Fonte: Eutekne.info
Autori: V. Cristiano e M. Sodini
Data: 07/09/2012
La Corte di Giustizia, con sentenza 6 settembre 2012, procedimento C-273/11, conferma il principio secondo cui, nel quadro di una cessione intracomunitaria complessivamente considerata, gli Stati membri possono non riconoscere al venditore l’esenzione dall’IVA soltanto quando il contribuente non riesce “compiutamente” a dimostrare che si tratta di una transazione commerciale intercorsa tra soggetti comunitari.
Se però questa è la regola generale, i giudici riconoscono la “sopravvivenza” di un principio in deroga: se l’operatore comunitario (venditore) ha soddisfatto gli adempimenti che sorgono dal diritto nazionale e dalla prassi comune (anche consuetudinaria), il medesimo non può qualificarsi quale debitore dell’imposta nello Stato Ue di cessione laddove la previsione contrattuale di spedire (o trasportare) le merci fuori dal territorio del Paese non sia stata assolta dall’acquirente.
Il percorso elaborato dai Giudici della Corte Ue parte dall’esame dell’articolo 138, par. 1, della Direttiva 2006/112, in forza del quale gli Stati membri esentano le cessioni di beni spediti o trasportati, fuori del loro rispettivo territorio ma nell’Unione, dal venditore, dall’acquirente o per loro conto, effettuate nei confronti di un altro soggetto passivo o di un ente non soggetto passivo, che agisce in quanto tale in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto dei beni.
Richiamando la costante giurisprudenza comunitaria, i giudici europei chiariscono che l’esenzione della cessione intracomunitaria diviene applicabile “solo quando il potere di disporre del bene come proprietario è stato trasmesso all’acquirente e quando il venditore prova che tale bene è stato spedito o trasportato in un altro Stato membro e che, in seguito a tale spedizione o trasporto, esso ha lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione” (cfr. sentenza 27 settembre 2007, C-409/04, Teleos). Ancor più nello specifico, viene chiarito che il trasferimento all’acquirente del diritto di disporre di un bene materiale come proprietario costituisce una condizione relativa a qualsiasi cessione di beni, ex art. 14, par. 1, della Direttiva 2006/112, ma non per questo in grado di “etichettare” come comunitaria l’operazione di interesse.
Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’obbligo, per il venditore, di dimostrare che il bene è stato spedito o trasportato al di fuori dello Stato membro di cessione, dalla giurisprudenza comunitaria risulta che, in mancanza di specifiche disposizioni nella Direttiva 2006/112 per quanto riguarda le prove che i soggetti passivi siano tenuti a fornire per beneficiare dell’esenzione dall’IVA, “spetta agli Stati membri, conformemente all’articolo 131 della direttiva 2006/112, fissare le condizioni alle quali le cessioni intracomunitarie sono da essi esentate, per assicurare una corretta e semplice applicazione di dette esenzioni e per prevenire ogni possibile evasione, elusione e abuso”. Tuttavia, sottolinea la Corte, nell’esercizio dei loro poteri, gli Stati membri devono rispettare “i principi generali del diritto che fanno parte dell’ordinamento giuridico dell’Unione, quali, in particolare, i principi di certezza del diritto e di proporzionalità”.
A tale riguardo, la Corte di Giustizia ha già evidenziato che, in una situazione in cui manifestamente non esiste alcuna prova tangibile che permetta di ritenere che i beni di cui trattasi sono stati trasferiti al di fuori del territorio dello Stato membro di cessione, porre il soggetto passivo nell’obbligo di fornire una tale prova non garantisce la corretta applicazione del regime delle esenzioni (cfr. sentenza Teleos citata).
La prova dipende dagli elementi che il cedente riceve dall’acquirente
Non da ultimo, occorre precisare che, qualora l’acquirente benefici del potere di disporre del bene di cui trattasi come proprietario nello Stato membro di cessione e, contestualmente, provveda al trasporto di detto bene verso lo Stato membro di destinazione, si deve tener conto del fatto che la prova che il venditore può produrre alle autorità tributarie dipende fondamentalmente dagli elementi che egli riceve a tal fine dall’acquirente.
La Corte, in conclusione, si sofferma su un ulteriore aspetto: l’esenzione di una cessione intracomunitaria non può essere negata al venditore per la sola ragione che l’Amministrazione tributaria di un altro Stato membro ha proceduto a una cancellazione del numero d’identificazione IVA dell’acquirente che, sebbene verificatasi dopo la cessione del bene, ha prodotto effetti, in modo retroattivo, a una data precedente a quest’ultima.