico avente sede, residenza o domicilio in un Paese black list.

1.12 Dichiarazione in caso di fusione

D. Applicando le istruzioni che furono previste per gli elenchi clienti e fornitori italiani del 2007, la società incorporante deve presentare, per il periodo in cui ha avuto effetto una operazione di fusione, due distinte comunicazioni: una per sé stessa ed una separata per il soggetto incorporato relativamente alle operazioni effettuate tra l’inizio del periodo e la data di efficacia giuridica dell’operazione. Dovrà inoltre essere presentata, se non vi ha provveduto la società estinta, la dichiarazione per il periodo chiuso prima della data di effetto dell’operazione. In entrambi i casi nel frontespizio andrà riportato il codice carica 9. Si chiede conferma di tale impostazione, in quanto  diversi sono invece i criteri fissati dall’Agenzia delle entrate per la comunicazione delle operazioni superiori a 3.000 euro (Provvedimento del 22 dicembre 2010). In questo caso, infatti, l’incorporante dovrà trasmettere un unico elenco contenente anche i dati del soggetto estinto.

R. Al fine di individuare le modalità di assolvimento  dell’obbligo di comunicazione delle operazioni intercorse con paesi black list occorre osservare che tale adempimento, a differenza del soppresso elenco clienti e fornitori e dell’attuale comunicazione delle operazioni IVA rilevanti, ha cadenza periodica mensile ovvero trimestrale. Ciò vuol dire che, se nel corso dell’anno il soggetto obbligato alla comunicazione si estingue a seguito di un’operazione straordinaria, il soggetto risultante deve presentare il modello di comunicazione per il quale il termine di presentazione non risulti ancora scaduto al momento in cui l’operazione straordinaria ha effetto, anche se relativo ad operazioni effettuate anteriormente dal soggetto estinto. Nel caso in cui relativamente ad un periodo di riferimento debbano essere comunicate operazioni in parte effettuate dal soggetto estinto ed in parte effettuate dal nuovo soggetto risultante dall’operazione straordinaria, quest’ultimo potrà presentare un’unica comunicazione riepilogativa, analogamente a quanto previsto per la comunicazione delle operazioni IVA superiori a 3.000 euro.

2. MOMENTO RILEVANTE AI FINI DELLA COMUNICAZIONE

2.1 Acquisto di servizi in reverse-charge

D: Qual è il momento rilevante ai fini della comunicazione di un acquisto di servizi, per il quale si applica il  reverse – charge, qualora l’operazione sia registrata nelle scritture contabili obbligatorie prima dell’assolvimento dell’imposta mediante detto meccanismo?

R: Secondo i chiarimenti resi con la CM 53/E/2010 (cfr.paragrafo 3.1) il momento rilevante per determinare il periodo in cui comprendere le operazioni da segnalare coincide con la data di registrazione nei registri IVA delle fatture relative alle operazioni realizzate ovvero – se precedente o alternativa – alla data registrazione di tali operazioni nelle scritture contabili obbligatorie. Pertanto, l’acquisto di servizi deve essere segnalato tenendo conto della data di annotazione dell’operazione nei registri di contabilità generale qualora la stessa sia anteriore all’annotazione dell’autofattura nei registri IVA.

2.2 Note di variazione relative ad operazioni realizzate prima del 1° luglio 2010

D: Vanno incluse nel modello di comunicazione le note di variazione, emesse o ricevute, relative ad operazioni registrate prima del 1° luglio 2010 – vale a dire prima del termine di decorrenza dell’obbligo di comunicazione?

R: ex art. 5, co.1, DM 30 marzo 2010, l’obbligo di comunicazione delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi realizzate con operatori economici stabiliti in Paesi  black list si applica con riferimento alle operazioni effettuate dal 1° luglio 2010. Pertanto, non vanno comunicate le note di variazione (emesse o ricevute) relative ad operazioni poste in essere prima della predetta data in quanto tali  operazioni non hanno formato oggetto di comunicazione.

2.3 Fatture di acconto

D: Qual è il momento rilevante, ai fini della comunicazione, di un’operazione consistente nella fornitura di beni destinati ad essere esportati qualora la controparte corrisponda un acconto sul prezzo?

