IVA: ai fini IVA c’è Stabile Organizzazione solo con l’elemento umano

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Con la CM 26/E/2014, sul regime fiscale delle operazioni legate all’ Expo 2015 a Milano, si indicano anche alcuni criteri di identificazione di una stabile organizzazione, validi anche al di là dell’ambito della circolare stessa. Si tratta, in particolare, di indicazioni utili nel momento in cui l’impresa estera decide di operare sul mercato italiano per un singolo affare, chiaramente per un periodo di tempo non marginale, sicché in certi contesti non è immediatamente chiaro se la struttura italiana per mezzo della quale viene svolta tale attività sia o no stabile organizzazione.

Per quanto riguarda le imposte sui redditi, la CM 26/2014 evidenzia che, secondo la prassi internazionale (Commentario all’art. 5 modello OCSE di Convenzioni contro le doppie imposizioni), la stabile organizzazione presuppone tre requisiti:

  • esistenza di una sede fissa di affari nella disponibilità dell’impresa estera;
  • un determinato grado di stabilità della sede fissa di affari;
  • svolgimento di un’attività imprenditoriale o professionale.

Secondo l’Agenzia, dato che il primo e terzo requisito sussistono, si deve valutare caso per caso se sussiste il grado di “stabilità” della struttura italiana, con il solo limite per cui non può essere S.O. la struttura presente in Italia per un periodo inferiore a 6 mesi (periodo convenzionalmente assunto dalla prassi OCSE).

Dal punto di vista del TUIR (art. 162 co.3) si ricomprendono invece tra le stabili organizzazioni i cantieri di durata superiore a tre mesi, quindi le strutture di tipo fieristico ed espositivo non sono a questi specifici fini equiparate ai cantieri; inoltre, sempre per la normativa italiana (in questo conforme alla prassi internazionale) non è S.O. un’installazione utilizzata ai soli fini dell’esposizione di beni, per cui nel settore fieristico il requisito della stabilità deve intendersi integrato solo se nella struttura vengono effettuate altre attività oltre alla mera esposizione.

Dal punto di vista dell’IVA, secondo la CM 26/E/2014 la sussistenza di una S.O. è vincolata, oltre che al carattere “stabile” dell’attività esercitata, alla presenza dell’elemento umano (che non è invece strettamente necessario, anche secondo la Cassazione, nell’ambito delle imposte sui redditi): ex art. 11 Reg. UE 282/2011, la S.O. è caratterizzata da una struttura idonea in termini di mezzi umani e tecnici atti a consentirle di prestare e di ricevere servizi.

La sussistenza di una S.O. fa acquisire al non residente lo status di soggetto passivo IVA limitatamente alle operazioni rese e ricevute dalla S.O. medesima, per cui non esistono presunzioni assolute di assoggettamento ad IVA di prestazioni effettuate nei confronti del soggetto non residente per il fatto stesso che questo disponga di una branch italiana: al contrario, si deve individuare ogni volta il committente del servizio (branch o casa madre) per poi appurare la territorialità dell’operazione e il suo regime fiscale, per cui, ex art. 22 Reg. UE 282/2011:

  • di regola, il prestatore individua il committente in base a natura e utilizzo del servizio fornito (ad es., nell’ambito fieristico, le manutenzioni prestate sulla struttura del padiglione italiano si considerano rese alla S.O. italiana del soggetto estero, dato che vi è effettivo utilizzo da parte della S.O. medesima);
  • se, invece, ciò non risulta possibile, il prestatore deve valutare se il contratto, l’ordinativo e il numero di partita IVA attribuito dallo Stato membro del destinatario possano identificare la S.O. quale destinataria del servizio e se la S.O. è l’entità che paga per il servizio stesso.

Quindi:

  • se la prestazione viene resa dal soggetto residente alla S.O. essa risulta imponibile in Italia (a sua volta essa può, sussistendone le condizioni, risultare esente o non soggetta);
  • se la prestazione viene resa direttamente alla casa madre e se il servizio rientra tra i “generici” ex art. 7-ter DPR 633/1972, sarà assoggettata ad imposta nello Stato di stabilimento della casa madre.

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