EXPORT: prova dell’operazione (sentenza Cassazione)

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Fonte: Eutekne.info

Autore: L.A. Carello

Data: 27/10/2011

Con la sentenza n. 22233 depositata il 26 ottobre 2011, la Corte di Cassazione ha ribadito che, in caso di operazioni con operatori extra-Ue, “l’esportazione deve risultare da documento doganale o da vidimazione apposta dall’Ufficio”, al fine di comprovare l’uscita della merce dal territorio doganale.

Il caso trae origine dalla contestazione di omessa fatturazione di operazioni imponibili a una società italiana, che, all’epoca dei fatti (1997), aveva intrattenuto rapporti commerciali con una società ungherese, allora esclusa dal territorio UE, avvalendosi di un altro operatore identificato in Italia.

La Corte chiarisce, preliminarmente, che si tratta di un’esportazione triangolare regolata dall’articolo 8, lett. a) DPR 633/1972, la quale si caratterizza per la presenza di un cedente e di un cessionario entrambi residenti nel territorio dello Stato, e di un cessionario residente all’estero e destinatario della merce. In tale contesto, il giudice di merito aveva ritenuto legittimo l’operato della contribuente, la quale aveva considerato non imponibili ai fini IVA le cessioni fatturate alla società ungherese, sul presupposto che le stesse venissero esportate in territorio extra-Ue.

Secondo la Cassazione, la tesi del giudice di merito risulta carente, in quanto si poggia sul presupposto del diritto al rimborso che spetterebbe alla società cessionaria e alla conseguente mancanza di danno erariale derivante dalla non applicazione dell’IVA nelle fatture emesse dalla ricorrente. La Suprema Corte, intervenendo sul punto, nel richiamare il principio contenuto nell’articolo 8, comma 1, lettera a) DPR 633/1972, evidenzia come la norma, così come strutturata, prescinda dalla posizione del cessionario non residente e ponga precisi obblighi individuabili in capo all’operatore residente, tra cui la cura del trasporto dei beni e la presentazione in dogana delle fatture (su tale procedura, si veda la nota Agenzia delle Dogane n. 3495/2007).

Di conseguenza, solo qualora nelle fatture relative alla merce destinata all’esportazione, intestate al cessionario residente nel territorio dello Stato, risulti la vidimazione dell’Ufficio Doganale comprovante l’uscita dei beni dal territorio doganale, si devono ritenere sussistenti le condizioni richieste dalla legge per qualificare l’operazione come cessione all’esportazione esente da imposta (v. Cass. n. 5065/1998).
Non risultando i prescritti documenti nel caso di specie, la Cassazione ha ritenuto che l’esportazione fosse eseguita dal cessionario destinatario dei beni, con conseguente disapplicazione del regime di non imponibilità ex art.8, co. 1, lett. a) DPR 633/1972, a nulla rilevando il fatto che la merce effettivamente abbandonasse il territorio comunitario.

Per l’esportazione triangolare, sanzione pari al 100% dell’imposta evasa

Sotto altro profilo, la sentenza della Cassazione in commento si pronuncia anche in tema di sanzioni. Ricordando che lo schema negoziale tipico di un’esportazione triangolare si caratterizza per la presenza di due operatori residenti e un cessionario non residente destinatario finale della merce, la Corte ritiene applicabile al caso di specie la norma sanzionatoria prevista dall’articolo 6, comma 8, del DLgs. 472/1997, in ossequio al principio del favor rei introdotto dall’art. 3 del DLgs. 472/1997. In caso di omessa auto-fatturazione da parte del cessionario o committente, risulta quindi dovuta una sanzione pari al 100%  dell’imposta evasa. Rispetto alla disposizione contenuta nell’abrogato articolo 41 del DPR 633/1972, tale sanzione risulta più lieve, atteso che l’abrogata disposizione richiedeva, oltre al pagamento della sanzione, anche l’imposta evasa.

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