R: L’obbligo di comunicazione ha ad oggetto le operazioni realizzate con operatori economici stabiliti in Paesi  black list registrate ovvero soggette a registrazione. Dato che al momento del pagamento di ciascun acconto sul prezzo concordato per la fornitura dei beni destinati all’estero deve essere emessa, e successivamente registrata, la relativa fattura, il momento rilevante, ai fini dell’obbligo di comunicazione, coincide con la data di registrazione delle fatture relative agli acconti ricevuti nei registri IVA ovvero nelle scritture contabili. In tal caso, l’importo dell’operazione da indicare nel modello di comunicazione corrisponde all’ammontare dell’acconto fatturato.

3. DETERMINAZIONE DELLA PERIODICITA’

3.1 Transazioni con Cipro, Malta e Corea del Sud

D: Ai fini del calcolo della periodicità (mensile o trimestrale) di presentazione del modello di comunicazione, in sede di prima applicazione del nuovo adempimento, si deve tener  conto delle operazioni realizzate – prima del 1° luglio 2010 – con operatori economici localizzati nei territori di Cipro, Malta e Corea del Sud?

R: Ex art. 2 DM 30 marzo 2010 per stabilire la periodicità, mensile ovvero trimestrale, di presentazione della  comunicazione si deve aver riguardo all’ammontare totale di ciascuna categoria di operazioni da comunicare realizzate nei quattro trimestri precedenti rispetto a quello di riferimento. Come precisato con CM 53/E/2010, l’art. 4, co.1, DM 5 agosto 2010 esclude dal novero delle operazioni che vanno comunicate, già a partire dal mese di luglio 2010, quelle realizzate con soggetti stabiliti nei territori di Cipro, Malta e Corea del Sud. Conseguentemente, già dal primo invio del modello di comunicazione, tali operazioni non assumono rilevanza ai fini della determinazione della periodicità di presentazione.

3.2 Opzione per la periodicità mensile

D: I soggetti che sono tenuti alla presentazione trimestrale possono presentarla con periodicità mensile per l’intero anno solare. Tale scelta, che deve essere manifestata barrando nel modello relativo alla prima comunicazione mensile l’apposita casella “Variazione di periodicità”,  vincola il contribuente alla presentazione mensile per l’intero anno solare. Un contribuente  trimestrale che nella comunicazione periodica di luglio abbia optato per  la periodicità mensile, nel caso in cui intenda mantenere anche per l’anno 2011 la periodicità mensile, deve nuovamente barrare la casella “Variazione di periodicità” nella comunicazione di gennaio 2011?

R: La scelta della periodicità mensile, da parte di un contribuente trimestrale, vincola quest’ultimo almeno fino al termine dell’anno solare nel corso del quale ha esercitato la scelta stessa e, comunque, fino a successiva revoca da esercitarsi barrando nel modello relativo alla prima comunicazione utile l’apposita casella denominata “Variazione di periodicità”. In tale senso, devono considerarsi integrate le istruzioni relative al modello di comunicazione.

4. COMUNICAZIONE INTEGRATIVA E RAVVEDIMENTO OPEROSO

4.1 Rapporti tra comunicazione integrativa e ravvedimento operoso

D: Secondo le istruzioni al modello, la casella “comunicazione integrativa” va utilizzata solo quando, scaduti i termini di presentazione della comunicazione, il contribuente  intende rettificare o integrare la stessa presentando, entro l’ultimo giorno del mese  successivo alla scadenza del termine per la presentazione della comunicazione originaria, una nuova comunicazione completa di tutte le sue parti, per il periodo d’imposta cui si riferisce la comunicazione. Presupposto per poter presentare  la comunicazione integrativa è che sia stata validamente presentata la dichiarazione originaria. Si chiede quali siano i rapporti tra questa forma di integrazione ed il ravvedimento operoso ex art.13, D.Lgs. 472/1997 e quale sia il termine ultimo entro il quale il contribuente può avvalersi di tale istituto (un anno dalla commissione della violazione oppure la data di presentazione della dichiarazione annuale IVA relativa all’anno di commissione della violazione stessa).

R: Scaduti i termini di presentazione della comunicazione, il contribuente che intende rettificare o integrare la stessa può presentare, entro l’ultimo giorno del mese successivo alla scadenza del termine per la presentazione della comunicazione originaria, una nuova comunicazione completa di tutte le sue parti, su un modello conforme a quello approvato, senza corresponsione di alcuna sanzione. In tale ipotesi è necessario barrare, sul frontespizio del modello, la casella “Comunicazione integrativa”. Scaduto il suddetto termine, come chiarito dalla circolare n. 53/E/2010, tornano applicabili le regole generali in tema di sanzioni, nonché l’istituto del ravvedimento operoso ex art. 13, co.1, lettera b), D.Lgs 472/1997 (come  da ultimo modificato ex art. 1, co.20, lett. a), L. 13 dicembre 2010, n. 220). In particolare, l’omessa presentazione della comunicazione o la trasmissione della stessa con dati incompleti od inesatti è punita con la sanzione amministrativa ex art. 11, co. 1, lett. a), D.Lgs 471/1997, elevata al doppio. Se la violazione non è stata già constatata e comunque non sono iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento di cui l’autore della violazione sia venuto a conoscenza, quest’ultimo potrà sanare l’omissione, inviando per la prima volta la comunicazione, ovvero sanare la trasmissione della medesima con dati incompleti o inesatti, inoltrandola corretta, senza barrare, in entrambe le ipotesi, la casella denominata “Comunicazione integrativa”. Inoltre, affinché il ravvedimento si  perfezioni, dovrà versare la sanzione ex art. 11, co. 1, lett. a), D.Lgs 471/1997 in misura ridotta ad un ottavo del minimo secondo quanto disposto dal ricordato art. 13, co. 1, lett. b), D.Lgs 472/1997. Quanto al termine entro il quale perfezionare tale  ravvedimento, poiché la comunicazione in parola è stata introdotta esclusivamente per finalità di contrasto alle frodi fiscali e finanziarie operate, tra l’altro, nella forma dei cosiddetti “caroselli” e “cartiere” (e, quindi, non risulta legata alla dichiarazione annuale IVA), il versamento della sanzione in misura ridotta dovrà essere eseguito entro il termine di un anno dalla omissione o dall’errore.

4.2 Regolarizzazione senza sanzioni entro il 31 gennaio 2011 (CM 54/E/2010) – Estensione all’omessa presentazione per errore “scusabile”

D: L’Agenzia delle Entrate con CM 54/E/2010, riconoscendo le “obiettive condizioni di incertezza”, non applicherà sanzioni per errori nella compilazione delle comunicazioni del periodo da luglio a novembre per i contribuenti mensili e delle comunicazioni del periodo da luglio a settembre per i contribuenti trimestrali. È necessario, però, che le violazioni vengano sanate attraverso l’invio di comunicazioni integrative entro il 31 gennaio 2011. Si chiede di precisare se la regolarizzazione senza sanzioni riguardi soltanto le Comunicazioni validamente presentate oppure sia ammessa anche nel caso di omessa presentazione per errori cosiddetti  “scusabili”, ossia per un errore che attraverso l’impiego della normale diligenza non si sarebbe comunque realizzato, ma è sorto per effetto di successive interpretazioni circa l’inclusione di transazioni di cui obiettivamente si dubitava dell’obbligo di comunicazione.

R.: Come previsto dalla CM 54/E/2010l’Amministrazione non applicherà, in sede di controllo, sanzioni in caso di eventuali violazioni concernenti la compilazione dei modelli di comunicazione relativi al trimestre luglio/settembre 2010, per i  soggetti trimestrali, ovvero ai mesi da luglio a novembre 2010, per i soggetti mensili. Tale esimente opera a condizione che i contribuenti provvedano a sanare le eventuali violazioni con l’invio, entro il 31 gennaio 2011, di modelli di comunicazione integrativa. Il presupposto per poter procedere  alla regolarizzazione di violazioni commesse senza l’applicazione delle relative sanzioni è l’inoltro di una comunicazione, originaria e valida, seppur incompleta e/o non esatta. Resta preclusa la possibilità di beneficiare dell’esonero dall’applicazione delle sanzioni nell’ipotesi di omessa presentazione della comunicazione.

4.3 Mancanza del codice identificativo degli operatori economici localizzati in Paesi a regime fiscale privilegiato

D: Consapevoli che non sarà possibile ottenere i codici fiscali o equipollenti di tutti i soggetti collocati nei Paesi a fiscalità privilegiata e gli indirizzi delle aziende estere, il contribuente italiano non potendo regolarizzare entro il prossimo 31 gennaio le liste, sarà soggetto a sanzioni?

R: Con CM 54/E/2010 è stata  riconosciuta, in via generale, l’esistenza di “obiettive condizioni di incertezza” in relazione alle violazioni commesse in sede di prima applicazione delle disposizioni black list. In particolare, ex art. 10, co. 3,  L. 212/2000,  (Statuto dei diritti del contribuente) è stata prevista la disapplicazione delle sanzioni in caso di eventuali violazioni rilevate in sede di controllo concernenti la compilazione dei modelli di comunicazione relativi:

  • al trimestre luglio/settembre 2010, per i soggetti trimestrali;
  • ai mesi da luglio a novembre 2010, per i soggetti mensili.

In entrambi i casi l’esimente opera a condizione che i contribuenti provvedano a sanare eventuali violazioni, inviando, entro il 31 gennaio 2011, i modelli integrativi. Nel caso in cui il soggetto passivo non abbia regolarizzato gli errori o le omissioni commesse entro i citati termini, la valutazione circa la ricorrenza dell’errore scusabile – consistente nell’impossibilità, per il soggetto passivo italiano, di ottenere i codici fiscali o equipollenti o gli altri dati richiesti dei soggetti black list con cui ha intrattenuto rapporti commerciali – rimane di competenza degli organi accertatori, tenuti a verificare, caso per caso, la sussistenza dei requisiti per l’applicazione dell’esimente, conformemente alle regole generali di applicazione delle sanzioni ex D.Lgs 472/1997.

4.4. Codici fiscali

D. In caso di mancanza di un codice fiscale estero, può essere indicato nell’apposito campo A1 – casella 11, il numero di iscrizione alla camera di commercio del cliente o fornitore di  black list? Se la controparte non comunica alcun codice identificativo, è possibile lasciare il campo in bianco? In questo caso è necessario acquisire una dichiarazione della controparte circa l’inesistenza di alcun codice identificativo?

R. Ex art.4  DM 30 marzo 2010, nel modello di comunicazione ex art. 1 DL  40/2010, deve essere incluso, tra l’altro, il “numero del codice fiscale attribuito al soggetto con il quale è intercorsa l’operazione dallo Stato in cui il medesimo è stabilito, residente o domiciliato, ovvero, in mancanza, altro codice identificativo”. Qualora, quindi, manchi un codice fiscale estero, è possibile indicare, nell’apposito campo, un altro dato similare (ad es. numero di iscrizione alla camera di commercio del cliente o fornitore), sempreché il medesimo renda immediata ed univoca l’identificazione dell’operatore economico  black list. Nel caso in cui il soggetto passivo italiano si trovi nell’impossibilità di ottenere qualunque codice identificativo dei soggetti  black list con cui ha intrattenuto rapporti commerciali, la valutazione circa l’applicazione, in tale ipotesi, dell’esimente dell’errore scusabile ai fini della non applicazione delle sanzioni per erronea compilazione del modello di comunicazione,  è rimessa comunque agli organi accertatori.

BLACK LIST: circolare 2/E/2011

Lunedi 31.01.2011 scade il termine per:
  • comunicazioni black list 4° trimestre 2010;
  • comunicazioni black list dicembre 2010;
  • comunicazioni black list con errori o imprecisioni (ma correttamente inviate e non omesse) 3° trimestre 2010 da reinviare senza sanzioni;
  • comunicazioni black list con errori o imprecisioni (ma correttamente inviate e non omesse) luglio, agosto, settembre. ottobre, novembre 2010 da reinviare senza sanzioni.
Ovviamente neanche stamattina,  ma stasera 28 gennaio venerdi alle 19:32, cosa poteva uscire se non la CM 2/E/2011 con le risposte ai molti quesiti aperti sulle Black List?
Ma l’Ordine dei Commercialisti Utilissimi al Paese DOV’E’?
Grazie mille all’Agenzia come sempre .

REVERSE CHARGE cellulari e componenti PC: partenza dal 1° aprile 2011

Fonte: Fisco Oggi

Autore: A. Iacono

Data: 23/12/2010

Escluse dall’applicazione del meccanismo le cessioni di beni effettuate nel commercio al dettaglio

Con CM 59/E del 23 dicembre, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito all’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile – a decorrere dal 1° aprile 2011 – alle cessioni nazionali di cellulari e microprocessori.
Il documento fornisce indicazioni utili agli operatori che commercializzano i prodotti in questione individuando:

  • ambito applicativo del reverse charge,
  • soggetti esclusi,
  • decorrenza delle nuove regole.

Ambito applicativo
L’Agenzia ha evidenziato che, con decisione di esecuzione del Consiglio europeo, la n. 2010/710/UE del 22 novembre,  l’Italia è stata autorizzata, in deroga al principio di carattere generale secondo cui debitore d’imposta nei confronti dell’Erario, ai fini Iva, è il soggetto che effettua la cessione di beni o la prestazione di servizi, a designare, quale debitore dell’Iva, il soggetto passivo destinatario della cessione dei seguenti beni:
a) telefoni cellulari, concepiti come dispositivi fabbricati o adattati per essere connessi a una rete munita di licenza e funzionanti a frequenze specifiche, con o senza altro utilizzo;
b) dispositivi a circuito integrato quali microprocessori e unità centrali di elaborazione prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale
“.

Tale decisione degli organi comunitari consente l’entrata in vigore della disposizione nazionale ex art.17, co. 6, lett. b) e c), del Dpr 633/1972, che già prevedeva l’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile alle cessioni in argomento, subordinandone, tuttavia, l’operatività all’autorizzazione del Consiglio Ue.

Nell’ambito del sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, disciplinato dalla direttiva 2006/112/Ue, debitore dell’Iva è, infatti di regola, il soggetto passivo che effettuata la cessione di beni. Tuttavia, al fine di semplificare la riscossione dell’imposta e di contribuire a contrastare le frodi fiscali, l’Italia è stata autorizzata – per le fattispecie in esame – a rendere, debitore d’imposta, il cessionario se stabilito nel territorio dello Stato.

I beni, per i quali, torna applicabile l’inversione contabile sono quelli individuati dall’autorizzazione comunitaria. Si tratta di quelli appena descritti alle lettere a)b).

In proposito, la circolare chiarisce che la disposizione nazionale di cui all’articolo 17, co. 6, lett. c) del Dpr sull’Iva – relativa alle “cessioni di personal computer e dei loro componenti ed accessori” – reca una definizione più ampia di quella autorizzata dal Consiglio. Pertanto, per effetto della decisione del Consiglio, tale disposizione trova applicazione soltanto per la parte che si riferisce ai componenti di personal computer, cui possono ricondursi i concetti di “dispositivi a circuito integrato quali microprocessori e unità centrali di elaborazione prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale“.

L’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile comporta che il destinatario della cessione, se soggetto passivo d’imposta nel territorio dello Stato, è obbligato all’assolvimento dell’imposta, in luogo del cedente. Ciò, in deroga al principio di carattere generale secondo cui debitore d’imposta nei confronti dell’Erario, ai fini Iva, è il soggetto che effettua la cessione di beni o la (prestazione di servizi).

Quindi, i cedenti dei beni in argomento sono tenuti a emettere fattura senza addebito d’imposta, con l’osservanza delle disposizioni di cui agli articoli 21 e seguenti del Dpr n. 633/1972 e con l’indicazione della norma che prevede l’applicazione del reverse charge – articolo 17, comma 6, lettera c). Il committente dovrà, poi, integrare la fattura con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta e annotarla nel registro delle fatture emesse o in quello dei corrispettivi (articoli 23 e 24, del Dpr 633/1972), entro il mese di ricevimento ovvero anche successivamente, ma comunque entro quindici giorni dal ricevimento e con riferimento al relativo mese. Il documento contabile, ai fini della detrazione, è annotato anche nel registro degli acquisti di ex art.25 Dpr 633/1972.

Fuori dall’ambito
Sono escluse dall’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile le cessioni dei beni effettuate nella fase del commercio al dettaglio.
Ciò, in quanto, obiettivo della deroga richiesta dall’Italia, autorizzata dal Consiglio Ue, è quello di rendere debitore dell’Iva il cessionario “passivo”, per contrastare le frodi che si verificano, di regola, nelle cessioni che precedono il commercio al dettaglio, nel quale i beni sono venduti all’ultimo acquirente, ossia all’utilizzatore finale del ciclo distributivo.

Tra gli esclusi dall’applicazione del reverse charge per le cessioni di cellulari e microprocessori vi sono, inoltre, i soggetti che operano nel regime dei contribuenti minimi, disciplinato dall’articolo 1, commi da 96 a 117, della legge 244/2007.
Questi soggetti, infatti, sono esonerati dal versamento dell’imposta e dagli altri adempimenti previsti dal Dpr 633/1972, a eccezione degli obblighi di numerazione e conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali e degli obblighi da assolvere per le operazioni intra-Ue.
È previsto, tuttavia, l’obbligo di certificazione del corrispettivo, che dovrà essere adempiuto dal cedente senza recare l’addebito dell’imposta.
Infine, qualora il contribuente minimo assuma la veste di cessionario dei beni in discorso, la fattura emessa nei suoi confronti in regime di reverse charge comporta l’obbligo di integrazione del documento e di versamento dell’imposta entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione.

Decorrenza
Il reverse charge per le fattispecie in esame, si rende applicabile alle cessioni effettuate a partire dal 1° aprile 2011.
Ciò conformemente alla previsione di cui all’articolo 3, comma 2, dello Statuto dei diritti del contribuente (legge 212/2000), secondo cui “In ogni caso, le disposizioni tributarie non possono prevedere adempimenti a carico dei contribuenti la cui scadenza sia fissata anteriormente al sessantesimo giorno dalla data della loro entrata in vigore o dell’adozione dei provvedimenti di attuazione in esse espressamente previsti“.
Poiché il predetto termine di sessanta giorni costituisce un termine minimo a decorrere dal quale trovano applicazione le nuove disposizioni e in considerazione della necessità, per i contribuenti che operano nei settori interessati, di realizzare modifiche rilevanti nelle procedure gestionali e del fatto che alcuni dei contribuenti tenuti ad applicare il sistema del reverse charge, in ragione delle dimensioni del volume d’affari, liquidano l’imposta per periodi trimestrali, l’Amministrazione finanziaria ritiene opportuna – per gli specifici casi in esame – l’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile alle cessioni effettuate – ai sensi dell’articolo 6, del Dpr 633/1972 – a partire dal 1° aprile 2011.

L’individuazione della decorrenza, si pone, peraltro, in coerenza con la decisione di esecuzione del Consiglio Ue che, all’articolo 6, dispone: “Gli effetti della presente decisione decorrono dal giorno della notificazione. La presente decisione scade alla data di entrata in vigore delle norme dell’Unione che autorizzano tutti gli Stati membri ad adottare misure che derogano all’articolo 193 della direttiva 2006/112/CE, e al più tardi il 31 dicembre 2013“.

Sotto il profilo degli adempimenti connessi all’introduzione del meccanismo dell’inversione contabile nelle ipotesi in esame, sempre conformemente alla decisione del Consiglio, che ha subordinato l’applicazione del reverse chargeall’introduzione “…di obblighi adeguati ed efficaci in materia di controllo e notifica per quanto concerne i soggetti passivi che cedono i beni a cui si applica l’inversione contabile a norma della presente decisione“, l’Agenzia ha fatto presente che, nelle dichiarazioni modello Unico 2012 e annuale Iva 2012, saranno previsti dei campi specifici da compilare, nei quali dare evidenza delle operazioni attive e passive aventi a oggetto i beni in argomento.

La circolare rammenta, infine, che in caso di violazione degli obblighi connessi al meccanismo del reverse charge si applica la disciplina sanzionatoria ex comma 9-bis art. 6 Dlgs 471/1997. Tale disposizione prevede, tra l’altro, l’irrogazione di una sanzione amministrativa compresa tra il 100% e il 200% dell’imposta, con un minimo di 258 euro a carico del cessionario che, nell’esercizio di imprese, arti o professioni, non assolve l’imposta – mediante il meccanismo dell’inversione contabile – relativa all’acquisto dei beni in argomento (cfr circolare 12/2008, punti 10.1, 10.2 e 10.3).

La stessa sanzione – precisa l’Agenzia – è applicabile anche al cedente che ha irregolarmente addebitato l’imposta in fattura, omettendone il versamento. In tali ipotesi, fermo restando l’obbligo del cessionario di regolarizzare l’omissione secondo la procedura di cui al comma 8 del citato articolo 6, va ricordato che sussiste una responsabilità solidale tra cedente e cessionario per il pagamento della sanzione e dell’imposta, ai sensi del quarto periodo del comma 9-bis in commento.

E’, in ogni caso, applicabile la disposizione secondo cui, qualora l’imposta sia stata assolta, ancorché irregolarmente, dal cessionario ovvero dal cedente, fermo restando il diritto alla detrazione, la sanzione amministrativa è pari al 3% dell’imposta irregolarmente assolta.

EVASIONE IVA SU IMPORTAZIONI: perseguibile anche il detentore delle merci

Si riporta la seguente sentenza in materia di evasione IVA all’importazione

Fonte: Fisco Oggi

Autore: S. Servidio

Data: 16/12/2010

SENTENZA Cassazione 42161 del 29/11/2010

Il reato di evasione dell’IVA all’importazione (articoli 67 e 70 DPR 633/1972) è configurabile non soltanto a carico dei soggetti che hanno importato la merce assoggettata al tributo, ma anche a carico di chi semplicemente la detiene dopo l’importazione.

Il fatto
La vicenda processuale si sviluppa con l’impugnazione in Cassazione della sentenza di Corte d’appello che aveva confermato la condanna di primo grado inflitta a due coniugi per avere contrabbandato alcuni chilogrammi di tabacchi lavorati esteri (TLE) e per avere sottratto gli stessi al pagamento dell’IVA all’importazione (art. 291-bis DPR 43/1973 e art. 70 DPR 633/1972).
Nei ricorsi di legittimità gli imputati denunciavano, tra l’altro:

  1. violazione di legge sulla loro affermazione di responsabilità in quanto sarebbe mancata – sostenevano – la prova effettiva che la merce de qua fosse detenuta da entrambi i coniugi
  2. vizi di motivazione sulla configurabilità del reato di omesso versamento IVA, il quale sussisterebbe soltanto nei confronti dell’operatore dell’importazione, mentre nel caso di specie sarebbe ravvisabile soltanto una “mera detenzione” successiva all’introduzione del bene nel territorio nazionale, perciò esclusa da sanzione.

La decisione della Cassazione
La Corte di cassazione ha respinto il primo motivo (violazione di legge) e accolto il secondo (motivazione insufficiente), rettificando la portata della tesi sostenuta dagli imputati.
Riguardo al primo rilievo, è risultata ineccepibile la motivazione della sentenza impugnata, basata sugli elementi probatori emersi inequivocabilmente a carico degli imputati. Non è, quindi, passibile di censura il ragionamento dei giudici che hanno correttamente ritenuto che la presenza del tabacco rinvenuto nell’abitazione dei coniugi denotava compartecipazione nella detenzione della merce di provenienza estera (peraltro sottratta alla tassazione in importazione).

La sentenza ricostruisce così, in primo luogo, la natura del tributo, osservando che l’IVA dovuta all’importazione costituisce uno dei diritti di confine, “avendo natura di imposta di consumo a favore dello Stato, la cui imposizione e riscossione spetta alla dogana in occasione della relativa operazione d’importazione” (art. 34 DPR 43/1973), che disciplina proprio i diritti doganali e i diritti di confine (Cassazione 6823/1999).

Così, il reato di evasione di questo specifico tributo non è limitato all’ipotesi dell’introduzione della merce nel territorio doganale comunitario, ma si configura in tutti i casi in cui c’è sottrazione all’obbligo di pagamento dei diritti di confine o al compimento delle formalità doganali (cfr Cassazione 16860/2010), considerato che l’articolo 70 della Dir 2006/112/CE prevede che il fatto generatore dell’imposta si verifica e l’imposta diventa esigibile nel momento in cui è effettuata l’importazione dei beni.

Inoltre, prosegue il ragionamento della Cassazione, è proprio la disciplina doganale (artt. 202 e 203 Reg. CE 2913/1992) non prevede come fatto che produce l’obbligazione doganale la sola introduzione della merce nel territorio comunitario: l’obbligazione doganale sorge infatti anche in seguito alla sottrazione al controllo doganale di una merce soggetta a dazi d’importazione.

Sono perciò soggetti alla norma:

  • la persona che ha sottratto la merce al controllo doganale
  • le persone che hanno partecipato a tale sottrazione sapendo o dovendo sapere che si trattava di una sottrazione di merce al controllo doganale
  • le persone che hanno acquisito o detenuto tale merce e sapevano o avrebbero dovuto sapere, quando l’hanno acquisita o ricevuta, che si trattava di merce sottratta al controllo doganale
  • la persona che deve adempiere agli obblighi che comporta la permanenza della merce in custodia temporanea o l’utilizzazione del regime doganale al quale la merce è stata vincolata.

Sul medesimo argomento, la Suprema corte aveva sostenuto (sentenza 19514/2004) che il reato di evasione dell’IVA all’importazione, ex artt. 67 e 70 DPR 633/1972, è configurabile soltanto a carico dei soggetti che hanno importato la merce assoggettata al tributo e non anche di chi semplicemente la detiene dopo l’importazione, atteso che il rinvio espressamente operato ex art. 70 alle disposizioni delle leggi doganali relative ai diritti di confine è limitato al regime sanzionatorio e non si estende alle altre disposizioni (tra cui la presunzione ex art. 25 DPR 43/1973, in base alla quale, in caso di mancata o inattendibile prova sulla legittimità della provenienza della merce, il detentore è ritenuto responsabile di contrabbando).
Sicché, in applicazione di tale principio, la Corte ha considerato il semplice acquirente responsabile del reato di contrabbando e non anche del diverso reato di evasione dell’Iva all’importazione.

Rimeditando la pregressa impostazione, la Corte penale afferma oggi che il debito dell’IVA all’importazione può sorgere anche successivamente all’introduzione della merce nel territorio comunitario a carico dei soggetti indicati nel Codice doganale comunitario (articolo 203), atteso che l’IVA all’importazione inerisce non alla persona dell’importatore (criterio soggettivo), ma al bene importato (criterio oggettivo). Da qui, “la configurabilità del reato a carico di chi lo detiene dopo l’importazione a seguito della sua irregolare sottrazione al suddetto controllo“.

Privilegiando stavolta la prevalenza del criterio “oggettivo” su quello “soggettivo”, la Cassazione chiama in causa la Corte di giustizia europea la quale, con due pronunce del 2001 (C-66/99) e del 2002 (C-371/99), ha spiegato che la sottrazione alla sorveglianza doganale dcomprende ogni azione od omissione che ha come risultato di impedire all’autorità di frontiera di accedere a una merce sotto sorveglianza doganale e di effettuare i relativi controlli.
In ultima analisi, la Cassazione con la sentenza in esame ha annullato il reato di evasione IVA (art. 70 DPR 633/1972), punendo invece chi “detiene” nel territorio dello Stato un quantitativo di tabacco lavorato estero di contrabbando superiore a dieci chilogrammi convenzionali (art. 291-bis DPR 43/1973).